domenica 14 agosto 2011

"La Stalingrado d'Italia"

In questi giorni, complici le disavventure del signor Penati ex sindaco di Sesto San Giovanni (Milano), risuona spesso l’espressione “Stalingrado d’Italia”. E forse è il caso di fermarsi e di riflettere un po’ su questo modo di dire; anche se forse non è il problema più urgente tra quelli che abbiamo davanti, mi pare comunque che ci sia qualcosa su cui ragionare.
Cominciamo da Stalingrado: basta una piccola ricerca su un’enciclopedia per scoprire che è una città della Russia che si è chiamata per secoli Tsaritsyn (esiste anche la grafia “Caricyn” o “Zarizin”, ma la pronuncia è sempre quella) fino a che non si decise di chiamarla con quel nome; nome che fu cancellato già nel 1961, da Nikita Krusciov. Il nome attuale della città, da cinquant’anni, è dunque Volgograd, “Città del Volga”.
Stalingrado è passata alla storia perché lì passava il fronte della resistenza all’invasione nazista: la “battaglia di Stalingrado” fu in realtà un lungo assedio che durò dall’agosto 1942 al febbraio 1943, che costò due milioni di morti (quarantamila i civili) e che terminò con la vittoria dei russi. La sconfitta dei nazifascisti, e la loro ritirata, va dunque considerata come l’inizio di più di sessant’anni di pace in Europa. Da qualsiasi parte la si voglia girare, è anche la battaglia di Stalingrado, e non solo lo sbarco in Normandia, l’evento al quale noi europei dell’Ovest dobbiamo la pace, la democrazia, il benessere in cui abbiamo vissuto dal 1945 fino ad oggi.
E dunque, cosa significa “Stalingrado d’Italia”? Mah, per me è un mistero. In passato, a Sesto San Giovanni c’era una forte presenza del PCI: dovuta anche alla presenza di grandi fabbriche. Gli operai votavano PCI, e il Partito Comunista Italiano in quegli anni prendeva il 30-35% dei voti in tutta Italia, quindi non mi sembra che ci sia nulla di cui stupirsi. Oggi le fabbriche a Sesto non ci sono più, ci sono capannoni vuoti e vaste aree liberate dalla fabbriche che sono un terreno appetitoso per la speculazione edilizia; e il PCI non esiste più da almeno quindici anni.
Ci sono battaglie da combattere, a Sesto San Giovanni? Se era quella contro la speculazione edilizia, temo che sia persa da tempo: ma non solo a Sesto, ma in tutta la Lombardia ciellina, nel Veneto leghista, ovunque. Se era quella contro il comunismo, è un fronte ormai antico come quello del ’15-’18: ammesso e non concesso che il PCI sia stato un pericolo, il PCI è ormai il passato e – mi si permetta di dirlo – un passato da rimpiangere. Vorrei far notare una cosa soltanto: che Penati fu candidato sindaco a Milano, ma perse le elezioni e anzi non arrivò nemmeno al ballottaggio. Forse il popolo di sinistra, quello che ne rimane, è un po’ più sveglio della media degli elettori italiani? Considerando anche le mancate vittorie di Rutelli e di Veltroni e di D’Alema su scala nazionale, direi che a sinistra siamo messi ancora abbastanza bene; a destra invece si è dato via libera a chiunque, corruttori e mafiosi in prima linea (ricordo ai distratti le condanne definitive a Previti e Dell’Utri, due dei fondatori del partito di Berlusconi).
Comunque sia, non ho nessuna intenzione di scrivere un trattato: l’espressione “Stalingrado d’Italia” la trovo del tutto fuori luogo, ed è anche un’offesa per quei due milioni di morti che si sono sacrificati contro il pericolo nazista. Quando ascolto qualcuno che tira quest’espressione, “la Stalingrado d’Italia” o simili, capisco che sta per arrivare del cattivo giornalismo. Mi segno il nome del giornalista, e comincio a seguirlo con molta cautela: dietro ai luoghi comuni ci sono spesso cose vere, ma usare i luoghi comuni di continuo, e senza verificarli, è indice sicuramente di pigrizia, e magari anche di qualcosa d’altro che non sto a specificare.
(la cartina geografica viene da www.wikipedia.it )
PS: nel frattempo ho scoperto che la definizione risale ai primi anni della lotta al fascismo, condotta proprio alla Falck: una dura resistenza, che valse a Sesto quel nome. Molti anni fa, dunque; e purtroppo nulla a che vedere con l'attuale PD, al governo nella città. Non sono affatto sicuro che il PD attuale sia un partito di sinistra, e quanto al comunismo...Ormai tutti i manager d'Italia sono berlusconiani, trent'anni di martellamento mediatico non sono passati senza lasciar traccia, anche sulle Coop e sulla sinistra, e da qui vengono molte delle nostre disgrazie. La corruzione in primo luogo, naturalmente.

