venerdì 22 giugno 2012

It's my life

«It’s my life, and I do what I want
It’s my mind, and I think what I want...»
Il mondo che ho trovato era così, come lo cantavano Eric Burdon e il suo gruppo, The Animals. Io ero un bambino, quando uscì questa canzone, e quindi escludo che si possa parlare di nostalgia, non per me quanto meno. Per me, e per quelli della mia età, appartevano al passato non solo Eric Burdon ma anche i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, Janis Joplin. Jimi Hendrix morì nel 1970, io stavo per compiere dodici anni.
Però quel mondo, quel modo di pensare, è durato molto tempo; e non c’è da stupirsi, da che mondo è mondo i giovani hanno sempre sognato la libertà, quella personale intendo: poter viaggiare, poter vivere la loro vita, fare ciò che era giusto. Anche una certa dose di egoismo e di narcisismo (“è la mia vita, ne faccio quello che voglio”) è concessa, specialmente a diciott’anni.
Ancora negli anni ’80, all’inizio degli anni ’80, erano molti i ragazzi e le ragazze che prendevano e andavano. Era una cosa normale: si riempiva lo zaino, una rapida occhiata all’orario dei treni, e col primo treno si andava. Venezia, Londra, Amsterdam, dove ti pare. Vi sembra impossibile, strano, anormale? Significa che siete vecchi dentro, e forse è tardi per rimediare.
Oggi il mondo è diverso, ma è diverso solo da qualche anno, non da un’eternità. Oggi il viaggio si prenota, e si pretendono tutte le comodità: si prenota con giorni e magari con mesi di anticipo, anche per andare da qui a lì devi avere la tesserina, essere fidelizzato, avere il numerino della coda. Oggi se vai in giro così, come si è sempre fatto, va a finire che ti arrestano, per non dir di peggio (il peggio è già successo, purtroppo, e più di una volta).  Io ho perfino smesso di andare al cinema: ho smesso quando, con la sala vuota, due spettatori come me mi hanno fatto alzare per andare a raggiungere il loro posto, quello corrispondente al numerino che avevano in mano. Non credevo ai miei occhi, ma mi sono alzato e li ho fatti passare: il film stava per cominciare, la sala era già mezza buia e quasi vuota, che importanza aveva quel numerino?
Un’altra canzone famosa degli Animals, un enorme successo, è stata “House of the rising sun”. Ne ho ascoltata di recente una versione disco, molto sdolcinata, e mi sono chiesto se c’era almeno qualcuno che sapeva l’inglese, se lo insegnavano ancora nelle scuole: il testo di quella canzone è terribile, come si fa a cantarla come se fosse la sigla di Candy Candy? Eppure così succede; negli anni ’60 era perdonabile che non si capisse cosa cantavano gli inglesi e gli americani, oggi mi sembra strano. La voce di Eric Burdon, forte e arrabbiata, gli rendeva piena giustizia; l’arrangiamento degli Animals era in chiave rock, e quindi commerciale, ma dava ancora il senso della tragedia raccontata nel testo, che è un testo di denuncia sociale.
Riascoltando “It’s my life”, e ripensando a quella versione disco-idiota di “House of the rising sun” mi sono venute molte domande, quelle che ho trascritto qui sopra e molte altre che provo a riassumere. Cos’è cambiato, nel frattempo? Cos’è successo, a questo mondo libero? Come è possibile che sia arrivata questa ondata di giovani sempre pronti ad abbassare la testa, ben felici di infilarsi nelle forche caudine, sempre pronti a dire “eh, è il regolamento”...Già, ma chi lo ha fatto quel regolamento? Un regolamento ferroviario non è la Costituzione, non è il Vangelo, dietro un regolamento postale o ferroviario c’è quasi sempre un burocrate ottuso e invadente. Ma ormai vale la regola del mai fermarsi a pensare, e del mai contestare; questi sono nati servi, già pronti ad ubbidire. Sia ben chiaro, non c’è niente di male a fare il servitore, il cameriere, il maggiordomo, l’addetto alle pulizie, lo stalliere: l’importante è la nostra dignità personale, l’importante sono le tutele sanitarie, la paga, i riposi, le ore di lavoro. L’altro giorno, ripensando di “L’invasione degli ultracorpi”, mi è venuto da dire che una prima generazione (quella cresciuta negli anni ’80) è stata rincoglionita dalle tv commerciali e dai cartoons di Bonolis, un’altra generazione (quella cresciuta negli anni ’90) è stata rovinata dai videogames e dai telefonini, e oggi...Un’analisi molto rozza, ne convengo, ma guardandosi in giro, semplicemente fotografando la realtà, viene da pensare che sia davvero così. Una generazione così servile e conformista credo che non si sia mai vista, non in tempi moderni; la paura è che per contrappasso ne nasca, di seguito, qualcosa di molto pericoloso e di violento.
Ma qui mi fermo, non posso pensare sempre a queste cose e mi consolo come posso: oggi lo faccio con la voce di Eric Burdon, vocalist di grande forza e potenza, se si vuole un po’ brutale, ma vuoi mettere? Non è la mia generazione, lo ripeto, e non ho nostalgie da hippy, io sono sempre stato un tipo tranquillo, perfino noioso, sedentario. Non ho mai fumato nemmeno una sigaretta, per dire, e anche con vino e birra ci sono sempre andato piano (credo di non essermi mai ubriacato, anche perché se bevo troppo io dormo), e quindi non ho nostalgie personali verso quegli anni, io nel 1964 facevo sì e no le elementari. Ma, santo Cielo, qui si accetta tutto supinamente...che generazione è, quella che accetta tutto “perché lo dice il regolamento”? Ma chi li ha scritti, quei regolamenti?
(le immagini: il disco colorato viene qui dai miei scaffali; l'altra copertina l'ho presa da wikipedia in inglese)

2 commenti:

Grazia ha detto...

Grazie, grazie, grazie!
Non si potrebbe dire di più o meglio.

Giuliano ha detto...

spero che chi passa di qui lo legga nella chiave giusta, non voglio offendere nessuno ma solo porre la questione.
La prima cosa da fare è buttar giù tutti i muri e tutte le barriere, e a me personalmente piacerebbe molto rivedere i ragazzi e le ragazze bivaccare nelle piazze di Roma, di Venezia, ovviamente nel rispetto delle norme del buon senso.