Proprio ieri il presidente Usa Donald
Trump ha definito gli ambientalisti "profeti di sventure";
sono rimasto colpito dal silenzio e dalle mancate risposte di gran
parte dei commentatori abituali. Il dibattito non è nemmeno
cominciato, insomma, e non è che sia la prima volta; quindi metto
qui in fila i pensieri che ho avuto io, per quel che valgono. Il
primo pensiero è che i profeti di sventure vengono chiamati anche
"cassandre", dal nome della Cassandra che previde la caduta
di Troia, nell'Iliade. Il fatto è che Cassandra aveva ragione, aveva
visto giusto, e i Trump dell'epoca avevano torto. Altri "profeti
di sventure", nell'antichità classica e nella mitologia,
vennero perseguitati: nell'Edipo Re vediamo Tiresia accecato, ma
anche Tiresia aveva ragione.
L'elenco potrebbe continuare, magari con
la Bibbia, ma il pensiero vero, definitivo, che mi è arrivato subito
senza nemmeno pensarci, è che di profeti non c'è nemmeno bisogno:
le sventure sono già qui tra noi. Gli incendi in California e in
Australia, perfino in Alaska, sono recentissimi e fanno pensare
davvero all'Apocalisse; California e Alaska sono in casa di Trump,
possibile che se ne sia già dimenticato? La verità è che Trump, e quelli come Trump, vengono eletti proprio per non doverci pensare, per illudersi che tutto possa continuare così, per non prendere atto di quello che capita sotto il nostro naso.
Anche qui da noi, in Europa
e non solo in Italia, c'è gente che ha perso la casa o che è
rimasta isolata a causa di frane e allagamenti, in gran parte dovuti
al cambiamento climatico e non solo all'incuria. Se poi si allarga lo
sguardo all'Asia, all'Africa, tutto diventa ancora più evidente: no,
non c'è bisogno di profeti. Non più.
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