Può ripetersi due volte lo stesso avvenimento? I matematici ne parlano spesso, ed essendo abituati (a differenza dei filosofi) a ragionare su fatti e cifre e non su pensieri e illazioni, una risposta tangibile l’hanno data.
La risposta è dunque nei numeri irrazionali, il più famoso dei quali è il pigreco: che si abbrevia in 3,14 ma che ha così tante cifre dopo la virgola che diventa impossibile da calcolare con esattezza. Forse le cifre che vengono dopo 3,14 sono davvero infinite: il che significa che il pi greco non è mai uguale a se stesso.
Il pi greco regola la misura delle circonferenze, che quindi sono per forza di cose approssimate. Dato che costanti "irrazionali" simili al pi greco governano le orbite dei pianeti e il moto delle stelle, ne consegue che la rotazione celeste è solo apparentemente uguale; il che spiega il fatto che le cose non si ripetano sempre esattamente allo stesso modo. Forse, anche nelle nostre vite ci sono dei numeri irrazionali, e forse sono messi lì apposta per non farci tornare indietro a ripetere esattamente le stesse cose. Una minima differenza, quindi, c’è anche nell’eterno ritorno: è forse per questo che talvolta ci sembra di ricordare cose che sono invece nuove, appena successe.
Ma qui mi fermo perché il discorso è complesso, e anch’io mi sto ingarbugliando: non sono un matematico, che tristezza, e non sono nemmeno Italo Calvino o Primo Levi, che ai discorsi scientifici sapevano dare chiarezza.
Provo quindi a completare il ragionamento che ho iniziato riportando qui un frammento da un articolo del matematico Paolo Zellini, che insegna Analisi numerica a Roma Tor Vergata. Chi volesse leggere l’articolo per intero lo può trovare sull’archivio di http://www.repubblica.it/
Il senso del ripetersi degli avvenimenti celesti
COME È NATO L’ETERNO RITORNO
di Paolo Zellini, Repubblica 01.09.2006
(...) Immaginando una corrispondenza tra cielo e terra, tra il moto degli astri e gli avvenimenti a noi più vicini, ci troviamo costretti fare i conti con la fondamentale ambiguità o incertezza dell'attimo. Il sorgere e il tramontare eliaco, la prima apparizione della Luna o di Marte, la congiunzione tra Giove e Saturno, sono infatti definibili soltanto in modo approssimato. Da una descrizione geometrica, da una cosmografia come quella di Keplero, (...) ricaviamo l'impressione che possa trattarsi di avvenimenti esattamente definibili; ma da una descrizione analitica, che operi con formule trigonometriche e tavole numeriche, equazioni e serie infinite, sappiamo che, in generale, valori numerici esatti non esistono e che dobbiamo invece accontentarci di approssimazioni per eccesso o per difetto.
Con i numeri possiamo stare soltanto al di qua o al di là dell'evento, soggetti a un'ambiguità o amphibolia, nel senso dello stare attorno o dell'essere gettati da una parte e dall'altra rispetto a un istante che non riusciamo a definire esattamente. (...)
Ora, da tempi immemorabili, sono proprio gli eventi puntuali del mondo celeste, gli istanti in cui accadono fatti notevoli che riguardano stelle e pianeti, a definire una struttura del tempo in termini di cicli e ricorrenze. E può sembrare che il tempo scandito da continue ripetizioni imponga alla nostra esistenza, più di quanto saremmo disposti ad ammettere, ritmi e cadenza regolari. Anche Plutone, pur declassato ora dalla dignità di un pianeta, è un esempio di questa vita circolare e continua a girare intorno al sole, compiendo la sua rivoluzione in circa 248 anni. Declassato o meno, bisognerà comunque continuare a tenerne conto se vogliamo ritornare all'antica domanda: possono gli eventi di questo mondo ripetersi nello stesso identico modo in cui sono già accaduti? Esiste e che senso ha l'Eterno Ritorno?
La questione potrebbe andare oltre il mero calcolo di tempi, orbite o inclinazioni di pianeti e offrirsi a una cognizione di tipo diverso, pur correndo il rischio - come è stato detto - di assumere i tratti di un “ingannevole e beffardo mistero". Nietzsche avrebbe esteso il senso dell'eterno ritorno ben al di là dell'indicazione positiva di un ripetersi di avvenimenti celesti. «Tutte le cose diritte mentono», si legge nel suo Zarathustra; « Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo.»
Ma, rinunciando al mistero filosofico o poetico, ci si limiti ora a immaginare, nello spirito del più pedante contabile, un Demiurgo che tenti di realizzare un tempo ciclico con la massima precisione possibile. Avremo allora un ritorno all'uguale, nel senso più letterale, solo se una data configurazione di tutti i corpi celesti, fotografata in un certo istante, si ripeterà identica in un istante successivo, non importa quanto lontano nel tempo.
La questione del ritorno all'uguale dipende allora, in modo stringente, dalla questione se i movimenti circolari risultano tra loro commensurabili, o multipli di uno stesso periodo assunto come comune unità di misura. Per questo motivo i filosofi del Medioevo che riflettevano sui concetti di libertà o di giustizia, di ordine o di contingenza, dovevano tener conto dell'idea di incommensurabilità elaborata fin dai tempi dell'Accademia platonica.
Come si sa, i periodi di Giove e di Saturno stanno circa nel rapporto di 2 a 5; ovvero dopo circa 5 rivoluzioni di Giove i due pianeti ritornano quasi nella stessa configurazione iniziale. Ma questo non implica né che i periodi di Giove e Saturno sono commensurabili, né tanto meno che lo sono altri periodi.
Il rapporto 2 a 5 è soltanto un'approssimazione, e soltanto di approssimazioni, in generale, possiamo disporre. In altri termini, un ritorno all'uguale, letteralmente inteso, si rivela impossibile perché si intromettono i numeri irrazionali, che hanno un numero infinito di cifre e non sono rappresentabili con una frazione. (...)
(Paolo Zellini, da La Repubblica 1.9.2006)
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