domenica 8 maggio 2011

«Non leggo un libro da vent'anni»

Qualche settimana fa, quando ancora si parlava dei tagli all’Università (oggi dimenticati e passati in archivio, come sempre capita), ho letto un articolo sui ricercatori italiani all’estero. C’erano alcuni profili (con foto) che raccontavano la storia professionale di alcuni di loro. Ne ricopio qualcuno perché, ragionando in termini di curriculum vitae, mi sembrano storie esemplari: del perché mi abbia colpito proverò a ragionarci dopo. Chiedo scusa se non metto i cognomi (nell’articolo c’erano) ma non so se ai diretti interessati fa piacere essere nominati qui, non ho chiesto il loro parere e visto che non si tratta di persone famose mi sembra giusto stare alle regole.
ANNALISA B. (1973), dirigente di ricerca all'istituto di matematica del Cnr a Pavia. Ha vinto un super finanziamento europeo per sviluppare tecniche di analisi matematica che rendano il Cad (Computer-Aided Design) un vero strumento per la realizzazione di prototipi virtuali. Con il Cad si realizzano al computer progetti architettonici, ingegneristici e di ogni genere di manufatti (dalle automobili agli stent).   CINZIA R. (1980), Istituto Mario Negri di Bergamo. Nel 2010 ha vinto lo Young Investigator Award che la rivista "Stem Cells" riserva ai migliori lavori sulle cellule staminali, ovvero in uno dei settori della ricerca biomedica a maggior tasso di competizione, sul quale, in altri Paesi, vengono versati fiumi di denaro. L'articolo vincente dimostra che, nei topi, le staminali prese dal sangue del cordone ombelicale riparano i danni al rene causati da un comune antitumorale, il cisplatino. Se lo stesso accade nell'uomo, le staminali potrebbero aiutare i malati di insufficienza renale causata da farmaci.    MARTA B. (1976), ricercatrice dell'istituto Nazionale di Astrofisica all'Osservatorio Astronomico di Cagliari. Si è aggiudicata lo Young Scientists Prize in Astrophysics della International Union of Pure and Applied Physics. La scoperta premiata è stata la più citata nel 2004 nelle scienze dello spazio: la prima coppia di pulsar, ovvero stelle pulsanti in rapidissima rotazione, un perfetto laboratorio cosmico per verificare la teoria della relatività generale.   ALESSANDRO B. (1976), ricercatore dell'istituto Nazionale di Astrofisica all'Osservatorio Astronomico di Torino. Ha vinto l'edizione 2009 del prestigioso premio internazionale JOSO, assegnato ogni due anni al miglior fisico solare under 35 del mondo. Con i suoi studi ha aperto nuove ipotesi sulle tempeste solari.
(profili tratti da L’Espresso 3 marzo 2011)
Mi sono chiesto: quante persone, tra quelle che conosco, sarebbero in grado di capire cosa c’è scritto in questi profili professionali? La domanda non è affatto banale, né inutile: quando andiamo a votare, quando c’è da decidere, è di queste cose che stiamo parlando. Si vuole discutere di nucleare e di genetica, del nostro rapporto con l’ambiente e di energie alternative, o di riforma della scuola e della sanità, senza capirci niente? Purtroppo sì, purtroppo così funziona. Non era così fino a qualche anno fa, i vecchi politici almeno un minimo di decenza la avevano: tutto questo è potuto succedere soprattutto grazie alla disinformazione operata dalle tv commerciali, all’inizio, e poi confluita ovunque, nella scuola e nel mondo del lavoro ma anche nelle nostre famiglie.  Vorrei soffermarmi in particolare sugli ultimi due profili: si parla di Astrofisica. E immagino la reazione di molti elettori: cazzate. L’astrofisica sono tutte cazzate: lo dicono ridendo, ma col telefonino in mano e magari con l’antenna satellitare e l’abbonamento a Sky. Lo dicono confortati e convinti, perché un loro ministro lo ha detto in tv, e un altro lo ha ribadito: la scienza e la cultura sono tutte cazzate. Pensano di essere molto furbi, per questo non capire; pensano che la cultura sia una cosa “da scuola”, quindi noiosa; e che il professore debba essere fatto fesso, l’unico pensiero è il brutto voto, si studia quel tanto e poi via. A cos’altro serve la scuola?
I furbi ridono contenti se il sapiente cade, credono che non essere esperti sia meglio che essere esperti, che il non politico sia meglio del politico, con i bei risultati che vediamo: fino agli ’80 l’Italia era una delle potenze economiche mondiali, oggi è meglio non parlarne. La crisi economica "viene da fuori": lo ripeteva anche ieri sera un ministro in tv (uno come Alfano, o magari Sacconi), ma non è mica vero. E' mancanza di idee, di cultura, di spirito di iniziativa. I nostri vecchi erano magari ignoranti, ma sapevano dare il giusto valore alla cultura: basti pensare ai fondatori della Rizzoli e della Mondadori, o ai piccoli imprenditori brianzoli degli anni '50 e '60. Senza la cultura e senza una vera preparazione tecnico-scientifica, non si va da nessuna parte: non come Paese, s'intende.

