sabato 16 ottobre 2010

Il caso CISL

Quando si gira per ore intorno all’essenziale, ma guardandosi bene dal nominarlo, vuol dire che c’è sotto qualcosa di grosso. Il “rimosso”: così lo chiamava Freud: che insegnava a tirarlo fuori, a portarlo alla luce. Alle volte, la “materia oscura” è cosa da poco, altre volte è qualcosa di davvero spaventoso: dipende.
Ma qui non sto facendo psicoanalisi, sto parlando dei dibattiti sulla CISL e la UIL che firmano “accordi separati”, cioè senza consultare il sindacato più grosso, direttamente con i padroni del vapore. Sto parlando, per esempio, della Fiat e di Pomigliano d’Arco: le cronache di questi accordi separati hanno riempito le pagine dei giornali, internet, e i palinsesti tv. Se ne parla molto, ma mai che salti fuori la parola giusta: che è Povertà.
Con quegli accordi, con i nuovi contratti di lavoro, con il precariato, gli operai e i lavoratori dipendenti (ma anche molti piccoli industriali e liberi professionisti) sono diventati più poveri. Poveri, come gli extracomunitari e come gli zingari: ci vuol tanto a dirlo?
Ebbene sì, dirlo costa fatica e sofferenza: ma converrebbe parlar chiaro, perché ormai ci siamo. Quando saranno finiti i risparmi (cioè i pochi e benedetti soldi conquistati con lo Statuto dei Lavoratori), saremo tutti in povertà: vestiti come gli extracomunitari, come le badanti, indistinguibili da loro.

L’altra sera li ascoltavo e li guardavo in tv, gli ineffabili: come il buon Formigoni, che inneggia alla signora di Faenza che da operaia si è riciclata assistente per anziani in una casa di riposo, dieci ore filate di turno di notte. “E’ così che bisogna fare!” gioisce il sorridente governatore della Lombardia, cristiano cattolico, seguace di CL e di don Giussani. Cioè: non bisogna stare con le mani in mano, bisogna prendere atto dei cambiamenti, darsi da fare. E sono ragionamenti giusti, non è che si debba voltare lo sguardo altrove, o mettersi a sognare un mondo che non c’è più: ma io aggiungo, non è che poi si debba anche essere contenti.
Contento di un contratto come quello di Pomigliano? Contento di non aver più tempo per la famiglia, di fare un lavoro alienante, di essere pagato poco e senza certezze per il futuro?
Basterebbe, per fare accettare queste cose, aggiungere un “purtroppo”: e smettere di ridere mentre se ne parla, perché la situazione è seria, serissima; anzi, per molti è già tragica. Basterebbe, per fare accettare queste cose, vedere politici e industriali mandare i loro figli, anche le femmine, a lavorare in uno di quei posti, con quelle paghe e con quegli orari.
Mi stai dicendo che è una cosa accettabile, che si può fare? Ok, mandaci tua moglie, tua figlia, tua sorella, la tua segretaria particolare. Mi stai dicendo che è giusto per i nostri figli e fratelli stare in assetto di guerra in Afghanistan, a rischiare la vita ad ogni momento? Ok, che ci vadano (volontari, non imboscati ma a fare i pattugliamenti strada per strada) anche Renzo Bossi e Luigi Berlusconi, due baldi ventenni. Anche Ignazio La Russa, ministro della Difesa, ha dei figli: di sicuro mi ricordo un maschio, anche lui ventenne, ma in Afghanistan e a Pomigliano accettano anche le donne, che ce le mandi, e in prima linea mi raccomando. L’unico ad averci provato, per vedere cosa significa, è stato Giovanni Agnelli jr: che lavorò alla catena di montaggio per alcune settimane, in incognito. Purtroppo per noi, Giovannino Agnelli morì giovanissimo, a poco più di trent’anni, prima delle leggi sui precari: non sapremo mai se sarebbe cambiato qualcosa a partire dalla sua esperienza.
In compenso, sarebbe bello sapere dai Marchionne, dalle Marcegaglia, dai Montezemolo, dai Maroni, dai Berlusconi, dai Mieli, dai Bossi, dai Calderoli (che lista lunga!) ma anche dal Papa e dai suoi vescovi e cardinali, come si applica il loro leggendario rispetto per la famiglia (“la famiglia è sacra!”) con quegli orari e con quei turni, e se sarebbero contenti di vedere i loro figli e nipoti in quei posti, con quegli orari e con quelle paghe. In quei posti, a lavorare duro, e sempre più poveri. Prepariamoci, perché ormai ci siamo; dopo vent’anni di destra (e di Lega) al governo, l’Italia si sta risvegliando: in povertà. Non sarà un bel risveglio.

4 commenti:

franz ha detto...

un tempo i generali marciavano in testa agli eserciti, un tempo si offrivano i propri figli in sacrificio agli dei e alla patria.
ma questi sono tempi furbi.

Giuliano ha detto...

è facile esser furbi, di questi tempi: vedrai che se si rivota in Piemonte la Lega prenderà il 65-70%, premiare chi fa il furbo è ormai automatico. (idem in Lombardia: mi tocca fare il tifo per Formigoni, pensa che roba)

jeff ha detto...

Chiedo scusa per l'OT: ho visto che hai chiuso l'altro tuo blog, vorrei sapere cosa devo fare per essere invitato. Davvero non voglio perdermi i tuoi post su Tarkovskij e un certo grande cinema di cui parli. Li ho sempre apprezzati molto anche se non sono mai intervenuto con un commento. Se non fosse possibile continuare a leggerli, cercherò di adeguarmi.

Grazie.

Giuliano ha detto...

mandami una mail all'indirizzo che trovi sul mio profilo blogger