Era quasi verso sera,
ero dietro, stavo andando,
mi si è aperta la portiera
è cascato giù l’Armando...
(Dario Fo & Enzo Jannacci, L’Armando, 1964 circa)
Quand’ero bambino questa canzone era molto famosa: è una storia di cronaca nera ma nell’interpretazione di Enzo Jannacci diventa tragicomica e ci si dimentica subito del suo significato – per poi magari tornarci sopra alla fine del divertimento (su youtube c’è, per chi volesse vedere e ascoltare).
Il motivo per cui porto qui l’Armando è in quella piccola frase nel secondo verso: “ero dietro”.
I non milanesi, fiorentini e siciliani, marchigiani e calabresi, penseranno che significhi che il protagonista della storia era seduto sul sedile posteriore; oppure che si tratti di un discorso interrotto, una frase smozzicata.
Che sia una frase interrotta è certo, ma “ero dietro”, “essere dietro a”, è una frase molto tipica del milanese, e anche del comasco e del varesotto. L’essere fisicamente dietro a qualcosa non c’entra: “ero dietro a lavorare”, o meglio ancora “ero a dietro a lavorare” significa semplicemente “stavo lavorando”.
Viene direttamente dal dialetto: “vess adré de fa”, dove “vess” è il verbo essere all’infinito. In prima persona si dirà “seri adré de fa”, o magari “seri adré de dì” (stavo per dire), eccetera. In terza persona, “l’era adré de fa”, “stava facendo”, con “lü” (cioè lui, esso, egli) sottinteso.
Non sono uno studioso e non so che origine abbia, ma è veramente un modo di parlare molto comune, naturale, che individua subito chi ancora parla in dialetto milanese. So che molte parole milanesi hanno origine dalla dominazione spagnola dei tempi dei Promessi Sposi (come “cadréga”, che è la sedia: quasi identica alla parola catalana), o alla più recente dominazione napoleonica, cioè francese; mentre gli austroungarici non hanno lasciato moltissimo e chissà cosa accadrà oggi con arabi e slavi (i sudamericani e gli africani francofoni si inserirebbero, almeno in teoria, in un substrato già esistente). “Vèss adré” sembra francese, chissà se qualcuno può spiegarmene l’origine.
E’ una costruzione di frase a cui sono molto affezionato, e che mi riporta irresistibilmente ai tempi della scuola elementare, quando le maestre beccavano immancabilmente qualche mio compagno di classe che trascriveva pari pari nei compiti quello che ascoltava in casa. Gli “ero dietro”, magari scritti in bella calligrafia, erano immancabilmente rimarcati da maestri e maestre, spesso con sarcasmi del tipo “eri lì dietro? ma cos’eri andato a fare lì dietro, non potevi stare davanti?”.
Dico “i miei compagni di classe” perché a me non capitava: i miei genitori parlavano un italiano perfetto, anche se la loro origine non era molto diversa da quella dei genitori degli altri bambini. E di questo sono molto contento, però porta come conseguenza che io non ho mai imparato a parlare il dialetto, lo ascolto volentieri e lo conosco abbastanza bene, ma quanto a parlarlo è un altro paio di maniche.
E, per inciso, gli anni in cui io facevo le elementari erano proprio quelli in cui diventava famoso Enzo Jannacci, con quel suo “ho buttato giù l’Armando” (pardon: “è cascato giù l’Armando”). Chissà se le maestre di qui correggono ancora gli “ero dietro”...
PS: ovviamente, la "traduzione in inglese" che fa da titolo è del tutto immaginaria...
Life History of the Forget-me-not
10 ore fa
2 commenti:
Davvero ho sempre pensato che Jannacci stava dietro, poi si è aperta la portiera ed ha buttato...pardon, e caduto giù l'Armando. Ho qualche amico che sta a Milano, ma penso che nessuno sia milanese doc, mai sentito dire ero dietro; men che meno vess adré. A proposito del francese, si usa nella stessa accezione (se ho ben capito) etre en train de, cioè star facendo. Vedi tu.
Vèss adrée, etre en train de...
Dev'essere proprio l'etimologia giusta.
Grazie!
Per voi fiorentini il dialetto corrisponde con l'italiano, ma penso che siate gli unici in Italia: al massimo avete qualche parola "strana", ma vuoi mettere con i calabresi e con i bergamaschi? (e con il nostro amico Dario, bedda matri?)
:-)
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