Comincio da Gerry Scotti, che ricorda
un'estate in vacanza passata cercando di captare Radio 101
(One-o-one), penso intorno al 1975. All'epoca, le radio private non
avevano mezzi potenti, e captare il segnale in FM (modulazione di
frequenza, la vecchia radio insomma) non era sempre facile,
soprattutto lontani dalle grandi città come Milano. Il secondo
ricordo è quello di Alex Peroni, altro deejay oggi meno famoso di
Scotti, che era invece su Radio 105: "non trovavamo musica da
ascoltare (...) negli anni '70 non c'era nulla, sì, la Rai, ma
quella non era musica per noi." Una frase che definirei
curiosa: a quel tempo lo pensavo anch'io, soprattutto per Radiouno e
Radiodue (che allora non si chiamavano così, erano il primo canale e
il secondo canale), ma in genere ci si riferiva alla musica "di
Sanremo", alle Rita Pavone e ai Gianni Morandi, magari a Claudio
Villa e Orietta Berti. Noi quindicenni o quattordicenni avremmo
voluto ascoltare i King Crimson o i Cream, e invece avevamo il
Festival di Sanremo; questa era l'utopia della "radio libera",
ascoltare musica nuova o magari anche vecchia, ma che non fosse
quella roba lì. Andò diversamente, tanto è vero che negli anni
successivi Gerry Scotti e gli altri deejay si misero tranquillamente
al servizio non solo del Festival di Sanremo, ma anche di tutte le
trasmissioni commerciali delle nascenti tv berlusconiane. Gerry
Scotti cita la famosa canzone di Eugenio Finardi, "quando una
radio è libera, ma libera veramente, piace ancor di più perché
libera la mente"; ma lo fa a sproposito, non credo che fosse
quel tipo di radio che aveva in mente Finardi nello scrivere la
canzone. Per me, la stagione delle "radio libere" (ben
presto diventate "radio commerciali" o "radio
private") fu una grande delusione. Le frequenze della FM si
erano riempite, traboccavano, ma trovare qualcosa di bello o di non
banale era diventato difficilissimo. Nemmeno il jazz, tanto per dire.
Pubblicità dappertutto, quella sì, e una compilation delle notizie
più cretine apparse sui giornali; mai un approfondimento, mai una
cosa seria, buttare in scherzo anche le tragedie appena possibile.
C'erano delle eccezioni, s'intende: come Radio Popolare, che fece per
anni ottime trasmissioni. Ma queste radio erano difficili da
sintonizzare, i loro trasmettitori non erano così potenti come 101 o
105 o Milano International, e si finiva sempre, prima o poi, per
ritrovarsi (senza averle cercate ) sulle altre radio, quelle ben sostenute da finanziamenti
non sempre innocenti. In seguito, molti anni più tardi, sarebbe
arrivata anche Radio Maria: con trasmettitori così potenti da
annullare ogni altra radio sulle frequenze vicine.
C'era un gran casino, a dirla tutta: il governo non volle mai decidere, di fatto non si è mai messo ordine nel caos delle frequenze radio, e quando toccò alle frequenze tv si capì che cosa c'era sotto, ma questo è un discorso che porterebbe lontano, e per oggi mi fermo qui.
C'era un gran casino, a dirla tutta: il governo non volle mai decidere, di fatto non si è mai messo ordine nel caos delle frequenze radio, e quando toccò alle frequenze tv si capì che cosa c'era sotto, ma questo è un discorso che porterebbe lontano, e per oggi mi fermo qui.
Aggiungo solo il mio personalissimo
ricordo di uno "smanettamento" simile a quello di Gerry
Scotti, ma per poter ascoltare Radiotre (terzo canale Rai) che
trasmetteva la musica che aveva cominciato ad interessarmi. Radiotre
fu di fatto cancellata per anni dalla FM, quasi impossibile captarla
perfettamente. Ascoltavo un quartetto d'archi, e d'improvviso saltava
fuori l'uzz uzz di una discodance di quelle che piacciono a Gerry
Scotti. Poi ero riuscito a rimediare, in qualche modo: andando a
lavorare (in fabbrica, a turni, anche le domeniche) avevo i soldi per
comperarmi un impianto come si deve, e - sia pure a fatica, facendo
acrobazie con l'antenna - a cancellare almeno per un po' dalla mia
vita le radio commerciali e i loro deejay. Insomma, io negli anni '70
avevo cominciato un percorso che mi avrebbe portato ai concerti di
Claudio Abbado e di Carlos Kleiber, al jazz, alla musica folk di ogni
nazione, a John Renbourn, a Leonard Cohen, a Tim Buckley e a Nick
Drake, a Robert Wyatt. Non ero certo l'unico: tengo a sottolineare
che non eravamo tutti uguali e non eravamo tutti così pigri e
conformisti, c'era un orizzonte così vasto da esplorare e da
conoscere che sarebbe stato un peccato stare rinchiusi dentro il
festival di Sanremo e i suoi immediati dintorni. Gerry Scotti ha
fatto scelte diverse dalle mie, è diventato ricco e famoso, e sono
ovviamente contento per lui (se lo merita, diciamolo, e andrei
volentieri a mangiarmi un bel risotto con gli ossibuchi con lui), ma
il mondo non finisce con Gerry Scotti e con i suoi amici deejay, e
ogni tanto è giusto ricordare che esiste altro, al di là di quelle
quattro cosette che ascoltate sempre in cuffia.
2 commenti:
Stessa stagione e uguale evoluzione nel profondo sud... eppure c'è stato lo spazio di un attimo, in tutta questa nostra penisola, in cui tutto sembrava esplodere di luce: le prime radio erano "libere veramente" :), in tv Cioni Mario e la Rossellini, in edicola Il Male, nei parchi gli Area, in piazza tanta gente :)
per usare una citazione che piace a Gerry Scotti, "ho visto cose che voi umani..." Visto, e ascoltato. Invece, siamo ancora qui dopo quarant'anni con la solita sbobba.
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