Non ho mai comperato niente basandomi sulla pubblicità. Ho sempre preferito toccare, vedere, assaggiare; e mi meraviglio molto che anche gli altri non facciano così – quando l’ho scoperto, cioè quando ho scoperto di far parte di una minoranza, per me è stato un trauma. Onestamente, e ingenuamente, pensavo che solo gli scemi comperassero qualcosa perché glielo porgeva una ragazza in minigonna, e non dal vero, ma in tv o sui giornali e via internet.
Che dire? Che fare? Niente, cosa posso farci io da solo, se non subire: la pubblicità ormai è padrona ovunque, si fa solo quello che vuole la pubblicità, una volta ho detto che su una radio c’era troppa pubblicità e mi hanno subito zittito, “ma non è mica vero!!!” (ed era già il ventesimo spot in dieci minuti: ma ero in auto con altre persone, o in palestra, o dal dentista, non potevo cambiare canale).
La pubblicità non è sempre sgradevole o irritante, alle volte è piacevole, ma anche se lo spot è ben fatto non è detto che il prodotto sia quello che io sto cercando. La miglior pubblicità, se permettete, è quella del vasetto di vetro trasparente: non mangio quasi mai i cetrioli sottaceto, ma quelli di quella marca lì costavano poco e avevano un ottimo aspetto. Li ho comperati, quei cetrioli: erano eccellenti, li compero ancora. Peccato che si possa fare solo con i cetrioli, ma – per esempio – sono un’ottima pubblicità gli assaggi che si fanno ai supermercati, quelle signore gentili che ti offrono un caffè, un cioccolatino, e ti dicono di provare. Poi, se ti piace, comperi: ecco, questa è una pubblicità da paese civile. E da paese civile è anche la pubblicità sui giornali: nel senso che se non mi piace o se non mi interessa giro pagina. Mi fermo qui perché mi sembra che il discorso sia già abbastanza chiaro, e francamente sono stufo di fare quello che gli altri vogliono che io faccia, rivendico apertamente la mia libertà anche come consumatore. E pertanto:
No grazie, non andrò mai a vedere quel film. No grazie, non comprerò mai quella macchina, costa troppo e consuma troppo. No grazie, non comprerò mai quel libro, è di un autore orribile, un raccomandato che scrive da cani e che pubblica solo perché è amico di X e di Y. No grazie, non uso i dolcificanti: non mi piace il sapore, preferisco mangiare meno zucchero, lo zucchero ha un buon sapore ma pian piano ci si abitua a fare senza. No grazie, quei frollini sono pieni di margarina. No, grazie, quella marca di caffè l’ho presa un paio di volte, tanti anni fa era buona ma adesso non ci casco più. No grazie, la pastasciutta surgelata proprio no, almeno far bollire l’acqua, quello lo so fare. No grazie, non cambierò compagnia telefonica perché conosco persone che sono rimaste un mese senza telefono e poi hanno dovuto pagare due bollette e sono ancora in causa per il rimborso.
E infine, sì, comperavo già quella pasta perché è buona, e continuerò a farlo nonostante la pubblicità orribile che gli fate, ma proprio a causa di quella pubblicità orribile e invadente mi sto già guardando in giro, prima o poi una buona e che costa meno la trovo.
venerdì 18 febbraio 2011
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Solo di una cosa non fanno più la pubblicità: dei dischi. D'accordo che non si vendono più e ormai li compro solo io (fesso), ma sono un tipo di merce completamente scomparsa dagli obiettivi dei pubblictari. O meglio, oggi sta tutto nel trovare il brano giusto per uno spot di una compagnia telefonica, se va bene (o male, a seconda dei punti di vista) quella canzone la sentirai in media sedici volte al giorno per almeno tre mesi consecutivi, in tv, in radio, come suoneria dei cellulari, e sarà la più scaricata su iTunes.
Epensare che una volta c'era anche il sovrapprezzo sui dischi reclamizzati, il fatidico bollino "tv spot"...
la musica è arrivata a uno dei punti più bassi...è difficile trovare qualcuno che abbia un'idea buona, e se ce l'ha stai pur sicuro che non interessa a nessuno. La mazzata alla qualità, in generale, è arrivata proprio dagli anni '80, quando i pubblicitari e gli addetti marketing hanno preso in mano tutta l'industria culturale. Non si vende? vende poco? allora via, non interessa... E invece quelli che "vendono poco" sono spesso quelli che portano avanti le cose nuove, ma vaglielo a spiegare, ai "creativi" e a quelli che hanno fatto la Bocconi...
Posta un commento