- Aspetta un attimo, prima di andar via voglio guardare Giuliano che fa la titolazione.
Qualcosa di inaspettato, una frase
gentile e proprio da Giovannone il Calabrese. Dice sul serio, gli
piace come lavoro in laboratorio. Anche lui fa qualche analisi, ogni
tanto, in qualità di Capoturno; quindi non è il primo arrivato e il
complimento giunge, oltre che inatteso, anche di conforto in un
periodo per me molto difficile. Un attestato di stima, e di stile.
Niente di straordinario, sia ben
chiaro: il classico beuta-buretta, con l'indicatore. Una titolazione
a vista, il blu di bromofenolo che passa dal blu al giallo, un numero
di ammina. Non è per il reparto di Giovannone, che ha già avuto il
suo responso ("puoi raffreddare"), ma Giovannone si ferma
lo stesso. Così, per il piacere di vedere uno che lavora bene. E
dato che quel qualcuno sono io, io che con lui mi sono scontrato
tante volte, fa piacere.
Giovannone è alto come me, un metro e
novanta, e ha dieci anni più di me. Ha fatto di tutto nella vita,
compreso il marinaio e l'emigrato in Australia, e il calciatore nelle
giovanili della Reggina (come portiere); arrivato qui da noi, anche
senza un vero titolo di studio è diventato subito capo turno al
reparto esteri (non per via dell'Australia: "estere" è un
termine di chimica organica e al plurale fa "esteri"), ed è
molto rispettato e ascoltato dal Direttore. Lo chiamano anche "crapa
dura", e direi con molta ragione. Non che tutti i calabresi
siano così, come nelle barzellette del servizio militare, ma
Giovannone lo è per davvero. Micidiali le sue sfuriate quando è di
cattivo umore, di ghiaccio le sue battute riservate a chi gli sta
antipatico, nelle giornate negative meglio stargli alla larga - se si
può.
Però poi, quando Giovannone ti ha
pesato, puoi star tranquillo. Se ha deciso che di te ci si può
fidare, che non sei un ominicchio insomma, allora si va sul velluto.
Personalmente, ho impiegato dieci o dodici anni ad arrivare a questo
punto, ma ormai ci siamo.
Qualche anno dopo, quando io me ne ero
già andato e lui era in pensione (ha fatto in tempo, prima delle
nuove leggi, e ne sono contento) lo ritrovo per caso in un
supermercato, con la moglie e le sue belle figlie (che belle figlie
che ha Crapa Dura! due, una più bella dell'altra, alte e forti) . Mi
abbraccia, mi bacia come se fossi un parente, magari suo fratello. E'
un attimo, mi chiede come sto, sa che cosa è successo quando me ne
sono andato. Poi non l'ho più rivisto, e - chi lo avrebbe mai detto,
quando l'ho conosciuto - mi dispiace. Mi manca, Giovannone; e non
solo lui.
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