martedì 3 maggio 2011

La rivolta delle sette

Io lo so che si dovrebbe distinguere tra pésca e pèsca, ma essendo per nascita lombardo non lo faccio mai e dico sempre pèsca, in ogni caso. Del resto, non mi ricordo neanche più quale delle due è la pésca e quale è la pèsca, né mi sembra che gli altri ci facciano caso più di tanto. In più, se usate il correttore ortografico di word e scrivete "perchè" lo troverete segnalato come errore: in italiano la dizione esatta è "perché"; la stessa vale per la particella né, che se è negazione non va scritta "nè". Ma qui entra anche una componente di pigrizia: per scrivere la lettera " é " bisogna premere il tasto delle maiuscole, e invece la " è " è così comoda e invitante...
Preso da queste ponderose considerazioni, non posso non ripensare ad Achille Campanile: il racconto è tratto da "Manuale di conversazione", edito da Rizzoli, Premio Viareggio nel 1973.

LA RIVOLTA DELLE SETTE.
La cosa più strana, circa l'avvenimento di cui hanno parlato i giornali e che va sotto il nome di rivolta delle sette, è che essa era stata fissata per le sei. Ma in realtà poteva esser fissata per un'ora qualsiasi, poiché per sette s'intendeva non l'ora, ma le associazioni segrete che pullulano in quel paese. Sette, plurale di setta.
Purtroppo, finché c'è una sola setta, tutta va liscio; ma, quando esse cominciano a moltiplicarsi, si salvi chi può. E questa fu causa non ultima dei guai a cui andò incontro il moto insurrezionale.
Difatti gli organizzatori fissarono la sommossa, come detto, per le sei del pomeriggio. Ora comoda, né troppo presto né troppo tardi che permetteva a tutti di parteciparvi senza scombussolare né l'orario d'ufficio né quello della cena. 1 congiurati si passarono la voce, come è buon uso nelle congiure, e del resto non si può fare diversamente in questi casi, e bisogna farlo con le dovute cautele. Un congiurato, passando accanto a un altro, mormorava in fretta, senza guardarlo, per non dar nell'occhio agli altri passanti:
" Ci vediamo alla rivolta delle sette ".
L'altro credeva che alludesse non alle associazioni, ma alle ore. Né, del resto, poteva stare a domandare spiegazioni, anzi doveva filar via come niente fosse. Così pure, si svolgevano dialoghi di questo genere:
" Anche tu fai parte della rivolta... ".
" ... delle sette, sì. " .
E i capi facevano circolare l'ordine: " Domani, tutti alla rivolta delle sette! Nessuno manchi ".
Conclusione: la maggior parte dei congiurati si presentò alle sette invece che alle sei. Voi capite che, in una faccenda di questo genere, un ritardo può esser fatale. Determinò il fallimento. Fu per questo che, in un successivo tentativo, l'ora della rivolta fu fissata, a scanso d'equivoci, per le sette. Col che gli organizzatori ottennero che, nominando soltanto il moto sedizioso, si diceva contemporaneamente anche l'ora per cui era fissato e, d'altro canto, dicendo l'ora, si indicava anche a quale moto si alludeva, con evidente risparmio di tempo e di spesa, per tutto quello che si riferisce a stampati, circolari, ecc Alcuni più pignoli dicevano:
" La rivolta delle sette delle sette ".
Ora bisogna sapere che le sette, in quel paese, erano una ventina, ma alla rivolta partecipavano soltanto sette di esse, e non fra le più importanti. Quindi fu necessario dire: "La rivolta delle sette sette ", oppure: " La rivolta delle sette sette delle sette ".
Ciò anche quando, prevalendo la tendenza unificatrice, le sette si ridussero a sette.
Ogni setta, era composta di sette membri, i quali erano chiamati i sette delle sette sette, e il loro moto sovversivo si chiamò la rivolta dei sette delle sette sette delle sette.
La cosa grave è che c'era un'altra rivolta, o meglio una controrivolta, un movimento reazionario, insomma, i cui promotori nulla avevano a che fare con la prima e anzi erano contro di essa e contro ogni setta.
Disgraziatamente questi, ignorando che l'altra rivolta era fissata per. le sette, fissarono per la stessa ora anche la loro. Non vi dico quello che successe fra i congiurati delle due parti, che fecero confusioni tremende, sicché gli antisette finirono fra le sette, verso le sette e mezzo, e le sette, fra gli antisette alle sette.
La controrivolta si chiamò la rivolta delle sette degli antisette contro la rivolta dei sette delle sette sette delle sette.
In attesa che essa scoppiasse, i congiurati giocavano a tressette. E questi giuochi passarono alla storia come i tressette della rivolta antisette delle sette, contro quella dei sette delle sette sette delle sette.
Un caso curioso avvenne quando uno dei sette congiurati della rivolta delle sette contro quella dei sette delle sette sette, giocando al tressette verso le sette, si fece un sette ai pantaloni: e questo si dovette chiamarlo il sette dei tressette d'uno dei sette della rivolta antisette delle sette contro quella dei sette delle sette sette delle sette.
(Achille Campanile, da "Manuale di conversazione")

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