mercoledì 21 dicembre 2011

Il libro delle macchine ( I )

Siamo noi che governiamo le macchine, o è piuttosto vero il contrario, cioè che sono le macchine che governano su di noi?

Samuel Butler, da “Erewhon“
CAPITOLO XXIII Il libro delle macchine
L'autore comincia così: «Vi fu un tempo in cui la terra, almeno per quel che ne sappiamo, mancava completamente di vita vegetale e animale e, a detta dei nostri migliori filosofi, era solo una sfera incandescente coperta da una crosta che andava gradatamente raffreddandosi. Ora, se a quell'epoca fosse esistito un essere umano che, sprovvisto di ogni nozione scientifica, avesse potuto vedere la terra come un qualsiasi altro mondo a lui completamente estraneo, non gli sarebbe forse parso impossibile che da quella specie di tizzone ardente potessero nascere e svilupparsi creature dotate di una qualche sorta di coscienza? Non avrebbe egli negato che potesse contenere un germe qualsiasi di coscienza? Eppure, col volgere dei millenni, la coscienza apparve. Perché, allora, non esisterebbero nuove strade attraverso cui essa giungerà a manifestarsi, anche se per ora quelle strade sono invisibili ai nostri occhi ? E ancora. Se la coscienza, in tutte le accezioni attuali del termine, si è manifestata a un certo punto come cosa nuova e, per quanto ci è dato sapere, posteriore persino alla comparsa di un centro individuale di azione e di un sistema riproduttivo (quali vediamo esistere nelle piante anche in assenza di coscienza apparente), perché non potrebbe prodursi una nuova fase dell'intelligenza tanto diversa da tutte le fasi finora conosciute quanto l'intelligenza degli animali è diversa da quella dei vegetali? Sarebbe assurdo tentare di definire un tale stato spirituale (o comunque lo si voglia chiamare) in quanto è così estraneo all'uomo che la sua esperienza non può aiutarlo in alcun modo a concepirla Ma certo, quando pensiamo alle molteplici fasi attraverso cui la vita e la coscienza si sono evolute fino ad oggi, non possiamo affermare con sicurezza che non possano prodursene altre, né che la vita animale sia il limite estremo di tutte le cose. C'era un tempo in cui il limite di tutte le cose era il fuoco, e un tempo in cui lo erano l'acqua e le rocce».
Dopo aver dissertato per diverse pagine su questo argomento, l'autore passa a chiedersi se oggi si possano scorgere segni precursori di questa nuova fase di vita; se si notino circostanze ambientali che potranno, in un lontano futuro, favorirne lo sviluppo: se, in pratica, oggi, sulla terra, si possa rintracciare la cellula primordiale che la produrrà. Nel suo trattato egli risponde a questo interrogativo affermativamente, e indica come corrispondenti di quella cellula le macchine più perfezionate.
«Il fatto che attualmente le macchine posseggano ben poca coscienza, non ci autorizza affatto» cito le sue parole «a ritenere che la coscienza meccanica non raggiungerà col tempo il massimo sviluppo. Un mollusco non possiede gran che di coscienza. Pensate alla straordinaria evoluzione delle macchine in questi ultimi secoli, e osservate con quale lentezza progrediscono il regno vegetale e quello animale. Le macchine più altamente organizzate sono creature non di ieri, ma addirittura degli ultimi cinque minuti, oserei dire, di fronte alla storia dell'universo. Supponiamo che gli esseri coscienti esistano da venti, venticinque milioni di anni: guardate quali passi da gigante hanno fatto le macchine nell'ultimo millennio! Il mondo non può forse durare altri venti milioni di anni? Ma se dura altri venti milioni di anni, che cosa finiranno per diventare le macchine? Non è più prudente distruggere il male all'inizio e impedire loro di progredire ulteriormente?
«Chi può dire che la macchina a vapore non possieda una qualche sorta di coscienza? Dove comincia e dove finisce la coscienza? Chi può fissare il limite? Chi può fissare un qualsiasi limite? Non sono forse le cose intessute tutte l'una nell'altra? E le macchine non sono legate in mille nodi alla vita animale? Il guscio di un uovo è fatto di una materia bianca e fragile, e rappresenta a suo modo una macchina non meno di un portauovo; il guscio è uno strumento per contenere l'uovo come il portauovo è uno strumento per contenere il guscio: sono entrambi fasi della stessa funzione; la gallina fabbrica il guscio dentro di sé, ma ciò non toglie che il guscio sia un semplice recipiente. La gallina si fabbrica il nido all'esterno per ragioni di comodità, ma anche il nido è una macchina né più né meno del guscio. Una "macchina" è soltanto uno "strumento"». (...)
(Samuel Butler, da “Erewhon“, ed. Adelphi, trad. Lucia Drudi Demby, pag.172 e seguenti)

Quando Samuel Butler scriveva queste pagine, cioè nel 1872, le macchine disponibili erano ancora poche: congegni meccanici, locomotive a vapore, e poco più. Oggi siamo arrivati al computer, all’ipad, allo smartphone: l’evoluzione delle macchine è continua e sempre più rapida.
(1. continua)

Nessun commento: