Run by machines and afraid of the tax
Their heads in the grave and their hands on their eyes
Hauling their hearts around circular tracks
Pretending forever their masquerade towers
Are not really riddled with widening cracks
And I wave goodbye to iron
And smile hello to the air ...
Questi versi sono stati scritti e messi in musica da due ragazzi giovanissimi, entrambi sotto i vent’anni. Due ragazzi californiani, di Venice Beach, poco prima del 1968. Le parole, scritte da Larry Beckett, hanno una forza visionaria (e politica) non comune; e la musica di Tim Buckley, la sua interpretazione, sono di una complessità e di una chiarezza non comuni per un musicista diciottenne. Io ascolto da una vita “Goodbye and Hello” (titolo che indica un saluto a qualcosa che si allontana, e un invito a qualcosa che deve avvicinarsi), ma non credo che ne esista una versione italiana, o quantomeno io non l’ho mai letta. Ne tento qui una traduzione, avvertendo però che il mio inglese non è dei migliori, e che gli errori sono più che possibili, che la mia traduzione sarà molto libera, e che se qualcuno di madrelingua passa di qua mi dà una mano è il benvenuto.
«La gente antica»: non credo che vada letto nel senso di “i vecchi”. Ci sono dei vecchi giovanissimi, e dei giovani che sono “antichi”, obsoleti, già a sedici anni. Penso che Larry Beckett e Tim Buckley ne fossero ben coscienti: andavano a sentire i vecchi leoni del blues, alcuni dei quali ottantenni, e si guardavano intorno in cerca del nuovo, che stava arrivando. Il nuovo è arrivato, si è fermato per un po’, le nuove generazioni – antiche, antichissime – lo hanno rimesso nel cassetto. Ma forse, oggi come in quel 1966, i tempi stanno cambiando.
«La gente antica è giù nei sotterranei, incalzata dalle macchine e paurosa delle tasse»: nel mio dizionario “to run by” è tradotto con “passare correndo”, ma qui mi sembra che l’immagine sia quella delle macchine che guidano l’uomo, e non viceversa. Le macchine fanno correre gli umani: sempre più veloci, come è spiegato nella seconda strofa (“the velocity addicts explode on the highway, ignoring the journey and moving so fast”).
Ma soprattutto vorrei sottolineare quello che segue, “afraid of the tax”. E’ una frase che mi torna in mente sempre più spesso: la gente antica, che vive nei sotterranei (con la testa sottoterra, come gli struzzi), che ignora il piacere del viaggio e va sempre di corsa, e che “ha paura delle tasse”.
Pagare le tasse (e qui siamo in America, USA: la patria del liberismo) è una paura che è arrivata anche qui da noi. Siccome le tasse servono per aiutare il nostro prossimo, la comunità (caso mai si può discutere sulle modalità con cui si pagano le tasse, non sulle tasse in sè), “aver paura delle tasse” significa grettezza, tirchieria, avidità.
Penso che questa mia interpretazione sia quella giusta, ed è confermata dai versi che seguono, e che non necessitano di molte spiegazioni: « ...con le teste dentro le tombe, e le mani a coprire gli occhi / trainando i loro cuori su binari circolari / con la pretesa che gli indovinelli dentro le loro torri mascherate / non vengano mai risolti e non provochino larghe crepe...» La mia traduzione è molto libera, soprattutto negli ultimi due versi: quelle “masquerade towers” e quel verso, “to riddle”, “parlare per enigmi, per indovinelli”, mi rimandano direttamente al mito di Edipo, alla Sfinge, al non voler sapere, al non voler chiedere e non voler guardare dentro di sè, al voler vivere con gli occhi chiusi e le orecchie tappate: preludio di un’immane catastrofe. Non so di preciso cosa ci sia dietro a quest’immagine, ed oggi è facile pensare ad altre Torri, ma “masquerade towers” mi evoca anche l’immagine dell’assedio alle mura, oppure quella dei carri di Carnevale (il Carnevale è evocato in un’altra canzone dell’album, “Carnival song”).
Gli ultimi due versi sono quelli che danno il ritmo, e il titolo, della canzone: un vero e proprio poema, almeno nelle dimensioni, un saluto a qualcosa che se ne va, un benvenuto a qualcosa che viene. In questa prima strofa, si prende congedo dal Ferro, e si saluta cordialmente l’Aria: da qualcosa di pesante a qualcosa di impalpabile, da qualcosa che è certamente utile a qualcosa che ci è indispensabile per respirare.
Ma qui mi fermo, l’impresa è titanica e ne rimando la conclusione a un altro post. Per oggi metto le due strofe seguenti, senza tradurle; e torno ad ascoltare la voce chiara e forte del diciottenne Tim Buckley.
O the new children dance ------ I am young
All around the balloons ------ I will live
Swaying by chance ------ I am strong
To the breeze from the moon ------ I can give
Painting the sky ------ You the strange
With the colors of sun ------ Seed of day
Freely they fly ------ Feel the change
As all become one ------ Know the Way
The velocity addicts explode on the highways
Ignoring the journey and moving so fast
Their nerves fall apart and they gasp but can't breathe
They run from the cops of the skeleton past
Petrified by tradition in a nightmare they stagger
Into nowhere at all and they look up aghast
And I wave goodbye to speed
And smile hello to a rose (...)
Ma soprattutto vorrei sottolineare quello che segue, “afraid of the tax”. E’ una frase che mi torna in mente sempre più spesso: la gente antica, che vive nei sotterranei (con la testa sottoterra, come gli struzzi), che ignora il piacere del viaggio e va sempre di corsa, e che “ha paura delle tasse”.
Pagare le tasse (e qui siamo in America, USA: la patria del liberismo) è una paura che è arrivata anche qui da noi. Siccome le tasse servono per aiutare il nostro prossimo, la comunità (caso mai si può discutere sulle modalità con cui si pagano le tasse, non sulle tasse in sè), “aver paura delle tasse” significa grettezza, tirchieria, avidità.
Penso che questa mia interpretazione sia quella giusta, ed è confermata dai versi che seguono, e che non necessitano di molte spiegazioni: « ...con le teste dentro le tombe, e le mani a coprire gli occhi / trainando i loro cuori su binari circolari / con la pretesa che gli indovinelli dentro le loro torri mascherate / non vengano mai risolti e non provochino larghe crepe...» La mia traduzione è molto libera, soprattutto negli ultimi due versi: quelle “masquerade towers” e quel verso, “to riddle”, “parlare per enigmi, per indovinelli”, mi rimandano direttamente al mito di Edipo, alla Sfinge, al non voler sapere, al non voler chiedere e non voler guardare dentro di sè, al voler vivere con gli occhi chiusi e le orecchie tappate: preludio di un’immane catastrofe. Non so di preciso cosa ci sia dietro a quest’immagine, ed oggi è facile pensare ad altre Torri, ma “masquerade towers” mi evoca anche l’immagine dell’assedio alle mura, oppure quella dei carri di Carnevale (il Carnevale è evocato in un’altra canzone dell’album, “Carnival song”).
Gli ultimi due versi sono quelli che danno il ritmo, e il titolo, della canzone: un vero e proprio poema, almeno nelle dimensioni, un saluto a qualcosa che se ne va, un benvenuto a qualcosa che viene. In questa prima strofa, si prende congedo dal Ferro, e si saluta cordialmente l’Aria: da qualcosa di pesante a qualcosa di impalpabile, da qualcosa che è certamente utile a qualcosa che ci è indispensabile per respirare.
Ma qui mi fermo, l’impresa è titanica e ne rimando la conclusione a un altro post. Per oggi metto le due strofe seguenti, senza tradurle; e torno ad ascoltare la voce chiara e forte del diciottenne Tim Buckley.
O the new children dance ------ I am young
All around the balloons ------ I will live
Swaying by chance ------ I am strong
To the breeze from the moon ------ I can give
Painting the sky ------ You the strange
With the colors of sun ------ Seed of day
Freely they fly ------ Feel the change
As all become one ------ Know the Way
The velocity addicts explode on the highways
Ignoring the journey and moving so fast
Their nerves fall apart and they gasp but can't breathe
They run from the cops of the skeleton past
Petrified by tradition in a nightmare they stagger
Into nowhere at all and they look up aghast
And I wave goodbye to speed
And smile hello to a rose (...)
23 commenti:
Ah, bene, vedo che è finalmente possibile commentare! E che hai anche un altro blog... più tardi ci faccio un salto.
Non ho mai ascoltato nulla dei Buckley, né del padre Tim e né del figlio Jeff. Comunque complimenti per la tua analisi, di solito non sono interessato ai versi delle canzoni.
I versi delle canzoni sono spesso importanti, i più famosi sono quelli di Dylan (soprattutto il primo Dylan), ma cose belle o divertenti ce ne sono tante.
Qui c'è questo verso che mi risuona dentro sempre più spesso: "afraid of the tax" è una fotografia della nostra politica di oggi.
Anche Jeff ha dei bei testi, ma Tim Buckley aveva come compagno di scuola (e di passeggiate sulle spiagge della California) questo Larry Beckett che ha scritto cose davvero notevoli.
