Sono qui, un po' imbarazzato, a
contemplare me steso. Infatti, mi è appena arrivata una
e-mail: come puoi vedere da te steso...
Beh, pazienza. Cosa ci posso fare,
capita. Avrei preferito un me esteso, ma forse era chiedere
troppo. Mi rialzo e tiro giù un po' di polvere dai vestiti, poi si
vedrà. Tutto questo dà da pensare, bisognerebbe evitare gli errori
ma prima o poi ci si casca dentro. E' inevitabile, stante la nostra
natura umana e fallibile.
A volte i nostri errori sono leggeri e
svaniscono subito, altre volte lasciano lividi e ammaccature, altre
volte ancora lasciano ferite che fanno male. E quasi mai impariamo
dai nostri errori, che pure avrebbero molto da insegnarci.
SOFFERENSA
Soffro di sofferenza
mista a riconoscenza
io non so farne senza
ma se potessi appena...
Soffro per la tua assenza
cerco la tua presenza
io non so farne senza
e quasi quasi vengo
vengo a trovare te.
Molti errori avvengono in togliere:
basta poco per trasformare un'autopista in un'utopista, magari con la
testa fra le nuvole; bisogna invece aggiungere qualcosa in altri
casi. Una C, per esempio, può trasformare un aquilone in un
acquilone, e il drago di carta non s'apparenta più all'aquila che
vola ma all'acqua che scorre. Gli errori sono come le erbacce nel
nostro giardino: alcune infestano e basta, altre è un peccato
strapparle.
Per esempio, Esmepio: Esmepio, chi era
costui? Vi giuro che arrivarci non è stato facile: ancora non so
come ho fatto, ci ho riprovato sei o sette volte, anche a occhi
chiusi, giocando sulla tastiera del pc ma senza più riuscire ad
evocare lo spettro di questo misterioso filosofo d'un altro mondo,
mondo di ombre erranti. Infatti, Esmepio non è un antico greco
seguace di Esculapio, e neanche uno dei dialoghi socratici; e se
scrivo "Per Esmepio!" non si tratta di un'imprecazione ma
di un peresempio qualsiasi, anch'esso corrotto (corretto?) e
deformato dall'errore. Ma basta con la filosofia, se no si diventa
noiosi.
Felicemente
con l'alacre mente
pondero;
infine penso
ma senza insistere
che sono un bischero
fatto di sughero
e mi sollucchero
con versi insipidi.
Ahimè insensibili
versi invisibili
poco solubili
fatti di zucchero
Nessun commento:
Posta un commento