venerdì 25 febbraio 2011

Pubblicità 9

Da quando ha cominciato a fare pubblicità in tv, il concentrato di pomodoro Xxxxx è diventato meno buono: la pubblicità in tv costa moltissimo, non si possono alzare i prezzi più di quel tanto, da qualche parte bisogna pur risparmiare – e allora si risparmia sulla qualità, tanto chi vuoi che se ne accorga. In pubblicità si ragiona così: conta il marchio, il consumatore va fidelizzato, si compera il nome del prodotto, non il prodotto. Magari funziona con l’abbigliamento, con gli alimentari proprio no.
Io li comperavo sempre, la salsa Xxxxx e il concentrato di pomodoro Xxxxx, quando erano un piccolo marchio sconosciuto ai più; mia mamma è molto esigente ma si trovava bene. Poi, non so cosa sia successo, se il marchio Xxxxx sia stato comperato da qualche multinazionale, o se semplicemente c’è stato un cambio in famiglia, da padre a figlio, chissà. Sta di fatto che la salsa Xxxxx non è più buona come prima, e noi abbiamo cambiato marca. Anche un mio parente, qualche settimana fa, senza volerlo me ne ha parlato: «Ho comperato la salsa Xxxxx, ma non era mica buona». E così, da quella considerazione, è nata una piccola chiacchierata sui marchi e sui prodotti di marca.

Una volta c’erano slogan famosi: «Galbani vuol dire fiducia», «Su De Rica non si può (sottinteso: non si può scherzare)», eccetera: ma la Galbani era del signor Galbani, la Molteni era del signor Molteni, la Buitoni del signor Buitoni, la Ariston del signor Ariston, la Fiat del signor Fiat, la Ignis del signor Ignis, la Ford e la Chrysler erano americane, la Rolls Royce e la Mini Minor erano inglesi, la Grundig e la Deutsche Grammophon erano tedesche, e via elencando.
Ma, oggi, di chi è la Galbani? Di chi è la Chrysler? Dove le fanno le Fiat, le Ariston, le scarpe, i mobili? Quand’ero piccolo, qui c’era la tradizione dei biscotti Lazzaroni: li facevano a Saronno (provincia di Varese) da cent’anni, dall’Ottocento, forse da sempre, ed erano buonissimi. Oggi li compero ancora, sono ancora abbastanza buoni, in qualche negozio li trovate, ma li fanno in Abruzzo e sono diventati uno dei tanti marchi di non so più quale grande biscottificio. Anche la pasta, gli spaghetti, anche il latte: provate un po’ a fare caso a dove li producono, sui pacchetti è indicato lo stabilimento di provenienza e quasi mai corrispondono alla sede “storica” di quel marchio.

Altri marchi storici su cui ragionare: Rizzoli, Einaudi, Mondadori, Bompiani, Longanesi, la rivista Linus...Non sono “marchi” né “logo”, sono cognomi di persone realmente esistite, e che non sono più tra di noi da molto tempo. Il fondatore di Linus, Giovanni Gandini, non c’è più; non c’è più nemmeno Oreste del Buono, che ne ha continuato l’opera; e non c’è più Schulz, non c’è più Crepax... Insomma, il “Linus” che vedete oggi nelle edicole è solo un giornale che ha rilevato la testata (il marchio, il logo) di un altro che c’era prima, ma che con quel giornale non ha niente in comune. E al cinema e nella musica: la Medusa, la MGM, Paramount, Columbia e CBS, Decca e Deutsche Grammophon, tutti marchi storici e in passato prestigiosi, ma passati di mano più e più volte. I fondatori non ci sono più, hanno chiuso o hanno venduto da tempo; e anche quando la famiglia ha mantenuto la proprietà non sempre gli eredi diretti sono stati all’altezza. Di chi fidarsi? Io faccio così: i marchi storici li metto alla pari con quelli nuovi, nel senso che prima bisogna sempre assaggiare, sfogliare, toccare, collaudare.
Non mi fido più di nessuno, a scatola chiusa non compero niente, e soprattutto mi rifiuto di essere “fidelizzato”: vado e vengo come mi pare e come meglio credo, se volete che io continui a comperare i vostri prodotti fate in modo che la qualità rimanga alta, così come facevano i nostri vecchi, e magari – se dovete risparmiare e ottimizzate – tagliate le spese della pubblicità, invece di delocalizzare e di precarizzare i dipendenti (i dipendenti sono quelli che fanno il prodotto, se li precarizzate non avrete mai manodopera competente in materia).

Di recente ho visto campagne pubblicitarie imponenti a favore dei marchi storici, dello “scegliete i ricambi di fiducia”, ma non mi fido più: sarebbe bello se fosse vero, ma ho preso troppe fregature. Fino a qualche anno fa mi sarei fidato, oggi i marchi storici – per me – sono solo dei bei ricordi del passato.

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