giovedì 12 dicembre 2019

Metanolo


Avevamo lasciato l'HPLC in seria difficoltà, alle prese con il Cammello e con il Mostro di Loch Ness (qui). Sono passati mesi, la gloriosa colonnina da cromatografia ha ripreso a funzionare, sia pure un po' asmatica, e andiamo avanti lo stesso con le analisi, anche se con qualche apprensione. (qui per sapere cos'è la cromatografia).
Infine, approfittando di un colloquio fortunoso (nel senso del fortunale, di tempesta), col Direttore in persona, butto lì che così non si può più andare avanti. Il Direttore non vuole dirlo apertamente ma capisce, non apprezza che sia stato io a segnalare il problema ma comunque approva, e per risolvere il problema manda la Dottoressa (quella che non ha mai studiato chimica, ma è capo del Laboratorio), nelle nostre sedi all'estero: in Spagna, in Germania, alle Baleari. La Dottoressa ritorna dal viaggio con due colonnine diverse da quella che sta tirando gli ultimi ansiti della sua lunga vita. La differenza sta soprattutto in questo: che adesso bisognerà utilizzare non più l'alcool etilico, ma il suo fratello più piccolo, l'alcool metilico detto anche metanolo.

Il metanolo ha avuto un momento di triste notorietà nel nostro paese, alla metà degli anni '80: viticoltori disonesti lo usarono per produrre vino sottocosto, con risultati spaventosi. All'epoca conoscevo un enologo, che mi spiegò bene tutta la faccenda: ridotta ai minimi termini, è vero che si può in parte sostituire l'alcool etilico con il metanolo, nel vino: ma la parte deve essere ben piccola, e comunque è vietatissimo dalla legge. Il perché è chiaro fin dai primi anni di scuola, per un chimico: l'alcool metilico è molto velenoso. Bevendone, anche poco, si rischia la cecità; in quantitativi superiori provoca la morte, ed è comunque tossico anche per inalazione o per contatto prolungato. Insomma, quei viticoltori ne avevano aggiunto troppo: non erano soltanto criminali, ma anche molto sprovveduti.
Ora bisogna alimentare l'HPLC con l'alcool metilico, siamo dei bravi chimici e si può fare ma il problema è sempre quello: mancano le cappe. Si improvvisa in quattro e quattr'otto, togliendo un bagnomaria dalla vecchia cappa nell'altro locale (quello dove passiamo la gran parte delle nostre giornate lavorative) e ficcandoci sotto tutta la strumentazione corredata alla cromatografia in fase liquida. E cioè: due personal computer "massicci", con monitor a tubo catodico e grossi hardware; due rivelatori per l'HPLC; le relative pompe; 4 bottiglioni da due litri e mezzo (due per gli scarti e due per l'alimentazione) ; accessori vari. La cappa è strapiena e a malapena si può lavorare, ma mi tocca sentir dire che va bene così.

Il primo pensiero che sorge, in me e nel mio collega più pratico, riguarda la pompetta e i bottiglioni per l'alimentazione. Il mio collega prende la calcolatrice e fa due calcoli veloci: nel giro di un paio d'ore la pompetta svuoterà i bottiglioni, e quindi bisognerà stare sempre attenti. In più, bisognerà anche tenere d'occhio le bottiglie degli scarti, che si riempiranno alla stessa velocità: il rischio è che trabocchino spandendo metanolo dappertutto.
- Allora, - dice la Dottoressa, serissima e con la grinta delle grandi occasioni. - Adesso è tutto a posto. Lo strumento è sotto cappa, il metanolo è pericoloso e va tenuto sotto controllo perciò mi raccomando: USATE SEMPRE I GUANTI. Guai se non vi vedo usare i guanti!!! Capito?
Nessuno fiata.
- E poi, mi raccomando: la pompetta. Non fate andare a vuoto lo strumento, se no siamo daccapo; e poi la colonnina ha un'autonomia di circa duecento analisi, perciò mi raccomando ancora: fate attenzione!
Duecento analisi? Sì e no due giorni...
- Il metanolo di scarto va rigorosamente versato nella tanica degli scarti, e mandato a bruciare. Mi raccomando, ne va della nostra sicurezza, e chi non segue attentamente le istruzioni riceverà una lettera d'ammonizione, e seri provvedimenti disciplinari.
Dopo due ore, va via la corrente: in tutto lo stabilimento, e anche in laboratorio. La cappa si spegne, e con lei si spegne lo strumento. Chi glielo va a dire, alla Dottoressa e al Direttore che sta confabulando con lei?

PS: non solo tutto questo è successo veramente (sembra una scenetta comica, lo so: è anche per divertimento che pubblico queste cose), ma nel decennio successivo la Dottoressa in questione è diventata consulente per la sicurezza e va in giro a fare corsi in altre ditte, sempre insegnando la sicurezza in fabbrica. Confido sul fatto che nel frattempo qualcosa abbia imparato, speriamo.

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