Insomma, se sai le cose, sei antipatico: come il primo della classe. E’ un sentimento molto naturale, ma col tempo, invecchiando, magari fin da bambino, lo si può contrastare. Vi fareste mai operare da un chirurgo che non sa? Affidereste la vostra automobile a un meccanico incompetente? Eppure, in Parlamento capita: capita che un’avvenente presentatrice televisiva discuta di Astrofisica, per l’appunto (l’on. Gabriella Carlucci, tanto per non fare nomi).
Siamo dunque dalle parti dell’invidia, un altro sentimento molto naturale ma che col tempo dovremmo imparare a riconoscere e controllare; a me dispiace molto di non sapere quasi nulla di questi argomenti, perché sono argomenti belli, anch’io provo invidia per chi ne sa più di me (magari non per mia colpa), ma poi anche se il medico è antipatico ma mi dà la cura giusta, mica mi lamento. Per molti invece (compreso l’attuale ministro per l’Economia, Giulio Tremonti, che l’ha dichiarato più volte pubblicamente) i libri da leggere sono cose astruse e noiose, ed è roba da deficienti perderci tempo.
L’esempio tipico per contrastare questi ragionamenti è quello dell’entomologo che studia le formiche: per i Tremonti e i Bossi è un deficiente, ma si tratta di un deficiente che magari scopre un antibiotico che salva la vita di tuo figlio o di tua sorella. Ho letto con raccapriccio, anche su giornali importanti, definizioni di Linneo (uno dei fondatori della cultura scientifica odierna) come se fosse uno spostato, e non a caso piace la foto di Einstein che fa la linguaccia: ma è una foto di Einstein a settant’anni, Einstein si era fatto un mazzo così studiando tanto, quando ne aveva venti.

Poi succedono cose come questa: che (oggi come nel 1986, è solo un esempio a caso) la cronaca ti costringe a parlare dei nano curie. I nano curie suscitarono ilarità, anche nei giornalisti e nei commentatori più anziani; si evocarono Dotto e Brontolo, eppure c’era di mezzo Chernobyl. A scuola, ricordo che l’ilarità durò meno di tre minuti: i nanometri, le lunghezze d’onda, il professore ci disse che erano nomi strani ma che si trattava di terminologia internazionale, e la cosa finì lì. Noi avevamo 16-17 anni, qualche scemenza poteva anche scappare; invece gli autorevoli commentatori continuarono a ridere dei “nanetti curie” per mesi, e forse qualcuno continua a farlo ancora oggi.
Ho incontrato spesso nella mia vita persone che pensano che se leggi un libro o se ti informi è solo perché vuoi far pesare la tua presunta superiorità, ti vuoi mettere sopra agli altri. Insomma, se hai letto quel tal libro o se hai visto quel tal film, non è successo perché ti piaceva o ti interessava (cosa per loro inconcepibile) ma è stato solo perché volevi far pesare sugli altri il fatto che loro non l’avessero letto o visto. “Vuol fare l’intellettuale”, ti dicono; e tu rimani lì come un baccalà, non è mica un insulto ma cosa puoi ribattere.


La cultura, insomma, è collegata soltanto alla scuola. I libri si leggono a scuola, si conoscono Dante e Manzoni “perché li ho studiati a scuola”, tutto ciò che è libro o cultura è collegato alla scuola, cioè all’obbligo di studiare per prendere la sufficienza. Tutto quello che viene in più è considerato un perditempo da idioti: una mentalità da sempre diffusa, e ben nota. La differenza con il passato è questa: che oggi queste persone sono ministri, sindaci, giornalisti, direttori artistici alla Rai.

4 commenti:

annarita ha detto...

Non c'è da aggiungere o togliere una virgola alla tua disamina, e si può solo sottoscriverla. Sono convinta che serva. Deve servire.
Salutissimi, Annarita

Giuliano ha detto...

Cara Annarita, io invece sono convinto che non serva a niente, ormai mi aspetto qualsiasi cosa. Anche se gli elettori si svegliassero, ormai dall'asfalto e dal cemento non si torna più indietro. Per esempio, prima che si vada a votare, i contratti novantennali per le spiagge saranno cosa fatta...Meglio cominciare ad abituarsi all'idea: metteranno i tornelli anche lì.

franz ha detto...

una volta, un mio conoscente, dopo la laurea in lingue, tutto contento, quasi 30 anni fa, mi ha detto:"Adesso basta leggere libri".
che pena!
temo che molti pensino che sia tempo buttato, ahi noi:(

Giuliano ha detto...

purtroppo vale sempre la storia che raccontava un insegnante napoletano (non solo a Napoli, sia ben chiaro): gli studenti lo valutavano dall'automobile. Siccome ne aveva una piccola e un po' ammaccata, mentre i camorristi avevano la Ferrari e la BMW... eccetera.
Io non ho una grande scolarità, e ho preso tanti brutti voti, ma mi sono imbattuto spesso in laureati che ne sapevano meno di me.
La storia che racconti tu è purtroppo un'esperienza molto frequente.
Pensa alla figuraccia di Ignazio La Russa l'altra sera in tv, non sapeva chi era Lukashenko, il dittatore della Bielorussia: di per sè non sarebbe niente di grave, se non fosse per il fatto che lui è il Ministro della Difesa!
Roba da dimissioni immediate, invece no, c'è anche chi gli dice bravo (e mica pochi)