venerdì 24 luglio 2020

El nost Milan


El nost Milàn
"El nost Milàn" di Carlo Bertolazzi è un altro dei grandi spettacoli del Piccolo Teatro, tra i più famosi e celebrati; mi chiedo se oggi sarebbe possibile rimetterlo in scena e direi proprio di no, ma mi auguro di sbagliarmi. Rimetterlo in scena, intendo, non in una qualche maniera più o meno raffazzonata ma con quella perfezione e con quella forza: era uno spettacolo avvincente, con attori straordinari in ogni ruolo, anche il più piccolo e apparentemente insignificante.
Carlo Bertolazzi, nato in provincia di Cremona, visse fra il 1870 e il 1916; giovanissimo, a 23 anni, scrive "El nost Milàn" (La nostra Milano) che ha subito grande successo. Il testo è diviso in due parti, "La povera gent" e "I sciôri"; Strehler mise in scena solo la prima parte, dove una ragazza (Nina) è innamorata del clown di un circo, ma poi cede al Togasso, un mezzo delinquente, un duro insomma. Con il Togasso le cose non andranno bene, e per salvarla dovrà intervenire il padre di lei, Peppòn, in un finale molto drammatico.
Rileggendo il testo mi sono accorto di aver dimenticato molte cose, troppe, di questo spettacolo; oltretutto, non è disponibile neppure una registrazione in video e questo è un vero peccato. Di "El nost Milàn", come a tutti credo, mi sono rimasti nella memoria soprattutto Tino Carraro, che in scena era un titano, e Mariangela Melato. Tino Carraro aveva interpretato il Togasso nelle recite degli anni '50, e in questo nuovo allestimento aveva invece la parte del padre; il Togasso era affidato a Franco Graziosi, un altro grande attore, fedelissimo di Strehler e del Piccolo Teatro. Mariangela Melato non era soltanto brava (questo me lo aspettavo), era anche molto bella e Strehler sottolineava con sapienza con le luci e le ombre la sua figura, difficile dimenticarsela. Avrei rivisto e riascoltato Mariangela Melato qualche anno dopo, senza Strehler, in una (per me) deludentissima Medea; dimostrazione di quanto conti il regista in uno spettacolo.
"El nost Milàn" fa parte del percorso sui dialetti, e sulle lingue, fatto da Giorgio Strehler: comprende il teatro di Goldoni (Il campiello, Le baruffe chiozzotte), e un po' tutte le sue lingue madri o di adozione, dal tedesco al veneziano (Strehler era triestino di nascita), dal francese (memorabile il suo Corneille, "L'illusion comique") al milanese imparato in via Rovello, sede del Piccolo Teatro.
"El nost Milàn" andò in scena al Teatro Lirico, vicino al Duomo, che purtroppo è chiuso da un'eternità. Io ero presente il 3 febbraio 1980, e oltre alla bellezza dello spettacolo ricordo ancora una ragazza che era seduta vicina a me, con la quale ho fatto una lunghissima chiacchierata. Poi ci siamo persi di vista, la persona che l'aveva portata a teatro (un parente, penso fosse lo zio) se la portò via di corsa. Non era ancora il tempo dei telefonini e degli smartphone, insomma; e chissà cosa sarebbe successo, di sicuro ci saremmo lasciati un contatto, si pensava che ci sarebbe stato tempo ma così non è andata.
Con "El nost Milàn" termina la mia fase "di apprendistato" sul teatro; ero già stato alla Scala, per il "Boris Godunov" di Mussorgskij diretto da Claudio Abbado, e ormai sapevo muovermi per conto mio. Il mio interesse principale sarebbe diventata la musica, ma le chiavi del teatro ormai le avevo in mano, e sapevo come muovermi; ma solo da spettatore, sia ben chiaro.



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