Come sai io sono una grande ammiratrice di Jeff Buckley, di cui apprezzo massimamente la voce ineguagliabile, unica nel suo genere. Il padre Tim lo conosco poco, mai sentita nominare questa canzone dal testo davvero fulminante; sono andata a cercarla sul web ed ho potuto apprezzare una voce diversissima da quella di Jeff, forte e sonora, quasi troppo "asulta" per un ragazzo di -allora- 18 anni. Mi sta interessando, vorrei saperne di più...
Ermione, se mai un giorno ti vengo a trovare qualcosa ti porto... "Goodbye and Hello" è ancora molto bello, ancora oggi.
Uno dei più belli è il doppio cd live "Dream letter" (Dream letter è una canzone dedicata al figlio appena nato, Tim fu un padre-bambino, si separò presto dalla prima moglie e Jeff disse di avere solo un vago ricordo di suo padre, un incontro quando lui aveva circa otto anni)
hello Giuliano!
bonjour sabrinà! qui avè fat l'espion?? ki xe stà xe stà, son contento di trovarti.
:-)
La rete è piccola, Giuliano,
e la gente mormora...
H.
Bonjour, Habanera! Sono contento di ritrovarti. Non so ancora se andrò avanti, però con il sistema-blog posso mettere in ordine un po' di cose che ho qui in disordine da tanti anni, e magari farle leggere a qualcuno: l'ho sempre fatto, con amici e parenti e colleghi, e mi piaceva quando trovavo qualcuno che si interessava (non a me, alle cose che leggevo e ascoltavo). E' l'unico motivo per cui sono qui...
Ma grazie per il buon lavoro sul testo delle canzoni, così posso godermi le parole (so poco inglese) oltre che la musica :)
(Lo sai che ho un amico musicista che ha scritto -mi pare- un saggio su Tim Buckley?)
Ange, magari l'ho anche letto... ma il nome dell'autore non me lo ricordo.
Purtroppo il mio inglese è molto precario, mi arrangio. La traduzione che ho fatto è molto libera, non so se andrò avanti perché è un testo molto difficile con parole poco usate (gran sfogliare di dizionario!). Però ci sono tanti versi, di Tim Buckley, di Dylan e di altri, che mi girano per la testa, vedremo.
ci sono arrivata attraverso akatalepsia, spionaggio personale!
Siamo in tanti a leggere Clelia!
ciao Sabrina
My favourite lyrics off "Goodbye And Hello" are actually those to "Pleasant Street" - harsh but touché … Hey and if you like early / young Tim Buckley, you might want to check this one out … will be posting more on Tim later … feel free to join the Fb fan fun to stay up to date … Snap
I'll be recommending more on my own blog later, e.g. about a recent Jeff document … but one thing about Tim & Jeff … to me, the legacy of Jeff is rather onedimensional … who knows what might have been, but it was just a start. And imho, the "G&H" lp ('67) is the same … it's 'early work'. To me Tim didn't really come into his own until the next album, viz. from "Happy Sad" onwards, with soon after other standout albums such as "Blue Afternoon", "Lorca", "Starsailor" and "Greetings from LA" … Jeff never got to reach the same kinds of 'mature jazz' levels. If you're just starting out, I recommend discovering Tim via "Happy Sad" or the fantastic "Dream Letter" concert registration … enjoy!
I can tell you the right moment of my first approach with Tim Buckley: 1975, the 4th of december. The lp was "Lorca", bought in Como (in the 70s was possible...)
I have all Tim Buckley's cd and lp, and I've seen Jeff for a few moments in Milan.
I've started this "translations" but it is very difficult to continue... (as you can see, my english is "traballante"...)
:-)
Guessed as much … my comment was perhaps more aimed at Mr. Ermione (who's got a nice blog too) … scusami for any misunderstanding …
Ermione, where art thou? A nice blog too...
:-)
Hi [uzine]
I'm not a MR, but a blond italian WOMAN.
Good for you! And blonde too, it just gets better and better! Strange picture you're using, though. Ciao beyonda!
"Tu sei tutto, bionda! Ma lo sai che sei tutto? You are everything, everything! Tu sei la prima donna del primo giorno della creazione, sei la madre, la sorella, l'amante, l'amica, l'angelo, il diavolo, la terra, la casa..."
Strange picture? Ma se è il mio attore preferito, il grande Jean Louis Trintignant!
as promised: http://uzine.posterous.com/buckley-and-buckley
Thank you! Have you seen Larry Beckett on timbuckley.net?
"There are still hours and hours of unrealeased Buckley stuff, which is first rare quality..."
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