martedì 16 luglio 2019

Sardine e delfini


In una delle sue tante apparizioni in tv, sotto elezioni, Silvio Berlusconi risponde alla domanda sui suoi "delfini", cioè sulle personalità che avrebbero dovuto raccogliere la sua leadership in questi anni (tanti, quasi 30). Berlusconi risponde con una battuta che andrebbe conservata negli archivi: "non erano delfini, erano sardine". Quasi tutti questi nomi, è questo il senso della battuta, sono spariti presto dalla scena politica. Credo che i ventenni di oggi non ne conoscano nemmeno il nome: Fini, Casini, Irene Pivetti, Marcello Pera, Scognamiglio... perfino Giulio Tremonti, responsabile dell'Economia per più di dieci anni, è quasi dimenticato. Si tratta di persone ancora piuttosto giovani come età, per un politico avere cinquanta o sessant'anni non è certo un handicap.Viene da chiedersi di chi sia la colpa: se credi di allevare delfini e invece ti ritrovi delle sardine, proprio negli anni in cui stai lavorando più duramente, significa che qualcosa non è andato per il verso giusto. Questo "qualcosa" secondo me è proprio la leadership di Berlusconi e di quelli come lui. Ho ascoltato per decenni il piagnisteo sul '68 come origine di tutti i mali, ma il '68 è roba di cinquant'anni fa: i "maestri" del 1968 ormai sono settantenni e ottantenni. Non è successo niente nel frattempo? Sì che è successo qualcosa, a partire dagli anni '80 (quindi molto presto) la generazione che fatto il '68 è stata sostituita nella vita quotidiana e poi in politica dai paninari e dai venditori, o meglio dai piazzisti di commercio (i venditori seri sono un'altra cosa). All'inizio degli anni '80 nacque la moda dei "paninari": erano stati appena aperti i primi posti dove si vendevano hamburger, all'americana (non solo Mc Donald's, all'epoca c'era ancora molta concorrenza) e quelli che oggi hanno cinquant'anni si ritrovavano lì. Per molti commentatori è stata una moda come tante, invece io direi proprio di no. I paninari di trent'anni fa oggi sono dirigenti d'azienda e funzionari a vari livelli, e credo proprio che dentro di loro continuino a pensarla come allora, cioè che la cosa più importante del mondo è la marca del giaccone che indossi, e se hai le calze di quel tipo lì ma non della stessa marca allora sei un tamarro e non vale la pena di perdere tempo con te.

I venditori, che Berlusconi difende a spada tratta, non sono quelli onesti e attenti che tengono molto al loro rapporto con i clienti e sono fondamentali per la vita di un'azienda; sono piuttosto quelli che suonano di casa in casa, che ti telefonano a orari importuni, e che sono pronti a rifilarti qualsiasi patacca per far vedere che loro sanno vendere. Ho conosciuto molti di questi venditori, e del resto anche alla recente convention di una nota marca di aspirapolvere c'era chi si vantava di questo sistema di vendite. Berlusconi deve la sua carriera politica alla pubblicità in tv: per le generazioni di manager da lui allevati quello che conta è la pubblicità, il prodotto da vendere può anche essere difettoso (o peggio) ma l'importante è venderlo lo stesso. La tv, così, è diventata poco più di un grande contenitore per la pubblicità, dove conta solo l'audience: se la sera girate per i centomila canali del digitale terrestre e non trovate niente che valga la pena di guardare, fermatevi un momento a pensare a chi ha allevato manager e funzionari tv in tutti questi decenni dal 1980 a oggi. Anche la Rai è così, certo: ma da dove vengono i manager e i funzionari Rai? Berlusconi è stato al governo per tre legislature, e ancora oggi ha grande influenza sulla Rai.

Con questa Armata Brancaleone (ma ben vestita, paninara o figlia di paninari) dove si voleva arrivare? Alle truffe sui bond argentini, al fallimento di aziende importanti e storiche, alla delocalizzazione, alla perdita di valore dei salari, alla precarietà sul lavoro. Gli stipendi dei manager hanno avuto un'impennata folle, le paghe dei lavoratori al contrario. Le statistiche del commercio dicono che i beni di lusso hanno avuto un enorme boom, in questo inizio di millennio: Rolex e Ferrari, suv da centomila euro. Secondo me, non è affatto un caso e le due cose sono collegate, collegatissime: giù le paghe di chi lavora, su le paghe dei manager. Delocalizzazione, riduzione del personale, vendita di storici marchi a imprese estere (comprese Inter e Milan), i palazzi storici di Milano ai cinesi, i nuovi grattacieli agli arabi... Un'economia da paninari, io mi compro il bel giubbotto e la marmaglia dei tamarri (cioè noi) si fotta. Sorvolo sugli scandali della sanità per non far diventare troppo lungo questo post, ma quando prenotate un'ecografia e vi dicono che dovete ripassare fra sei mesi per prendere l'appuntamento, cominciate a pensare ai manager della sanità e alla loro origine.

Tornando a sardine e delfini, ai paninari e ai piazzisti di commercio nell'ultimo decennio si è aggiunta un'altra scuola di management: quella degli ultrà del calcio. Non è uno scherzo, abbiamo in Parlamento un paio di deputati che provengono dagli ultrà del calcio, a Roma la giunta Alemanno aveva un cospicuo bacino di voti in quell'area, e oggi, per la prima volta nella nostra storia, abbiamo un Ministro degli Interni che si fa fotografare a braccetto con i capi ultrà. A questo punto, direi, non solo i delfini ma anche le sardine le abbiamo salutate da tempo; che tipo di bestia sia oggi di attualità non lo voglio nemmeno pensare e vado piuttosto a vedere un bel film di fantascienza: "La cosa da un altro mondo", magari. Più attualità di così...

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