martedì 5 giugno 2012

Pubblicità 26

Nei giorni peggiori del terremoto in Emilia, preoccupato e spaventato, mi sono collegato al sito di uno dei principali quotidiani italiani in cerca di notizie, e vi ho trovato invece la pubblicità di un caffè.
Inutile cercare di spostarsi col mouse, di leggere dietro lo spot, niente, impossibile: c’era solo e soltanto lo spot del caffè. Che fare? Ho cambiato sito, mi sono segnato la marca di quel caffè (non lo comprerò mai più), e mi sono ripromesso di scriverne qualcosa appena possibile, più che altro come sfogo perché ormai so che anche davanti alle cose peggiori nessuno protesta, figuriamoci davanti a questa.
Ormai è prassi consolidata: se leggete su un quotidiano on line la notizia di una strage, di una catastrofe, di un omicidio, di una violenza carnale, state sicuri che se fate clic parte una pubblicità. “Lo spot terminerà entro dieci secondi” avverte una didascalia, e io rispondo: “Prenditi pure tutto il tempo che vuoi, fai pure con calma”; e intanto prendo nota, ho già una mia lista di proscrizione piuttosto lunga e ho anche buona memoria. Questi prodotti non li comprerò più.
Non vorrei usare la parola “sciacallaggio” in casi come questi, ma certo è la prima parola che mi viene in proposito. Direi che non siamo molto lontani dalla realtà: associare il proprio nome a una strage, a una violenza, a una catastrofe, secondo me è controproducente – ma ai pubblicitari, ai maestri della comunicazione, è stato insegnato che l’unica cosa che conta è l’audience; e dunque il terremoto fa audience, vero? Una violenza carnale fa audience, vero? E allora, mettiamoci caffè, merendine e salamini, e immagini di mamme giovani e sorridenti. Un incidente catastrofico in autostrada? E’ l’occasione giusta per un megaspot di un’automobile, magari identica a quella che ha causato l’incidente...

Però non voglio essere troppo negativo, non in questi giorni, e allora provo ad aggiungere qualcosa che somiglia a una comica finale dei bei tempi andati. Un mese fa ho fatto delle ricerche su http://www.imdb.com/  , un database straordinario dedicato al cinema. Giusto qualche curiosità, ho anche un sito dedicato al cinema, consulto spesso IMDB. Poi ho notato che su alcuni siti che non avevano nessuna affinità con il cinema, uno dedicato al calcio e il portale di una compagnia telefonica presso la quale ho una vecchia mail che uso pochissimo, cominciavano a spuntare inviti a comperare dei dvd: esattamente quei titoli che avevo cercato, facilmente riconoscibili nella loro sequenza precisa. Mi sono chiesto: ma come si fa a essere così coglioni? Io non spenderei mai un centesimo per quei film, e sul mio blog di cinema ne ho scritto malissimo; però ero curioso di sapere in che anno erano stati realizzati, stavo solo facendo una ricerca per una curiosità molto superficiale, e adesso mi trovo evidenziati e prezzati proprio quei film per cui non spenderei mai e poi mai un centesimo. Insomma: mi spiano, ma sono coglioni. Idem quando pubblico un post, lo pubblico e mi trovo proposte pubblicitarie su una parola presa da quel post: ovviamente non è un caso, siamo proprio spiati. La cosa mi fa paura per due motivi: perchè sono spiato, e perché sono spiato da dei coglioni. E’ vero che io ho dedicato un post a quel soggetto, ma ne parlavo malissimo. Un giorno, per queste cose, potrei vedermi piombare qualcuno in casa: è già successo ad altre persone. A questi “spioni computerizzati” poco importa, per esempio, se io scrivo che detesto la pedofilia, “detesto” sparisce e rimane invece la parola che dà il nome a ciò che detesto. Pochi anni fa, alcuni ragazzi americani rischiarono l’arresto perché si erano scambiati via sms un verso di una canzone famosa; erano in aeroporto, e nella canzone c’era la parola “bombe”. Che dire, avevo amici appassionati d’opera che per le feste si dicevano “a te la malapasqua” (dalla Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni): stavano scherzando, ma forse oggi conviene sorvolare anche su queste cose.

