I miei nonni paterni erano veneti, di Trebaséleghe; mio padre (l'ultimo dei loro figli) è cresciuto qui, in Lombardia, parlando quasi sempre italiano. Mia mamma è di Parma, ma la convivenza con la suocera l'ha portata a una buona conoscenza del veneziano; ed ecco dunque che ogni tanto salta fuori, ancora oggi, una filastrocca o una storia di quelle che raccontava la nonna. La filastrocca che è venuta fuori, di quelle che si cantano ai bambini piccoli (facendo ballare il bambino sulle ginocchia; alla fine si aprono le ginocchia e il bambino "cade", e ride), è questa:
buràta buràta
i spini per la gata
i ossi per i cani
fasioi per i furlani
la cotta per i preti
moena per i vèci
buràta buratìn
(nome del bambino)
va giò per el camin.
E' facile da ricordare e
sembrerebbe semplice anche da capire; in realtà, una volta che la si
è scritta e la si rilegge, rivela difficoltà inaspettate. Così ho
fatto qualche ricerca online (Google) e mi sono subito scontrato con
la stupidità dell'algoritmo (chiedo scusa ai tifosi dell'algoritmo)
o meglio con l'ottusità di chi lo ha programmato in quel modo,
perché la prima parola che volevo capire bene era "moena".
Digitando moena per i veci si ottengono pagine e pagine
sull'omonima località turistica vicino alle Dolomiti; allora metto
le virgolette, "moena per i veci" e ottengo ancora
pagine e pagine di pubblicità per Moena, comune italiano di 2631
abitanti in provincia di Trento e importante località sciistica.
Scoraggiato, lascio perdere e scelgo un altro verso che non crei
equivoci (e meno male che non ho digitato Moana, se no chissà cosa
mi usciva) e mi pare che "fasioi per i furlani" sia il più
adatto. Difatti, funziona; stavolta ho beffato l'algoritmo e mi sono
uscite diverse pagine che riportano la filastrocca. Imparo subito due
o tre cose importanti: la prima è che è diffusa in tutta l'area
veneta o veneziana, comprese Trieste e l'Istria, e che comunque ci
sono pochissime varianti, tutti la riportano come la ricordiamo anche
noi in casa. La variante principale è nell'inizio, che spesso
diventa "Ratta buratta"; altre le riporto qui sotto. La
terza cosa che ho notato è che quasi tutti "fanno i furbi":
davanti alle difficoltà tacciono, scantonano, fanno finta di niente.
Passi per "la cotta per i preti" (qui basta un buon
dizionario italiano), ma che cosa saranno mai "gli spini per la
gatta"? Allora ci provo io, vado con l'esegesi e cerco di fare
meglio che posso.
Buratto, spiega lo
Zingarelli, è il tessuto con cui si fabbrica il setaccio, o
crivello, per separare farina e crusca; il buratto è anche nel
simbolo dell'Accademia della Crusca e serve per separare la farina
dagli scarti. Il movimento che si fa con il bambino sulle ginocchia è
infatti simile a quello che si fa per setacciare, muovendo il corpo
avanti e indietro. "Ratta buratta" è un facile gioco di
parole, oltretutto divertente perché sembra un nonsense anche se non
lo è. Si può anche osservare che, essendo in area veneta, forse
sarebbe più corretto scrivere "ràta buràta", senza le
doppie; ed è certamente così, ma per me - mezzo veneto e nato fuori
dal Veneto - resterà sempre così come l'ho scritto. Il primo verso
ostico è "i spini per la gata", ma lo risolvo facilmente
con una chiacchierata in famiglia: la lisca del pesce, quante volte
l'ho vista nei cartoni animati? Gli spini sono dunque le ossa del
pesce, e io non c'ero arrivato perché alla mia gatta non li dò mai
(sono pericolosi), ma certo una volta si usava. Gli ossi per i cani
non necessitano spiegazione, i fagioli per i friulani sono ottimi per
la rima ma l'origine della frase è destinata a rimanere per me
oscura. La cotta è uno dei vestimenti del prete (c'è anche la
"cotta di maglia" dei soldati antichi, una maglia di rete
di ferro). "Moena" è probabilmente un formaggio molle o
una minestra di latte, cose che non si masticano (i vecchi non portavano
la dentiera, nei tempi andati); rimango comunque sempre nel campo
delle ipotesi, ma mi sento di escludere ciò che suggerisce
l'algoritmo, e cioè che i miei antenati portassero gli anziani a
sciare sulle Dolomiti (mi è uscita anche questa, offerte di
soggiorno a Moena per la terza età). Mi sembra ci sia poco da
spiegare anche per il finale, il "camino" sono le gambe che
si aprono e fanno "cascare giù" il bambino (in realtà
tenuto ben saldo) nel gioco. La prima volta il bambino magari si
spaventa, ma poi capisce che è un gioco e chiede "ancora".
Altre varianti simpatiche:
el mejo per i osei (il miglio per gli uccelli), la pappa per i putei.
Il miglio per i canarini (per gli uccellini), la pappa per i bambini:
avendo trovato la rima anche in italiano, passo e chiudo.
Eventuali
correzioni sono più che benvenute, così come i suggerimenti.