mercoledì 23 febbraio 2011

Pubblicità 7

Negli anni ’60 fu vietato uno spot di un detersivo che si basava su questo slogan: « ... lava così bianco che più bianco non si può, nemmeno col candeggio!». La motivazione della bocciatura fu questa: che “candeggiare” significa proprio lavare bianco, si tratta di un sinonimo: quindi non è possibile “lavare bianco più del lavare bianco”.  Una bocciatura che a molti parve esagerata, lo slogan piaceva ed era diventato proverbiale, penso che ci sia qualcuno che lo ripete ancora oggi. Ma era una bocciatura inevitabile, e anche molto dura perché andava a colpire uno dei punti fermi dei pubblicitari: sparare frasi senza senso che però sembrano sensate, e che colpiscono l’immaginazione. Erano gli anni ’60, per l’appunto, e la pubblicità non era ancora diventata padrona dell’informazione e della cultura; lo sarebbe diventata a partire dagli anni ’80, con l’avvento delle televisioni commerciali.
Gli slogan degli anni ’60, quasi sempre cose simpatiche anche se insensate, avevano spesso come autore Marcello Marchesi, grande autore e grande umorista, uno che era abituato a scrivere testi per Totò, per Walter Chiari, per se stesso, per molti altri attori. Una persona di grande cultura: per chi fosse interessato, e so che sarà dura recuperarlo, di Marcello Marchesi esiste un bel libro uscito nel 1970, “Il malloppo” (editore Bompiani), dove immagina se stesso in terapia, in clinica, intento a “spurgare” le troppe parole dette e propagate in tanti anni di carriera. Non tutto quello che c’è scritto nel “Malloppo” (sottotitolo: “Le parole si vendicano”) è di prima qualità, e molte battute sono ormai incomprensibili perché erano di stretta attualità, e si sa che l’attualità invecchia in fretta; comunque ci sono cose come queste:
- Solo quattro pomodori su dieci diventano pelati Girio; gli altri sono buoni.
- Scarafex, lucida gli scarafaggi: casa pulita, scarafaggi risplendenti.
- Vorrei che qualcuno mangiasse una banana e me la raccontasse
- Non esistono innocenti, tutti abbiamo passato un raffreddore a qualcuno.
- Super-Supergnomo fa il bucato bianco ma così bianco che la neve si vergogna e il giglio va a cagare.
- Avanti Fòppolo, alla riscossa, Bormio è più grossa, Bormio è più grossa...
- ...quanto a me, era un modo di vivere che non mi faceva soffrire. Forse ero un cretino. Non ho mai avuto un mal di testa. Al primo ruttino mi passava. Non volevo soffrire. Non che fossi sordo al dolore o ai dispiaceri ma, come per gli schiaffi di mio padre, tendevo a dimenticarli. Alla alluvione, all'eccidio, alla catastrofe, alla morte opponevo la distrazione. Ero un precursore. Oggi tutti fanno cosí. È un eccesso di difesa. Quando l'umorismo fu svalutato, mi misi a combinare le parole in maniera che facessero vendere. Mi slogavo le meningi alla ricerca di slogans che elevassero i prodotti piú in alto dei magazzini dove giacevano e provocassero associazioni d'idee piú gradevoli del volgare uso dei prodotti stessi. Insomma ho sempre lavorato sulle parole come un ciabattino, tirandole di qua e di là, rovesciandole, adattandole a tutti gli usi. A volte penso che siano loro a pesarmi qui sul petto. Tutte quelle parole aggrovigliate. Hanno fatto malloppo. Cercherò di liberarmene. Con ogni mezzo. Anche cantando. «Mentre io festévole / amaròstico ghiottòttimo appetitante gustàtico vispazzo digestútile e frizzoso / corro ai tuoi piè / O Santa Vergine / compra per me." La signora desidera? Un detergente programmato sui cicli della mia lavatrice automatica. È una richiesta ultimativa? No, è una esigenza prioritaria. Beh!, mi accompagni fino alla intersezione semaforizzata nonché nutricante dolcévole e aperitonica... Cos'è questa schiuma che mi esce dal naso? Forse è detersivo. (...)
(Marcello Marchesi, da “Il malloppo – Le parole si vendicano” ed. Bompiani, 1971)
Marcello Marchesi, così come il signor Testa dell’agenzia Testa, così come i grandi cartoonists che lavoravano con lui, Gavioli, Bozzetto, eccetera, erano persone che si divertivano, che giocavano con le parole e con le figure, ben coscienti che si trattava di un gioco, seppure ben pagato; ed erano, soprattutto, persone corrette. Le cretinate venivano in mente anche a loro, ma le scartavano. Il massimo della scorrettezza che si permettevano erano slogan fasulli come quello che ho citato all’inizio, « ... lava così bianco che più bianco non si può, nemmeno col candeggio!».
E a questo punto dovrei fare un paragone con quello che sto per ascoltare accendendo la tv, con gli slogan dei “copy” e dei “creativi”: ma al solo pensiero mi cascano le braccia. Sì, certo, qualcosa di buono c’è, ma è dura. Per esempio, e per non andare sul peggio, quella signora che dice “la vita è una corsa a ostacoli” e poi si mette davvero a saltare gli ostacoli: un’idea così banale e ritrita che non so nemmeno se si possa davvero chiamare idea. Faccio i miei complimenti a chi ha girato lo spot e alla signora che lo interpreta, sono molto bravi e si vede; quanto a tutto il resto, soggetto e sceneggiatura, un bambino di cinque anni avrebbe saputo fare di meglio. La cosa peggiore, dal punto di vista puramente professionale, è che dopo aver visto lo spot una decina di volte non mi ricordo che cosa pubblicizza, non dico il nome ma nemmeno la tipologia del prodotto, se è un dado per brodo o un’assicurazione. Soldi sprecati, insomma, e se ci fate caso la maggior parte degli spot sono così. Questi soldi spesi in spot incomprensibili o malfatti costano parecchio, vanno ripagati, e avranno una ricaduta sicura: o sui prezzi o sulla qualità di quello che comperiamo. Bisognerebbe sempre tenerne conto.

PS: Le immagini che ho messo qui  vengono da un telefilm famoso, che circola e piace ancora oggi: il soggetto deriva da “Ho sposato una strega” di René Clair, un bel film che ebbe grande successo nei primi anni ’40. Nei telefilm, la protagonista è interpretata da un’attrice molto brava, Elizabeth Montgomery, e suo marito fa di mestiere il pubblicitario; molti degli episodi sono basati su questo mestiere, e quando li guardavo da bambino pensavo che fossero stupidaggini ed esagerazioni, che nessuno potesse essere così cretino, che slogan come quelli inventati dal marito di Samantha e dal suo capo fossero esagerazioni degli autori del telefilm, eccetera. Sbagliavo: anni dopo avrei scoperto che quel telefilm si svolgeva in USA, e negli USA le televisioni commerciali c’erano già – da noi il via libera al cretinismo sarebbe arrivato dopo. Dopo quando non lo dico, per non dover ripetere per l’ennesima volta gli stessi nomi e le stesse parole.

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