Già che ci siamo, consiglierei di fare attenzione anche gli acquisti al supermarket: ogni cosa viene registrata, e lo sarà ancora di più se non pagate in contanti. Per ipotesi, potrei vedermi negare un’assicurazione perché nel 1997 ho comperato una bottiglia di cognac, e poco vale dire “sì, ma la uso per cucinare” . Per adesso è vietato, ma i dati sono lì e non credo proprio che siano stati cancellati, qualcuno ha messo da parte la lista con tutti i nostri acquisti, e aspetta solo il governo amico che dia l’autorizzazione (arriverà, come è già successo con i nostri numeri di telefono).
La cosa più grave di tutte è che ho provato a parlarne in giro, non gliene frega niente a nessuno. Anzi, molti già pensano che sia figo (molto figo, very very cool) andare in giro con un chip tatuato sulla pelle: con tutti i nostri dati, sempre controllabili, peggio ancora che in “1984” di George Orwell.

PS: sono riuscito a far finire la storia del “pedinamento filmico”. Volete sapere come ho fatto? Sono andato su IMDB e ho fatto clic 40 volte su tutti i Fratelli Marx, e su “Duck soup” (La guerra lampo dei fratelli Marx), che in dvd è fuori catalogo da tempo immemorabile (vergogna!). Poi ho ripetuto l’operazione con alcuni titoli importanti del cinema muto, per esempio quelli di Fritz Lang, cliccando ostentatamente sui nomi degli attori più sconosciuti. Il risultato è stato ottimo, adesso posso occuparmi del calciomercato senza nessuno che mi proponga cose da comperare: un mio grande successo, dunque: ma durerà?

3 commenti:

Grazia ha detto...

Tutto vero e condivisibile quello che dici.Dall'invadenza delle pubblicità soprattutto su Repubblica online, al sentirsi spiati e sotto controllo.Lo vedo anche nel mio account gmail, dove scorrono publicità legate a una o più parole di quelle che, in quel momento, sto scrivendo.Non c'è rimedio, credo,perchè anche smettere di usare internet (e,comunque, io non ci riuscirei) ci salverebbe.Non resta che escogitare degli stratagemmi o degli antidoti, come quelli che hai trovato tu.

Giuliano ha detto...

mi chiedo sempre più spesso che cosa passi nella testa dei pubblicitari. Come si fa ad associare il nome di un prodotto a uno stupro, a una strage, a una catastrofe? Per fortuna di chi produce quel prodotto, ce ne dimentichiamo subito: ma pensa se dovesse succedere il contrario, uno pensa a una marca di dentifricio e ne associa l'idea, che so, ad una discarica di rifiuti a cielo aperto.
Mah!
Sulla privacy, invece, la questione è terrificante ma io ho perfino paura a parlarne in giro: tutti mi dicono che è per i ladri, ma io penso invece che i ladri siano solo un pretesto.

Giuliano ha detto...

Aggiornamento al giugno 2015: scatta la nuova normativa sui cookies, chi mette cookies deve avvisare. In sostanza, è come prima solo che adesso ti avvisano; l'applicazione è discutibile (io non ho mai messo cookies, è Blogger che li mette...) ma il principio non è sbagliato, avvertire anche chi dorme (sono tanti, tantissimi).
Però non mi è piaciuto il modo con cui è stata comunicata la cosa: tutti, ma proprio tutti, hanno detto e scritto che i cookies "sono utili per darti un servizio migliore". No, questa è una fesseria e anche una balla colossale.
Mi spiego: l'altro giorno ho cercato on line il titolo di un film perché non mi ricordavo bene che cos'era; ho scoperto che era una fetecchia e quindi ho lasciato perdere. Ma qualcuno di sicuro ha messo il cookie, e adesso magari cercheranno di vendermi il dvd di quella fetecchia che a me non interessa; tra dieci o vent'anni quel cookie messo da un idiota sarà ancora lì, io non ci sarò più e non potrò più nemmeno difendermi, ma il cookie implacabile rimarrà.
Altro esempio: ho fatto clic su un sito di calcio per una notizia sulla Juve, ma il sito ha fatto un soprassalto (stavano finendo di caricare un banner) proprio mentre cliccavo e così mi sono trovato davanti una notizia sull'inter, squadra che non me ne può fregare di meno. Ma di sicuro c'era sotto un cookie, e ormai sono schedato ab aeterno con la squadra sbagliata.
Che fare? Dai cretini non c'è difesa, e i cookies sono una cosa molto rozza e molto cretina. Come tutto ciò che arriva dal mondo dei "creativi" pubblicitari, del resto. (Va bene, "quasi" tutto...)