lunedì 9 maggio 2011

Scuola di giornalismo

E’ il giorno dopo la fine di Osama bin Laden, e mi ritrovo su un canale tv dove se ne parla. Mi fermo ad ascoltare perché Giulietto Chiesa sta dicendo alcune cose interessanti, o almeno così sembra. Chiesa finisce il suo intervento parlando dei dubbi sulla versione fornita dal Pentagono, e a questo punto la conduttrice dà la parola a Sallusti, direttore del “Giornale”. E Sallusti, come fa sempre, la butta sul personale: dice che Giulietto Chiesa, essendo stato per molti anni corrispondente da Mosca per L’Unità, non è attendibile perché “non si è accorto di niente di quello che succedeva in Unione Sovietica”.
Ora, non è così che si fa giornalismo. Non è così che si informa, intendo dire: anche nei temi a scuola, se vai fuori tema prendi brutti voti e poi ti bocciano. Che poi in questo modo si facciano soldi o si vendano tante copie, e si diventi famosi in tv, a me non interessa. Io guardo la tv e leggo i giornali per imparare le cose che non so, per cercare di capire quello che non ho capito, queste cose qui. L’argomento era Osama Bin Laden, e su Osama bin Laden bisognava continuare a parlare: altrimenti tanto vale andarsi a cercare una qualsiasi trasmissione sul calcio, così si può andare felicemente in vacca e amen, tanto cosa vuoi che importi.

Questa storia di attaccare sul piano personale, invece di proseguire il discorso e di dare altre informazioni, è un’altra cosa che è stata introdotta dalle tv di Berlusconi. Il conflitto, l’essere “uno di qui e uno di là”, magari rende in termini di audience (non sempre), ma è una cosa che serve solo a far casino e impedisce di capire cosa succede. Una tattica precisa, insomma, che alla BBC o nella RAI degli anni ’60 e ’70 avrebbe portato alla decisione di non invitare più quel tale giornalista o commentatore. Non in diretta, quantomeno. E non perché sia scomodo o controcorrente (figuriamoci! Sallusti controcorrente non ce lo vedo proprio), ma proprio per il fatto di evitare di far confusione, di poter continuare seguire il filo del discorso.
Fin lì, da quel che ne ho capito, il dibattito era filato bene: Chiesa aveva esposto le ragioni dei dubbi sulla versione ufficiale, Sallusti aveva risposto difendendo la versione ufficiale e avrebbe potuto continuare a farlo, ma ha preferito tirar fuori la storia del terribile comunista mentitore.
Che dire? Giulietto Chiesa avrebbe potuto tranquillamente rispondere a Sallusti dicendo queste cose: che “Il Giornale” è il quotidiano del caso Boffo e delle mille bufale inventate da Vittorio Feltri (più volte sospeso dall’Ordine dei Giornalisti proprio per queste sue bufale e calunnie), e che – soprattutto – il signor Sallusti sta scrivendo da una ventina d’anni dell’Italia di oggi e “non si è accorto di niente di quello che succedeva in Unione Sovietica”, pardon: non si è accorto di niente di quello che succede nell’Italia dei Bossi e dei Berlusconi, e continua a diffondere veleni e veline, come se niente fosse.
Giulietto Chiesa è un signore, ha evitato di entrare nei dettagli. Gli si possono rimproverare tante cose, può ben darsi: ma la risposta che ha dato è stata questa: «Sono un grande amico di Mikhail Gorbaciov”. Come risposta, tra persone istruite, dovrebbe bastare.

Potrei però concludere in un altro modo, e cioè ricordando un giornalista vero, che ho visto al lavoro l’altra sera su Rai Storia (canale del digitale terrestre: qui in Lombardia è sul 54) mentre intervistava uno dei capi di Scientology. L’intervista era degli anni ’80, e al capo di Scientology a Milano, con voce pacata e voltando le spalle alla telecamera (l’importante era che fosse ben visibile l’intervistato, non l’intervistatore) Enzo Biagi chiedeva: «Quale è lo scopo della vostra organizzazione? E’ vero che voi chiedete molti soldi a chi entra nelle vostre organizzazioni?». Enzo Biagi non c’è più, e se voglio vedere un grande giornalista, oggi come oggi, butto via Sallusti-Feltri-Belpietro senza pensarci due volte, e caso mai mi scelgo una donna: Milena Gabanelli, per esempio. Ecco, con Milena Gabanelli (o magari con Riccardo Iacona) si può davvero ricominciare a ragionare sul giornalismo.

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