Da bambino mi ero molto interessato a San Giovanni Bosco, avevo letto una sua biografia, me ne ricordo ancora molti passaggi; e mi è sempre sembrato un’ottima persona, al di là del fatto che l’abbiano fatto santo. Quello che mi ha sempre lasciato perplesso, dopo, da adulto e anche da adolescente, è stato ascoltare i racconti – il più delle volte non richiesti, autentici sfoghi – da parte di altri ragazzi della mia età, e poi da uomini adulti, a proposito dei salesiani e dei collegi religiosi in generale.
Una volta si diceva: “ti mando in collegio!”; ed era una minaccia, di quelle che facevano paura. La minaccia che i genitori facevano ai bambini discoli, o che non avevano voglia di studiare. Anche la letteratura, del resto, è piena di testimonianze sui collegi: da Giamburrasca in avanti, fino a testimonianze più drammatiche. Ma non è di questo che volevo parlare oggi, l’argomento è vasto e di certo San Giovanni Bosco non ha nessuna responsabilità su quello che hanno fatto o non fatto i continuatori della sua opera.
Quello di cui volevo parlare è un ricordo preciso, che mi è riemerso in maniera molta precisa, dopo decenni, quando l’inverno scorso Silvio Berlusconi bestemmiò in pubblico al solo scopo di raccontare una barzelletta. Non era la prima volta, e Silvio Berlusconi non è certo l’unico a farlo. Queste barzellette sono ben note, e anch’io ci sono cascato, a raccontarle: da bambino, e da adolescente, e poi magari in compagnia, poi basta. Dai venticinque-trent’anni in su, di solito, si smette di raccontarle; ma queste barzellette non si dimenticano mai, ogni tanto riaffiorano, si ride e si scuote la testa, roba da bambini, guarda com’ero scemo. Sono le barzellette “da oratorio”: non fanno quasi mai ridere, ma sono costruite con molta cura per arrivare a dire, appunto, una bestemmia o una frase oscena, o magari “cacca”. Sono i bambini che dicono “cacca” , e lo fanno proprio perché i loro genitori gli dicono che non sta bene dirlo; e sono gli adolescenti che si inventano le barzellette con bestemmia finale, e lo fanno per far dispetto al prete, di nascosto, tra di loro, così si vede che sono grandi e che sono indipendenti. Roba normale, s’intende, quasi un rito di passaggio, qualcosa che poi passa: i primi a non prendere troppo sul serio queste cose, il più delle volte, sono proprio i preti. Che lì per lì si arrabbiano, danno punizioni severe, ma poi sospirano e pensano “speriamo che gli passi presto, la stupidera”.
Silvio Berlusconi ha studiato dai salesiani, cioè negli istituti dedicati a San Francesco di Sales, quelli fondati nell’Ottocento da don Giovanni Bosco. Il buon Silvio non perde occasione di dirlo, che ha studiato dai salesiani: per questo dice anche che è un buon cattolico. Mi chiedo se sia davvero buona pubblicità, per i salesiani: in termini numerici, contabili, forse sì (“vado alla scuola dove ha studiato Silvio”), ma in quanto a opere di fede, in quanto alla maturità effettiva dei suoi studenti, alla buona educazione, e alla mentalità con cui si esce dai salesiani, forse sarebbe meglio dire a Silvio di stare zitto e di sorvolare.
PS: mentre pensavo queste cose, ho trovato questo magnifico ritaglio: abbiamo in politica nientemeno che un diretto discendente di don Bosco, un pronipote. Non lo sapevo, sono stupefatto – buona lettura (facendo clic sull’immagine si legge meglio). (da http://www.repubblica.it/ )
Fango bollente - Vittorio Salerno
8 ore fa
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