Da quando Claudio Abbado ebbe l’idea di eseguire in concerto “Pierino e il lupo” con Roberto Benigni come voce recitante, ormai vent’anni fa, quest’opera in miniatura di Prokofiev ha avuto una fortuna notevole anche da noi: nel senso che, dopo Benigni, tutti hanno voluto fare “Pierino e il lupo”, attori e cantanti, e poi si è parlato quasi solo del testo e della voce recitante. Non solo: molti si sono messi a interrogarsi su quel testo, a farne dotte esegesi, perfino riuscendo a trovarvi significati che, veramente, in più di trent’anni da appassionato, non mi sarei mai sognato di trovare. La realtà è questa: “Pierino e il lupo” fu musicato da Prokofiev per far conoscere ai bambini gli strumenti musicali, così come avevano fatto molti musicisti prima (il padre di Mozart, Leopold: la “Sinfonia dei giocattoli”) e molti hanno fatto dopo (Benjamin Britten, “A young person’s guide...”).
A dirla tutta, senza troppi preamboli, mi viene da dire: ma - e se invece si ascoltasse la musica? Chi se ne frega di Pierino e del lupo, del nonno e della papera e dell’uccellino...E’ una favola come tante, e se volete ascoltarla come si deve c’è la versione magnifica di Tino Carraro, un grandissimo attore di teatro che la registrò negli anni ’60. Tino Carraro non si sovrappone mai alla musica, anzi si fonde in essa come uno strumento musicale; l’orchestra è diretta da Herbert von Karajan, l’incisione è ottima, e per me rimane quella l’esecuzione di riferimento, soprattutto per quello che riguarda la voce recitante. Ma la musica, la musica di Prokofiev, l’avete mai ascoltata bene? E’ la musica che bisogna ascoltare, buttate pure a mare Pierino e il lupo, e troverete cose magnifiche.
Prokofiev era fatto così: alternava momenti di leggerezza mozartiana a durezze inaspettate; se la Sinfonia n.1 e la n.6 sono nello stesso spirito di “Pierino e il lupo”, la Sinfonia n.3 è invece aggressiva e addirittura violenta; nei Concerti per pianoforte si alternano Ciaikovskij e Schoenberg e Bartok, tutto orchestrato magnificamente. Questa estrema versatilità, la capacità di mettere in musica qualsiasi cosa e sempre con risultati eccellenti, è tipica dei russi di quel periodo: non solo Prokofiev, ma anche Sciostakovic e Stravinskij. Dietro c’è la grande scuola di Nikolaj Rimskij-Korsakov, che oltre ad essere un compositore di grande successo fu per molto tempo docente al Conservatorio; da Rimskij-Korsakov andarono a lezione quasi tutti i più grandi compositori del Novecento, compreso l’italiano Ottorino Respighi: e se ascoltate i “Pini di Roma” e le “Fontane di Roma” questa parentela si sente.
Tornando a Prokofiev, due cose colpiscono nella sua biografia: quando scoppiò la Rivoluzione era all’estero e poteva restarci (come fece Stravinskij), invece decise di tornare in URSS, dove però non ebbe vita facile – come tutti, del resto. L’altro dettaglio è questo: Sergej Prokofiev morì nello stesso giorno di Stalin, nel 1953. Il grande pianista Sviatoslav Richter, suo amico fraterno, racconta che la notizia passò quasi sotto silenzio, e che ci furono difficoltà sia nel reperire qualche fiore che nell’allestire i funerali: tutto quello che c’era in materia di pompe funebri era stato destinato ai funerali solenni del grande capo. Nemmeno Sviatoslav Richter potè dare l’ultimo saluto all’amico: fu precettato, prelevato da casa e messo su un aereo e portato a Mosca; lo si può vedere nei filmati per i funerali di Stalin, è lui che suona il piano. “Non avevo scelta”, commentava Richter ogni volta che gli si rimproverava la cosa. Bisognava pur continuare a vivere...
Fra le composizioni di Prokofiev segnalo tutte le Sinfonie i Concerti per pianoforte, le musiche per i film di Eisenstein (Alexander Nevskij, soprattutto), l’opera L’Angelo di fuoco, la marcia dall’opera “L’Amore delle tre melarance” (brevissima e indimenticabile), il balletto “Romeo e Giulietta” (molti suoi momenti sono finiti nelle colonne sonore e negli spot pubblicitari, quindi li conoscete anche senza saperlo), e moltissime altre cose, quasi tutto quello che ha scritto Prokofiev è memorabile o degno di attenzione, perfino i brani scritti per propaganda o per le obbligatorie celebrazioni di regime hanno qualcosa di unico e inimitabile.
(le foto vengono da un vecchio programma di sala della Scala)
Life History of the Forget-me-not
5 ore fa
2 commenti:
Da ieri non faccio che ascoltare in modo ininterrotto ( o quasi ) la sinfonia classica. Il crescendo avvolgente ed inaspetato del I movimento mi ha stregato:)
Per Pierino e il lupo ( che ho ascoltato sempre ieri ) sono d'accordo con te. La voce recitante ad un certo punto diventa simile al ronzio di un compressore che si alterna alla musica e che ti fa dire: ma lasciami in pace! Non mi interrompere!
ho appena finito di ascoltare per radio "L'uccello di fuoco" di Stravinskij e mi sono ricordato delle volte in cui l'ho ascoltata dove va ascoltata, in sala da concerto. Non è qualcosa che si possa contenere in un disco, o in cd. Aiuta, ma non basta.
Ho pensato a quelli che ascoltano tutto su ipod, cosa vuoi che possano farci con un mp3? un mondo bidimensionale, quando invece la grande musica è incontenibile.
La Sinfonia Classica sembra una cosa piccola, invece cresce, ad ogni ascolto è sempre più bella...più se ne conosce ogni sfumatura, e più diventa bella.
E' bello anche ascoltare le diverse interpretazioni, te ne sei accorta anche tu: si può dirigerla come se fosse davvero Haydn, o Mozart, o magari spingere verso il Prokofiev più ruvido, funziona sempre. Un gioiello.
La voce di Tino Carraro è parte integrante della musica...
:-)
peccato che si faccia fatica a recuperare il disco
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