giovedì 23 dicembre 2010

Monteverdiana ( VII )

Gli innamorati nella poesia del ‘500 avevano nomi ben strani: Filli, Ergasto, Mirtillo, Tirsi, Clori, Licori... Ma, poi, ascoltando Monteverdi, chi ci fa più caso? (edizioni consigliate: quelle dirette da Rinaldo Alessandrini, Roberto Gini, e un po’ tutti i complessi italiani) (il Settimo Libro è il più vasto, ventinove brani tutti di altissima qualità: difficile fare una scelta...)

Claudio Monteverdi, dal Settimo Libro dei Madrigali

Tempro la cetra, e per cantar gli onori
di Marte alzo talor lo stile e i carmi;
ma invan la tento ed impossibil parmi
ch'ella giammai risuoni altro che amori.
Così, pur tra l'arene e pur tra fiori,
note amorose Amor torna a dettarmi:
né vuol ch'io prenda ancora a cantar d'armi,
se non di quelle ond'egli impiaga i cuori.
Or l'umil plettro e i rozzi accenti indegni,
Musa, qual dianzi accorda, infin che al vanto
de la tromba sublime il ciel ti degni;
riedi a' teneri scherzi: e dolce intanto
lo Dio guerrier, temprando i fieri sdegni,
in grembo a Citerea dorma al tuo canto.
(Sonetto del Sig. Giambattista Marino)


Vorrei baciarti, o Filli,
ma non so
non so prima
ove il mio bacio scocchi,
ne la bocca o ne gli occhi
nella bocca o negli occhi...
Cedan le labbra a voi,
lumi divini,
fidi specchi del core,
vive stelle d'amore.
Ah, pur mi volgo a voi,
perle e rubini,
tesoro di bellezza,
fontana di dolcezza,
bocca, onor del bel viso:
nasce il pianto da lor,
tu m'apri il riso.
(Madrigale da "Gli Amori" del Sig. G. Marino)


Dice la mia bellissima Licori
quando talor favello seco d'amor,
ch'Amor è un spiritello
che vaga e vola,
e non si può tenere,
né toccar, né vedere;
e pur, se gli occhi giro,
ne' suoi begli occhi il miro:
il miro ma nol posso toccar,
ché sol si tocca
in quella bella bocca.
(Madrigale del Sig. Battista Guarini)


Non vedrò mai le stelle, mai,
ne' bei celesti giri,
perfida,
ch'io non miri
gli occhi che fur presenti
alla dura cagion de' miei tormenti,
e ch'io non dica lor:
o luci belle,
deh siate sì rubelle di lume
a chi rubella è sì di fede,
che anzi a tant’occhi e tanti lumi ha core
tradire amante sotto fe' d'amore.
(Madrigale d'Incerto)


Ecco vicine, o bella Tigre, l'ore
che del tuo sole mi nasconda i rai:
ah che l'anima mia non sentì mai,
meglio che dal partir, le tue dimore!
Fuggimi pur con sempiterno errore:
sotto straniero ciel, ovunque sai
che, quanto più peregrinando vai,
cittadina ti sento in mezzo al core.
Ma potess'io seguir, solingo errante,
o sia per valli o sia per monti o sassi,
l'orme del tuo bel pié leggiadre e sante,
ch'andrei là dove spiri e dove passi,
con la bocca e col cor, devoto amante,
baciando l'aria ed adorando i passi.
(Sonetto del Sig. Claudio Achillini)


Eccomi pronta ai baci:
baciami, Ergasto mio:
ma bacia in guisa
che de' denti mordaci
nota non resti nel mio volto incisa
perch'altri non m'additi e in essa poi
legga le mie vergogne e i baci tuoi.
Ahi, tu mordi e non baci;
tu mi segnasti, ahi ahi!
Possa io morir se più ti bacio mai!
(Madrigale da "Gli Amori" del Sig. Giambattista Marino)


Parlo, misero, o taccio?
S'io taccio,
che soccorso avrà il morire?
S'io parlo,
che perdono avrà l'ardire?
Taci che ben s'intende
chiusa fiamma talor da chi l'accende;
parla in me la pietade,
parla in lei la beltade
e dice quel bel volto al crudo core:
chi può mirarmi
e non languir d'amore?
(Madrigale del Sig. Battista Guarini)


Al lume delle stelle
Tirsi, sotto un alloro,
si dolea lagrimando
in questi accenti:
"O celesti facelle,
di lei ch'amo ed adoro
rassomigliate voi gli occhi lucenti.
Luci care e serene,
sento gli affanni,
ohimé, sento le pene;
luci serene e liete,
sento le fiamme lor
mentre splendete".
(Madrigale del Sig. Torquato Tasso)


Con che soavità, labbra odorate.
e vi bacio e v'ascolto:
ma se godo un piacer, l'altro m'è tolto.
Come i vostri diletti
s'ancidono fra lor,
se dolcemente
vive per ambedue l'anima mia?
Che soave armonia
fareste, o dolci baci,
o cari detti,
se foste unitamente
d'ambedue le dolcezze ambo capaci,
baciando i detti e ragionando i baci!.
(Madrigale del Sig. Battista Guarini)


Se i languidi miei sguardi,
se i sospiri interrotti,
se le tronche parole
non han sin or potuto,
o bell'idolo mio,
farvi delle mie fiamme intera fede,
leggete queste note,
credete a questa carta,
a questa carta in cui
sotto forma d'inchiostro il cor stillai.
Qui sotto scorgerete
quegl'interni pensieri
che con passi d'amore
scorron l'anima mia; (...)
(Lettera Amorosa del Sig. Claudio Achillini)

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