venerdì 6 dicembre 2019

Acqua e chef


Tra le pubblicità più noiose e antipatiche, quasi come le zanzare d'estate, metto quelle delle acque minerali. Però, fino a quando si limitano a dire "la mia acqua è buona" non mi sento di censurarle: in fin dei conti è questo il compito della pubblicità, e se hanno avuto l'ok del ministero (e dei NAS, siano sempre benedetti i NAS - nuclei antisofisticazione, i carabinieri - e chi collabora con loro) va tutto bene. Certe cose però sono vera e propria disinformazione, e questo andrebbe detto. Per esempio, quegli spot con lo chef che indica l'acqua adatta per quel cibo o per il pranzo, per di più con l'aria di chi la sa lunga. No, non esiste un'acqua più adatta. L'acqua non è il vino, requisito essenziale è infatti che sia inodore e insapore. C'è un dato importante nelle acque minerali, ed è la durezza (che può essere espressa anche alla voce "residuo fisso"); direi che è il solo dato importante perché tutto il resto, dalla mancanza di contaminazioni batteriche al pH, è un requisito di legge. Figuriamoci, se finisse sul mercato un'acqua contaminata o con il pH dell'aceto o delle saponette sarebbe uno scandalo. Detto questo, la durezza è un dato che bisogna saper maneggiare: non necessariamente un'acqua con pochi sali è migliore di un'altra, e lo stesso discorso vale per un'acqua con durezza maggiore. E, soprattutto, per mangiare vanno bene tutte le acque, sia quelle minerali che quelle del rubinetto. Insomma, lo chef vi sta dicendo una cretinata: è lì solo perché lo pagano, non perdete tempo ad ascoltarlo.
(Nel mio piccolo, delle acque minerali ho già parlato qui: penso che le informazioni siano sufficienti per cominciare a capirci qualcosa)

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