martedì 5 gennaio 2010

I tre pilastri del liberismo

Un mio amico ha subìto un furto in negozio: gli hanno spaccato la vetrina e hanno preso su quello che hanno potuto, prima di scappare. Per sua fortuna, aveva un sistema di videocamere: adesso sa chi è stato, dal filmato risulta chiaramente che un tizio col passamontagna, di corporatura media, con i guanti, gli ha sfondato la vetrina.
Un altro esempio, stavolta molto piccolo, al limite del “chi se ne frega” ma a suo modo significativo: sto guardando un film in tv, e mi chiedo che cos’è. Adesso, con i nuovi televisori e con il digitale terrestre, non serve nemmeno più alzarsi e andare a prendere il giornale: premo l’apposito tasto sul telecomando, appare il menu, scelgo agevolmente la pagina informativa. Cosa trasmettono adesso? Semplice, trasmettono “Nessun dato”. Che non è il titolo del mio film: è che nessuno ha aggiornato le informazioni.
Eh già, perché quelle informazioni non appaiono in automatico: serve un omino, o una donnina, che li digiti nel database da dove va a pescare il mio telecomando. E l’omino, o la donnina, vanno pagati: e costano, il lavoro costa.
Lo stesso discorso vale per le videocamere di sicurezza. Il senso delle videocamere, l’utilità vera, sarebbe questa: un controllore osserva le videocamere; appena vede qualcosa di brutto informa gli addetti alla sicurezza che sono per strada; gli addetti corrono subito sul posto, bloccano lo scippatore, fermano il rapinatore. Tradotto in denaro, cinque o dieci stipendi da pagare, che vanno moltiplicati per tre turni quotidiani: la vigilanza va fatta giorno e notte, ventiquattr’ore su ventiquattro. E, se nessuno ruba o scippa o stupra o spacca vetrine, così tanti stipendi pagati per niente, tasse e contributi compresi: che disdetta.

I tre pilastri del liberismo, di quello “di casa nostra”, s’intende, sono questi: 1) ridurre il personale; 2) ridurre i costi; 3) licenziare. Tutti i nostri manager che sono oggi nei posti di comando sono stati allevati per seguire questi criteri; appena c’è qualcosina in più da fare – e che non sia marketing o pubblicità - vanno in crisi. Una volta che si è ridotto il personale, che si sono ridotti i costi (cioè chiusura di stabilimenti, riduzione della manutenzione, eccetera), che si è licenziato il licenziabile, cosa resta? Ma “il personale è un costo”, questo è il dogma e i dogmi non si contestano mai.
Esistono studi accurati sul catastrofico attentato del 2001 a New York: molti di questi studi, quelli passati sotto silenzio e di cui meno si è parlato, riguardano proprio questo dato. Per risparmiare sul personale, e sulla sicurezza, gli aeroporti erano passati dalla gestione militare a quella dei privati; il risultato fu che quattro aerei di linea vennero dirottati contemporaneamente, cosa mai vista né mai successa in precedenza. Ovviamente, i privati avevano per prima cosa ridotto i costi del personale: altrimenti non avrebbero vinto l’appalto. Riducendo il personale, si riduce anche la manutenzione; poi si nega tutto con fermezza estrema (“ridurre la manutenzione??? ma non scherziamo!”), e magari (quando si può) si fanno spot sorridenti dove si dice che va tutto benissimo.
Ma qui mi fermo (potrei parlare della tragedia recente di Viareggio, o dei treni TAV nuovissimi bloccati da venti centimetri di neve e da un po’ di ghiaccio), perché andare avanti si fa troppo complicato e anche perché penso che il discorso sia chiarissimo, ma anche inutile: chi non vuole vedere la realtà continuerà a guardare altrove.

4 commenti:

Thomas ha detto...

E continuerà a non superare i problemi...

Giuliano ha detto...

Il personale è una risorsa.
Voterò chi si presenterà con questo slogan...
Era giusto sfoltire gli organici, ma c'è un limite a tutto. Preferisco sapere che ci sono ferrovieri che lavorano poco ma ci sono, piuttosto che ferrovieri (o chirurghi: capita) che fanno turni su turni e non sono nemmeno più in grado di capire cosa fanno. Così è successo alla Thyssen di Torino, tanto per essere chiari: stavano chiudendo, il personale era ridotto ridotto.

Saluti Thomas, speriamo che la Befana ci porti bene: in tutti i sensi!

Thomas ha detto...

La Thyssen... Ogni tanto ci penso ancora.
Un abbraccio.
A presto ;-)

Giuliano ha detto...

Una risposta mi è arrivata: sono io che sto sul pulpito e dò lezioni sulla base di non si sa che cosa.
Vedi che una spiegazione c'è sempre?
ciao Thomas!
(e grazie)