mercoledì 3 agosto 2011

Era meglio prima, o è meglio oggi?

Un altro dei luoghi comuni che non sopporto più è questo, le eterne discussioni su “si sta meglio oggi, si stava meglio prima”. Avrei voluto scriverci un saggio, dal titolo “Istruzioni per non capirsi, cioè come andare avanti a parlare per mesi senza mai fermarsi ad ragionare”, ma poi ho lasciato perdere e ho deciso che l’argomento non meritava più di venti righe. Anche perché, a dirla tutta, è uno di quei luoghi comuni che si riformano sempre, come la muffa e come la polvere sui mobili.

L’argomento si può anche affrontare, e può anche uscirne qualcosa di utile: ma l’unica risposta possibile è “DIPENDE”. Dipende: di che cosa si sta parlando? Se parliamo di salute, di diagnosi, di terapie, la risposta è sicuramente che si sta meglio oggi, cent’anni fa per sapere con certezza cosa avevi dovevano farti una laparatomia, oggi basta un’ecografia o una TAC; esistono i vaccini, si guarisce bene anche dal cancro, eccetera. Però se vi piace il mare e andate in barca a vela, era sicuramente meglio il mare al tempo di Garibaldi; e vuoi mettere le spiagge, i golfi, l’aria e l’acqua?
Per quanto mi riguarda, negli anni ’60 e ’70 c’erano ancora tante persone che mi dispiace molto di non aver più l’occasione di rivedere e di abbracciare, in primo luogo i miei nonni. Questa è una cosa che il futuro non mi darà più, da questo punto di vista stavo meglio ieri, e chi ha perso delle persone care penso che possa capirmi. Allo stesso modo, da bambino uscivo di casa e trovavo dei prati in cui giocare, e si poteva giocare a pallone anche in mezzo alla strada; non servivano le piste ciclabili, perché in bicicletta si poteva andare ovunque; e mi piacerebbe molto che anche i bambini di oggi potessero giocare al pallone per strada e andare a giocare nei prati, ma non si può più, e i bambini nati dal 2000 in poi che riescono a fare queste cose sono molto fortunati.
Altre cose, invece, le preferisco come sono oggi: ma la discussione sta diventando stucchevole, la lascio fare a ognuno come meglio crede, l’importante è che non si generalizzi e non si banalizzi, e che magari si impari a discutere e a ragionare con un minimo di senso, senza mettere tutto in un blocco e distinguendo bene una cosa dall’altra. Un’utopia, lo so...

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