domenica 3 novembre 2019

Baby boom


Quando si cominciò a parlare di "baby boom", cioè di tutte le persone nate fra gli anni '50 e i primi anni '60, mi venne spontaneo pormi qualche domanda. Mi venne spontaneo anche perché io faccio parte di quel contingente, e quindi posso dire di essere informato sui fatti: in quel periodo sono nati tanti bambini, c'è stato un boom della natalità insomma. Lo si ripete ancora, e lo si dà per scontato: ma a me basta pensare alle generazioni precedenti alle mie, cioè ai miei genitori e ai miei nonni, per accorgermi che c'è qualcosa che non va in quel ragionamento. Per le generazioni precedenti alla mia, era frequente sentir parlare di sei, nove, dieci, perfino diciassette figli. A casa mia siamo tre, e anche tra i miei coetanei e compagni di classe il numero era più o meno quello; due mie cugine erano figlie uniche, i miei vicini di casa avevano due figli, mio cugino aveva due figli, insomma il conto non torna. Le cose cominciano a diventare chiare quando si completa il discorso che facevano quasi sempre i nostri nonni: erano frasi del tipo "nove figli, sei sopravvissuti". Sì, non è stato un "baby boom" quello degli anni '50 e '60, ma un calo della mortalità infantile. Sulfamidici e antibiotici, disponibili solo dalla fine degli anni '40, e i vaccini, e i dispensari dove si faceva prevenzione contro la tubercolosi: un lavoro capillare e meticoloso che ha ridotto moltissimo la mortalità infantile. Oggi viviamo in un mondo dove una donna che muore di parto è uno scandalo che finisce subito nel telegiornale nazionale: ma non era così prima degli anni '50 del Novecento. Insomma, "baby boom" è un ragionamento che non funziona, e basta poco per rendersene conto: noi "bambini degli anni '50" siamo sopravvissuti in tanti, e questo grazie ai vaccini e agli antibiotici. Poi, dopo, a partire dalla fine degli anni '60, sono arrivati gli anticoncezionali e da qui comincia il calo della natalità che dura ancora oggi.
 
Ecco dunque un altro dei luoghi comuni che si sentono ripetere ogni giorno, quasi sempre a vanvera. Sono tanti, denotano pigrizia e superficialità, e mancanza di professionalità se a ripeterli sono giornalisti di mestiere. A me dà molto fastidio sentirli ripetere in continuazione, anche quando è evidente che sono cose superate o mai state vere. Mi esercito quindi a smontarne qualcun altro, pur sapendo che è un esercizio del tutto inutile, viste le teste che circolano oggi nel mondo dell'informazione professionistica. Nei social media è molto peggio, ma almeno qui non si tratta di professionisti. Vado dunque avanti con il mio elenco di pigrizia, ignoranza, malafede, superficialità, e quant'altro ancora. Avverto soltanto che è un elenco lungo, chi mi legge dovrà avere un po' di pazienza e di costanza.
 

 
(le immagini vengono da "Orizzonti di gloria" di Stanley Kubrick, tanto per ricordare a chi parla di "baby boom" un'altra delle ragioni per cui i nati degli anni 50 e 60 sono ancora così tanti: da settantacinque anni, in questa parte del mondo, non si fanno guerre. Speriamo che le nuove generazioni riescano a fare altrettanto, i film come questo servono anche come lezione di vita - a noi questo film è servito, e molto).
 

 

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