mercoledì 24 marzo 2010

Blockbuster

“Morte del dvd”, titolano i giornali sempre più spesso; e in questi giorni fa notizia la crisi della catena di negozi della “Blockbuster”: colpa di internet, spiegano i titoli dei tg e dei quotidiani.
Eh già, adesso tutti “scaricano”, si va “in streaming”... Tutti commenti facili facili, e la notizia sembra essere pronta ad essere archiviata e dimenticata: il dvd e il cd come le puntine dei grammofoni, in soffitta e nei negozi degli antiquari.

Però a me sembra che questa notizia meriti molto di più di un breve approfondimento, e che sia tutt’altro che da archiviare. Innanzitutto perché si tratta di migliaia di persone che stanno perdendo il loro posto di lavoro, e su queste cose non è il caso di scherzare: quattromila negozi solo in Usa, dice “La Repubblica” del 21 marzo scorso, e più di cento posti vendita anche in Italia. Per molte famiglie di lavoratori saranno problemi grossi, e a loro va tutta la mia solidarietà.
Provando a dimenticare questo aspetto del problema, cosa non facile, vediamo che cos’è Blockbuster: l’azienda nasce una ventina d’anni fa, con le videocassette. Il cinema da vedere in casa è una novità, e il successo è grande. Anch’io ero curioso, e da appassionato di cinema ho provato subito a “tastare” un negozio di videocassette da noleggiare: e ne sono rimasto molto deluso, perché c’erano solo i film più facili e più commerciali. Più tardi, ho scoperto che erano tutti così: con qualche eccezione nelle grandi città, ma mica potevo andare avanti e indietro da Milano facendo il pendolare con le videoteche più attente... Così, ci ho messo una pietra sopra.
“Blockbuster” è diventato il sinonimo di film di successo, il grande successo commerciale: film che incuriosiscono e che durano – il più delle volte – lo spazio di una serata in compagnia. Penso che pochi abbiano tenuto i “blockbuster” sugli scaffali di casa, e molti di quei film “di grande successo” sono ormai morti e dimenticati, quando li si rivede per caso in tv si fa più caso agli abiti e alle pettinature che a tutto il resto. Per queste cose, per togliersi la curiosità di vedere un film appena uscito e che non sappiamo nemmeno se ci piace, lo “streaming” e lo “scaricare” vanno benissimo, molto meglio delle videocassette e dei dvd: non stupisce che i negozi Blockbuster siano andati in crisi.

Diverso è il discorso per il cinema d’autore, per i film che durano nel tempo e che si ha piacere di rivedere più volte: e che ormai, in dvd, costano poco, più o meno il biglietto del cinema. Con dieci euro, o magari anche meno, da un negozio ben fornito oggi si portano a casa i più grandi capolavori della storia del cinema: e ormai non conviene più il noleggio, oltretutto con la fatica di andare e venire dal negozio, e magari di pagare il posteggio dell’automobile (cosa che dieci anni fa non c’era, si badi bene: i parchimetri sono una novità introdotta dal “federalismo” bossiano, introiti di cui prima delle pensate leghiste i Comuni non avevano bisogno).
E qui si aprirebbe il discorso sull’editoria di qualità, cosa di cui avremmo un gran bisogno e che ancora resiste, ma che è in grave pericolo di estinzione. Il dvd, del quale ammetto di aver molto diffidato all’inizio, si è rivelato un mezzo molto importante e molto bello: quasi tutti i film sono stati restaurati per l’edizione elettronica, sono stati aggiunte sequenze tagliate che non avevamo mai visto, c’è il commento dell’autore (in molti casi, per i film più complessi, fondamentale). Tutte cose che difficilmente avremo ancora, in streaming e “scaricando”.
Ma importa ancora qualcosa a qualcuno, dell’editoria di qualità?

Nessun commento: