lunedì 24 dicembre 2012

Tablet

Scrivere non era qualificante, nell'India antica, anzi, era considerato un mezzo di comunicazione di serie B, o peggio ancora, rispetto al mezzo principe: la trasmissione orale. E più un testo valeva, per sacralità o prestigio, più scriverlo - almeno fino a una certa epoca - anziché mandarlo (e farlo imparare) a memoria appariva un espediente grossolano e degradante. E poi in India il cambiamento non era di moda: orali o (più raramente) scritti, almeno esternamente i testi tendevano a ribadire la tradizione. Ne deriva che, fra i vari mezzi di controllo e repressione escogitati con grande fantasia nei regni e imperi indiani classici, la censura non avesse troppe ragioni d'essere; certo non era sensato, né salutare, inveire pubblicamente o chiacchierare segretamente contro il re. Anche perché spie e delatori, diversamente dai poco utili censori, abbondavano. (...)
(Giuliano Boccali, da www.golemindispensabile.it)
Giuliano Boccali, professore di indologia e di lingua e letteratura sanscrita all’Università degli studi di Milano, in questo articolo stava iniziando un discorso sul sistema delle caste; in seguito questi articoli sono stati pubblicati in volume, e sono tutti da leggere.

Fatta questa premessa, più che necessaria, l’argomento che mi interessa oggi è proprio quello della memoria, e della trasmissione orale della nostra cultura. A me è capitato di osservare questo: che fino a una decina d’anni sapevo a memoria e senza il minimo problema almeno dieci numeri di telefono, quelli più usati; e impararne uno nuovo non mi costava nessuna fatica. Oggi non ci riesco più, ricordo a malapena il mio telefonino. I numeri sono tutti sulla memoria della sim card, a che mi serve impararli a memoria?
Un’altra osservazione: trent’anni fa esistevano già le calcolatrici tascabili, ma io lavoravo in cucina colori in una stamperia di tessuti, e chi conosce questi posti sa che sporcarsi le mani è molto facile, ci sono momenti in cui qualsiasi cosa si tocchi si rischia di rovinarla per sempre. Di conseguenza, era molto più comodo fare i calcoli a memoria, al volo: percentuali, adattamenti di ricette, anche operazioni complesse. Riuscirci era facile, facilissimo; invece ieri mi sono trovato in difficoltà nel calcolare quante ore sono 311 minuti, vale a dire una divisione molto semplice. Anche del mio periodo da esercente ho un bel ricordo, da questo punto di vista: nessun problema con calcoli e somme, con il resto da rendere al cliente, tutto a memoria e molto velocemente.
Oggi sono ancora abbastanza giovane e non ho nessun problema a ricordare, ma mi trovo molto appesantito e imbranato: è il risultato di dieci o dodici anni passati a evitare di usare ed esercitare la memoria. Pigrizia, insomma: se voglio telefonare a mio fratello è molto più comodo digitare la prima lettera del suo nome, il numero di telefono apparirà immediatamente.

Qui ricordo cosa scrive Boccali, nel brano che ho riportato all’inizio: “Scrivere non era qualificante, (...) anzi, era considerato un mezzo di comunicazione di serie B, o peggio ancora, rispetto al mezzo principe: la trasmissione orale. E più un testo valeva, per sacralità o prestigio, più scriverlo - almeno fino a una certa epoca - anziché mandarlo (e farlo imparare) a memoria appariva un espediente grossolano e degradante (...)” Questa pigrizia, questo nostro diventare sempre più grossolani e faciloni nel ricordare, passa anche attraverso l’uso del tablet, della scrittura elettronica. Lo so che è antipatico da dire, ma scrivere a mano aiuta molto la comprensione di un testo e la sua memorizzazione. Aiuta molto anche NON usare il correttore di testi automatico, io non uso mai nemmeno il dizionario (a meno che non sia quello d’inglese o di tedesco), e vorrei tanto riuscire a ricordare a memoria intere pagine o interi poemi, ma su queste cose mi sono accorto da subito, fin dal tempo della scuola, di non essere particolarmente portato. A pensarci bene, un po’ mi dispiace anche di essere nato nell’epoca dei dischi e delle registrazioni sonore: forse nell’800 avrei imparato a suonare uno strumento, magari non benissimo, invece di star qui ad ascoltare dischi, cd, mp3. Vuoi mettere, saper suonare la chitarra, il flauto, la fisarmonica, il sax, il piano? Avevo iniziato a farlo, ed ero anche arrivato a un buon punto, ma poi la pigrizia – ancora la pigrizia – la comodità di mettere su un disco o di aprire un lettore mp3, vuoi mettere?
Ci si ritrova un po’ rincoglioniti, e chiedo scusa per il termine, alla fine di questo lungo percorso di scrittura elettronica, di calcolo elettronico, di musica registrata da ascoltare. L’Iliade e l’Odissea, la Bibbia e il Mahabharata, vale la pena di ricordarlo, sono arrivati a noi con la trasmissione orale: a memoria, intatti, trasmessi da persona a persona. By heart, come dicono gli inglesi: la traduzione letterale è “col cuore”, ma il significato è proprio quello che si diceva all’inizio: “a memoria”.

