La radiolina, accesa in aperta campagna, rompe un incanto che durava da sempre. E' la fine di un'epoca: anche l'asino protagonista del film (l'asino Balthazar) viene ripetutamente dichiarato vecchio, inutile, sorpassato, ridicolo: fino alla sua morte, nel finale. L'asino di Bresson è l'ultimo testimone di un'epoca, e il nuovo che avanza è comodo e bello, ma è anche invadente, volgare, stupido, inutilmente rumoroso. Con lui, muore anche l'onesto maestro di scuola con i suoi princìpi all'antica e vincono il rumore, la volgarità, la violenza. Come Pasolini, col suo discorso sull'omologazione e la sua paura della tv, anche Bresson era in anticipo di 40 anni e ha fotografato benissimo, da così lontano, i tempi che stiamo vivendo e dei quali la radiolina a transistor, che rompeva l'incanto del bosco e della campagna, era solo l'inizio, la prima crepa della frana che poi è smottata su di noi (la pubblicità, la volgarità, la stupidità dilagante). Abbiamo buttato via una cultura vecchia come l'umanità, e tutti gli archetipi ad essa associati, per avere in cambio una radiolina qualsiasi, che trasmette soltanto dediche, canzoncine e (soprattutto) pubblicità. Ci siamo venduti l'anima: non per denaro o per conquistare il mondo, ma per una radiolina portatile...
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