I NAS sono i Carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità. E’ grazie a loro che vengono scoperte ogni anno un gran numero di frodi alimentari, alcune delle quali pericolose per la salute, altre semplici truffe, del tipo che vi hanno venduto una merce meno cara spacciandola per qualcosa di raro e costoso. L’attività dei NAS si svolge in molti modi, uno dei quali è andare direttamente nei negozi e riempire il carrello, a campione; poi si vedrà in laboratorio se quell’olio di oliva è veramente di oliva, eccetera. A questo proposito, e a livello mio personale, c’è una notizia che mi aveva molto colpito e che continua a ronzarmi nella testa, e della quale ho infatti conservato un ritaglio di giornale: questa che riporto qui sotto.
Un carico di frumento, una nave intera, è contaminato da una muffa ma raggiunge ugualmente tutti i principali pastifici italiani – ma proprio tutti. Per fortuna, si accerterà che era una muffa che riguardava solo la cuticola esterna, quella che viene eliminata prima della macinatura; e che, anche se di questa muffa rimanessero dei residui, verrebbero distrutti dal calore. Quindi, stavolta è andata liscia: ma la pasta fatta con quel frumento (grano duro, proveniente dal Canada e mal conservato) era ormai in tutti i supermercati. Come è possibile che sia successo? Semplice: c’era una certificazione che diceva che andava tutto bene. I NAS invece si sono accorti che non era così, e hanno arrestato gli analisti che hanno compilato quel certificato.
Il mio ritaglio di giornale dice così: « ...grazie ad analisi false, xxx ottiene il dissequestro e vende una parte del carico. Solo due mesi dopo si scopre l’inghippo: i tecnici dei laboratori hanno dichiarato l’assenza di ocratossine anche se non era vero. “Ci ha detto xxx di fare così”, confessano i due analisti di laboratorio. Le porte del carcere diventano girevoli: escono i tecnici, entra xxx.» (da L’Espresso del 2 febbraio 2006). L’ocratossina viene dalle muffe e causa danni ai reni e alla vescica, oltre ad essere pericolosa in gravidanza; e ho messo le tre crocine xxx invece del nome del protagonista per ovvi motivi (non posso pagarmi un avvocato), ma il giornale lo riportava a chiare lettere.
E adesso spiego il motivo per cui questa notizia mi ha colpito così tanto: perché anch’io sono un analista chimico, o meglio lo sono stato, e anch’io ho falsificato molti certificati d’analisi. Insomma, quei due tecnici di laboratorio finiti in carcere li considero come due miei fratelli, so cos’hanno passato e immagino che ci siano molti altri nelle loro stesse condizioni, anche oggi. Tenersi il posto di lavoro e fare quello che dice il capo, oppure essere onesti e professionali ed essere licenziati? Prima, con lo Statuto dei Lavoratori e con le assunzioni a tempo indeterminato, l’analista aveva qualche voce in capitolo, oggi non più.
Il mio caso personale è però meno grave, nel senso che io non ho mai lavorato in un’industria alimentare e nemmeno nella farmaceutica: la ditta in cui ho lavorato per quindici anni faceva intermedi per l’industria, tutta roba che veniva rilavorata, diluita, insomma niente di pericoloso per la salute. Al massimo, una vernice difettosa o uno shampoo un po’ annacquato, ma niente di cui doversi veramente preoccupare; però le pressioni c’erano, i certificati con dati inventati erano all’ordine del giorno, e per un certificato falso c’era da sempre il licenziamento in tronco, anche con la Statuto dei Lavoratori e l’assunzione a tempo indeterminato. Insomma, una specie di ricatto: che andava bene finché si lavorava in accordo con le altre funzioni aziendali, nel senso che magari il cliente era già d’accordo, si era mosso l’ufficio vendite e aveva fatto un piccolo sconto, eccetera. (Si capirà che tutto questo non è possibile con l’industria alimentare, ma con la materia prima per detersivi dove è entrata un po’ d’acqua in più si può fare – basta che il cliente metta un po’ d’acqua in meno quando deve rilavorare e tutto si assesta).
Dove nasceva il problema, almeno per me come analista chimico? Nasceva dal fatto che, finché ho avuto un capo responsabile e presente, anzi un Capo vero, all’analista veniva detto: “dobbiamo fare una gàbola”, e quella prima persona plurale, “dobbiamo”, era molto rassicurante. Tutto cambiò quando, dopo dieci anni, il mio Capo decise di averne abbastanza e fu sostituito da un capo (con la minuscola) che strillava di dover fare tutto con la massima precisione e dopo dieci minuti dalla strillata ti diceva: “scrivi che va bene e manda via”. Il tutto ormai in un’epoca in cui i certificati si facevano al computer, con tanto di password personale per ogni analista... Il giochino è vecchio come il mondo: niente di scritto, una comunicazione a voce del capo. Poi, quando salta fuori l’inghippo, “la colpa è di quel cretino del mio analista” – che infatti è finito in galera, nel caso che riporto sopra.
Che dire, che fare? Niente: siamo attaccati ai NAS, i Carabinieri sono la nostra unica àncora di salvezza. E non solo per l’industria alimentare. E dunque inizio l’anno facendo i migliori auguri ai Carabinieri, ai Magistrati, alla Guardia di Finanza, e a tutti quelli che sono impegnati ogni giorno per bloccare almeno un po’ la corruzione e la mafia. Buon Anno a tutti loro, dunque.
Life History of the Forget-me-not
5 ore fa
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