AGGIORNAMENTO AL 26 giugno 2017: dopo l'ultima tornata di elezioni, ecco qui ancora Sesto come Stalingrado d'Italia; nel frattempo, dove c'erano la Falck e l'Alfa Romeo (chiuse da anni) ora sorge "l'ipermercato più grande d'Europa" (chiedere ai lavoratori precari cosa votano, magari?), ma cosa vuoi che sia. Le generazioni di giornalisti e commentatori cambiano, la superficialità e il pressapochismo passano alle nuove generazioni. Ovviamente, salta sempre fuori anche Don Camillo con Peppone: ma quello era un romanzo del 1948, svegliatevi! Brescello, il comune di Brescello, è uno di quelli dove la giunta comunale è stata sciolta per mafia; e a Reggio Emilia le indagini sulla 'ndrangheta fanno spavento. Dove avete la testa, voi professionisti del giornalismo che scrivete e fate commenti? Che studi avete fatto? Guardate mai la realtà?  (Un altro suggerimento: in Liguria, dopo frane e alluvioni spaventose, sono stati eletti sindaci e presidenti di Regione legati ai partiti che fecero tre condoni edilizi in dieci anni. Ce ne è abbastanza per una bella inchiesta, non vi pare? O preferite dormire e sognare Peppone e don Camillo?)

6 commenti:

Alligatore ha detto...

Ottimo post; concordo, direi che non si capisce il perchè di questa definizione, oppure lo si capisce: nasce dalla malafede come molti luoghi comuni. Bel blog, che ho conosciuto questa sera gtazie al blog dell'amica giacy.nta

Giuliano ha detto...

Sicuramente conta molto la pigrizia, che fa di questi scherzi: mettiamola in positivo, e tutta la mia solidarietà agli abitanti di quella bellissima città che è Salò, che ogni volta rischiano la stupidata, un po' come se a uno di Firenze dicessero: "ah, la città del mostro di Firenze!" Mah.

Però domani sul mio calendario a foglietti è san Giacinto: ricordati di farle gli auguri, io per me cercherò di ricordarmelo, ma non so se ci riesco.
:-)

giacy.nta ha detto...

:-)

p.s.
non ho bisogno di un santo maschio per festeggiare! C'è santa Giacinta Mariscotti, filantropa ( 30 gennaio e in coabitazione con Santa Martina ):-))

Giuliano ha detto...

bene! auguri!
:-)

Anonimo ha detto...

«Centro industriale fra i primi d’Italia, durante venti mesi d’occupazione nazifascista fu cittadella operaia della resistenza, che la lotta di liberazione condusse con la guerriglia, di sabotaggio esterno e nel chiuso delle fabbriche, l’intensa attività d'aggressive formazioni partigiane di città e di campagna, le coraggiose aperte manifestazioni di massa, la resistenza passiva e gli scioperi imponenti, esiziali per la produzione bellica dello straniero oppressore. Irriducibili a lusinghe, minacce e repressioni, maestranze e popolazione, di contro alle ingenti perdite umane e materiali del nemico pagarono con perdite in combattimento, dure rappresaglie, deportazioni e lutti atroci il prezzo della loro battaglia offensiva, di cui furono epilogo alla liberazione, gli ultimi scontri sanguinosi, la difesa delle fabbriche dalla distruzione, per la salvezza di un quinto del patrimonio industriale della Nazione. Decine di fucilati, centinaia di caduti in armi e in deportazioni, migliaia di partigiani e patrioti di ogni estrazione e di diversi ideali testimoniano il valore e il sacrificio del popolo sestese, ispirati da unico anelito d’indipendenza dallo straniero invasore e da comune amore di Patria e di libertà.»
— Sesto San Giovanni (Milano), settembre 1943 - aprile 1945

Mezza Sesto è figlia di quella generazione di partigiani che liberarono l'Italia dal fascismo. La lotta operaia perdurò negli anni e non a caso la città fu lo scenario di alcune azioni e propaganda delle Brigate Rosse.
Sesto è la Stalingrado d'Italia, il solo termine deve far intendere che ci si riferisce a un ben determinato periodo storico (non poi così lontano) che ha lasciato sui suoi cittadini segni e cicatrici, tutt'ora portate con orgoglio e sentimento.

Giuliano ha detto...

Novant'anni fa, proprio come dico io nel post. Grazie per le notizie storiche, ma se non legge quello che scrivo perché perde tempo a lasciare commenti?