sabato 20 luglio 2019

« Non stia lì a perdere tempo»

Come da abitudine, appena versata la quantità di reagente necessaria chiudo la bottiglia e la metto al suo posto. «Non stia lì a perdere tempo» mi dice il Direttore di Produzione, alle mie spalle.
Devo dire che ancora oggi, dopo tanti anni, quella frase mi disturba e non poco. Che significa «non stia lì a perdere tempo» ? Anche lasciando da parte la buona pratica di laboratorio, provate un po' a cronometrare quanto tempo ci si mette nel chiudere una bottiglia e spostarla trenta centimetri più in là... Anche in cucina, è buona pratica chiudere la bottiglia dell'olio dopo averne versato quel che serve: se per caso date un urto alla bottiglia, poi c'è da lavorare per mezza giornata per raccogliere l'olio versato. Sono le piccole cose, spesso, che danno il senso di quello che succede. Il Direttore di Produzione, il dottor Biribò, tra le altre cose aveva lunga esperienza di tecnico di laboratorio, e proprio per quello non mi aspettavo da lui una simile scemenza. Anche se si ha fretta, un'analisi richiede il tempo necessario. Sembra una banalità, ma evidentemente non lo è.

Trascrivo qui questo ricordo perché dà la misura di quello che può succedere sul nostro posto di lavoro. A me avevano insegnato che lavorando bene si è rispettati e considerati, e che si può anche fare carriera. Se tu sei bravo e lavori bene, meriti considerazione. Lo direi anch'io a un ragazzo o a una ragazza di vent'anni, e ammetto di avere un po' di titubanza nello scrivere qui l'esatto contrario - che pure è una verità con la quale prima o poi dobbiamo o abbiamo dovuto scontrarci. I menefreghisti, come quel mio collega (non uno solo, ma questo in particolare) che lasciava sempre le bottiglie aperte e il posto di lavoro sporco, era infatti molto ben visto dai capi: obbediva veloce agli ordini, come a militare, e quindi tutto andava bene. Poi, si sa, a pulire e a mettere in ordine ci penserà qualcun altro; e non importa se il reagente presenta dei pericoli oppure è delicato e non va lasciato a contatto con l'aria (pensate a cosa succederebbe in un ospedale...). Quello che viene dopo, sciagurato, impiegherà il doppio del tempo per controllare i reagenti e togliere il liquido non identificato dalla bilancia analitica, ma cosa vuoi che importi.

Che dire, in uno dei suoi spettacoli (Oylem Goylem, se non ricordo male) Moni Ovadia racconta l'aneddoto del sarto sopravvissuto ad Auschwitz, che non aveva mai perso la fede nemmeno nei momenti più difficili, e che tornato a casa cede improvvisamente davanti a un fatto piccolo e banale. Anche a me è successo così, fatte le debite proporzioni s'intende, e quel «non stia lì a perdere tempo» continua a risuonarmi nella testa, e ha condizionato pesantemente la mia successiva vita lavorativa. Dove volevi andare, cosa volevi fare? Ne concludo che ho ricevuto un'educazione sbagliata, avrei dovuto imparare fin da subito a fare il furbo o il menefreghista. Per esempio, e per uscire dal mio piccolo mondo di perito chimico, provate a immaginare un impiegato di banca che, a inizio Duemila, sconsiglia i clienti dall'acquistare quei bond argentini o quelle obbligazioni di un gruppo che sta per fallire. Cosa gli succederà, se uno dei suoi capi lo viene a sapere? E' successo, succede, succederà ancora: non è mica tanto vero che lavorando bene e secondo coscienza si viene presi in considerazione. Più facile che ti mettano alla porta...
Chi non ha mai lavorato queste cose non le sa. Purtroppo, il mondo dirigenziale è pieno di gente che non ha mai lavorato per davvero; e se una volta in Parlamento c'era qualche operaio o impiegato tecnico come me, oggi le cose sono cambiate. In peggio, spiace doverlo dire ma è così.
 
 
(la vignetta qui sopra viene dalla Settimana Enigmistica;
quella è in alto è di Jules Feiffer, dal mensile Linus anno 1977)
 

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