Un altro fatto sensazionale, e a suo modo erotico, della mia prima infanzia fu l'apprendimento di una poesia intitolata Il faro. La studiava mia sorella Mary, la imparai io con preoccupante facilità, assaporando il gusto sottilmente malato che promana dall'incongruo, dalla clandestinità e - appunto - dalla precocità. Nacque di sicuro da quell'evento il germe della mia successiva impazienza per chi stenti ad apprendere mnemonicamente. Gli attori che non sanno la parte, che non la sanno subito, anzi paradossalmente che non la sanno «già da prima», li ho sempre apparentati a quella mia sorella maggiore, per un verso adorata e stimata, per un altro recisamente esclusa dalla dimensione euclidea, quella dei bambini capaci di incamerare nella memoria qualsiasi parola captata, specie quelle di cui non si comprenda il significato (...)
(Vittorio Gassman, da “Un grande avvenire dietro le spalle”, ed. Longanesi, pag.8)

5 commenti:

Grazia ha detto...

Ormai ci stiamo atrofizzando completamente. Per fortuna almeno le emozioni rimangono intatte.
Buone e serene feste!

Giuliano ha detto...

infatti io mi sono dimenticato di fare gli auguri a mezzo mondo... li faccio qui: BUON NATALE!
(la verità è che non ci sono proprio portato, non ho un carattere da feste...)
Negli anni passati mi è venuto spesso il dubbio che molti auguri mi siano arrivati solo per via del mio numero dimenticato dentro un elenco elettronico e spedito come "auguri a tutto l'elenco" (se si fossero ricordati/e lo avrebbero cancellato)

bibliomatilda ha detto...

Bellissime queste riflessioni sulla memoria, fenomeno, (si può dire così?) che a me appare misterioso e stupefacente. Una delle potenzialità più belle che conserviamo dentro questo nostro piccolo, in confronto a quello che riusciamo a ricordare, cervello. Credo, però, che anch'essa sia selettiva e dipenda da qualcosa che va oltre il cervello stesso (!). Io da bambina imparavo by heart alcune delle poesie che leggevo per puro piacere, non perché gli insegnanti me lo imponessero. Leggendole mi accorgevo di saperle a memoria e, ancora, molte, le ricordo. Così le canzoni.
Insomma, anche se in ritardo, buonissime feste!

Giuliano ha detto...

ancora oggi non so come facciano gli attori, o i cantanti d'opera...non so se hai presente cosa sono i monologhi wagneriani, per esempio: anche venti minuti filati, con parole astruse, nemmeno belle. Eppure, c'è chi ci riesce! (e neanche pochi)
Uno che mi ha impressionato è Matteo Ricci, il gesuita che andò in Cina alla fine del '500 e che praticava la mnemotecnica come Giordano Bruno e Pico della Mirandola: su di lui ci sono i resoconti dei cinesi, i più colti, e sono davvero impressionanti.
Io ho una certa facilità per nomi ed elenchi, sarei stato un buon bibliotecario o archivista, ma più in là non vado.

Giuliano ha detto...

dimenticavo...
:-)
buone feste anche a te!
(ma qui più che dimenticarsi è distarsi)