El nost Milàn
"El nost Milàn" di Carlo
Bertolazzi è un altro dei grandi spettacoli del Piccolo Teatro, tra
i più famosi e celebrati; mi chiedo se oggi sarebbe possibile
rimetterlo in scena e direi proprio di no, ma mi auguro di
sbagliarmi. Rimetterlo in scena, intendo, non in una qualche maniera
più o meno raffazzonata ma con quella perfezione e con quella forza:
era uno spettacolo avvincente, con attori straordinari in ogni ruolo,
anche il più piccolo e apparentemente insignificante.
Carlo Bertolazzi, nato in provincia di
Cremona, visse fra il 1870 e il 1916; giovanissimo, a 23 anni, scrive
"El nost Milàn" (La nostra Milano) che ha subito grande
successo. Il testo è diviso in due parti, "La povera gent"
e "I sciôri"; Strehler mise in scena solo la prima parte,
dove una ragazza (Nina) è innamorata del clown di un circo, ma poi
cede al Togasso, un mezzo delinquente, un duro insomma. Con il
Togasso le cose non andranno bene, e per salvarla dovrà intervenire
il padre di lei, Peppòn, in un finale molto drammatico.
Rileggendo il testo mi sono accorto di
aver dimenticato molte cose, troppe, di questo spettacolo;
oltretutto, non è disponibile neppure una registrazione in video e
questo è un vero peccato. Di "El nost Milàn", come a
tutti credo, mi sono rimasti nella memoria soprattutto Tino Carraro,
che in scena era un titano, e Mariangela Melato. Tino Carraro aveva
interpretato il Togasso nelle recite degli anni '50, e in questo
nuovo allestimento aveva invece la parte del padre; il Togasso era
affidato a Franco Graziosi, un altro grande attore, fedelissimo di
Strehler e del Piccolo Teatro. Mariangela Melato non era soltanto
brava (questo me lo aspettavo), era anche molto bella e Strehler
sottolineava con sapienza con le luci e le ombre la sua figura,
difficile dimenticarsela. Avrei rivisto e riascoltato Mariangela
Melato qualche anno dopo, senza Strehler, in una (per me)
deludentissima Medea; dimostrazione di quanto conti il regista in uno
spettacolo.
"El nost Milàn" fa parte del
percorso sui dialetti, e sulle lingue, fatto da Giorgio Strehler:
comprende il teatro di Goldoni (Il campiello, Le baruffe chiozzotte),
e un po' tutte le sue lingue madri o di adozione, dal tedesco al
veneziano (Strehler era triestino di nascita), dal francese
(memorabile il suo Corneille, "L'illusion comique") al
milanese imparato in via Rovello, sede del Piccolo Teatro.
"El nost Milàn" andò in
scena al Teatro Lirico, vicino al Duomo, che purtroppo è chiuso da
un'eternità. Io ero presente il 3 febbraio 1980, e oltre alla
bellezza dello spettacolo ricordo ancora una ragazza che era seduta
vicina a me, con la quale ho fatto una lunghissima chiacchierata. Poi
ci siamo persi di vista, la persona che l'aveva portata a teatro (un
parente, penso fosse lo zio) se la portò via di corsa. Non era
ancora il tempo dei telefonini e degli smartphone, insomma; e chissà
cosa sarebbe successo, di sicuro ci saremmo lasciati un contatto, si
pensava che ci sarebbe stato tempo ma così non è andata.
Con "El nost Milàn" termina
la mia fase "di apprendistato" sul teatro; ero già stato
alla Scala, per il "Boris Godunov" di Mussorgskij diretto
da Claudio Abbado, e ormai sapevo muovermi per conto mio. Il mio
interesse principale sarebbe diventata la musica, ma le chiavi del
teatro ormai le avevo in mano, e sapevo come muovermi; ma solo da spettatore, sia ben chiaro.
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