giovedì 15 agosto 2019

Dieci anni di TAV

Sui giornali e in tv circolano gli spot per i dieci anni dell'Alta velocità; sono ormai passati dieci anni e l'andare da Milano a Roma in tre ore è ormai cosa normale. Intanto continuano i dibattiti sui No-TAV, anche in Parlamento; il cantiere TAV in Val di Susa è infatti una della cause della crisi di governo appena iniziata in questi giorni. La cosa che più mi colpisce è che non si sia mai aperto un vero dibattito sulla questione: sembra un dialogo tra sordi, o meglio una delle due parti (la stragrande maggioranza) è sorda e non ascolta l'altra. Provo a fare un po' d'ordine: serve l'Alta velocità? certo che sì, era ed è il sogno di tutti quello di spostarsi velocemente, di tornare a casa o andare in vacanza in un amen. Rimangono però intatte - purtroppo - tutte le considerazioni sui treni locali, e sull'impatto ambientale. Ora, è chiaro che a uno spot celebrativo non si possono chiedere approfondimenti, ma provate a chiedere ai pendolari cosa pensano delle condizioni dei treni che devono usare, della loro frequenza, del sovraffollamento, delle soppressioni di treni in orari di punta. Sui treni pendolari sono anche successi incidenti gravi o gravissimi: è possibile parlarne? Conosciamo già la risposta di Trenitalia: dei treni locali si devono occupare le Regioni. Direi che è comodo fare il manager in questo modo, io mi occupo di Milano e di Roma, magari se sono proprio costretto anche di Firenze e Bologna, ma per carità non chiedetemi di Mantova e di Voghera o della Circumvesuviana, uffa che barba, non mi sporco le mani con queste cose. Io mi ricordo ancora quando si cominciò a parlare di "queste cose", a fine anni '90, con la discussione sui "rami secchi": venne definito "ramo secco" anche la ferrovia Milano-Lecco, e a molti sembrò una cosa assurda. Collegare bene Milano e Lecco, con il treno, significava e significa ancora togliere dalle strade migliaia di automobili. Era vero che quella ferrovia "non rendeva", ma un governo serio (soprattutto in Regione) avrebbe visto l'occasione di investimenti per un miglioramento delle condizioni di vita di noi tutti. Invece, si fecero investimenti per nuove strade e autostrade; e per la TAV, che di Lecco e della Brianza non si occupa per niente.
E poi c'è la questione dell'ambiente: gli abitanti della Val di Susa si preoccupano delle condizioni del luogo in cui vivono, è per questo che sono No-TAV. Non sono contrari alle grandi opere, si chiedono che fine farà la loro valle con un cantiere così devastante e destinato a durare almeno vent'anni. Ma nei dibattiti sulla TAV dell'ambiente non si parla nemmeno, in Val di Susa è il centro delle proteste ma manager e politici rispondono sempre che è un'opera essenziale per la viabilità. Un circolo chiuso, una porta sbarrata, o se si vuole un dialogo tra sordi, o meglio "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Eccetera. La verità è però che dell'ecologia si ridacchia o si sbuffa, anche la gente comune che incontro tutti i giorni alza le spalle o si allontana spazientita quando si affrontano questi argomenti, e giornali molto diffusi fanno titoli a tutta pagina sui "gretini" che se ne preoccupano. Intanto succede questo: frane che bloccano intere valli, da Nord a Sud, inondazioni devastanti, siccità altrettanto devastanti, bombe d'acqua, trombe d'aria. Da qui dovrebbe partire il dibattito sui No-TAV della Val di Susa, invece ogni volta torna il solito cavallino della giostra: le opere essenziali, la circolazione delle merci, "chi mai vorrebbe tornare a impiegare otto ore per andare da Roma a Milano?".

E dunque, l'Alta Velocità è bella ed è giusto celebrarla, ma quale è il vero prezzo che stiamo pagando? Anche sorvolando sul denaro (l'analisi dei costi TAV in Italia confrontata con tratti analoghi in Francia è terrificante), la vera domanda è: a che prezzo? E' la domanda di Faust, in fin dei conti. Anche Faust, nella seconda parte dell'opera di Goethe, sogna le Grandi Opere, e le realizza. Fa anche del bene, ma c'è un prezzo. Sappiamo bene chi c'è dietro alle grandi opere del dottor Faust, non sappiamo ancora cosa ci riserva il futuro ma i dati sull'ambiente in cui viviamo sono ogni giorno più allarmanti, eppure questo non sembra interessare a nessuno. Qui mi fermo, e per il resto, cioè per il prezzo da pagare, chiedete ai pendolari per esempio, o a chi vive in posti che erano bellissimi e ora sono cemento. Nell'anno 2019, decennale della TAV, ci sono ormai intere valli e paesi in cui ci si comincia a chiedere se si può continuare ad abitare lì, tra frane e inondazioni; interessa a qualcuno parlarne?
 
 
(Delacroix, disegno per il Faust di Goethe)
 

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