venerdì 17 settembre 2010

Laurea

Un medico senza laurea, che opera da parecchi anni in ospedali, magari in reparti all’avanguardia e di grande prestigio: è ormai una notizia ricorrente, di casi come questo ne sono venuti alla luce molti, ed è presumibile che ce ne siano altri. Come è possibile che nessuno ci faccia caso? Semplice, i medici senza laurea sono quasi sempre tra i migliori dell’ospedale, sia per la competenza che per la cortesia e il tatto con cui si avvicinano ai pazienti. Le testimonianze sono molte, lo stupore è sempre grande: un caso simile (un pediatra stimatissimo) mi è stato raccontato di persona poco tempo fa.
La reazione dei giornalisti è sempre quella, cioè dare del furbetto al diretto interessato (ormai siamo diventati tutti furbetti, per questi giornalisti pigri e superficiali) e invocare controlli più severi e pene severissime. Invece la domanda dovrebbe essere un’altra, visto e considerato che fare il medico, magari il chirurgo, non è propriamente una professione qualsiasi: possibile che il medico senza laurea tragga in inganno colleghi saldamente preparati e con molta esperienza? Possibile che il medico senza laurea operi senza mai creare problemi e faccia diagnosi accurate, e tutto questo per anni? Posso capire che capiti ad un avvocato, a un ingegnere, che magari hanno al loro fianco colleghi che li coprono e li aiutano, ma un medico, un chirurgo, suvvia, è impossibile.
La risposta vera, quella che spiega cosa succede, è di grande imbarazzo per chi gestisce il mondo dell’istruzione, in particolare l’Università. “Senza laurea” passa per sinonimo di ignorantone, così come sembra ormai assodato che se non hai fatto il classico è come avere la quinta elementare; ma così non è, e chi lavora lo sa; ma questo è un altro argomento e non vorrei uscire dal tema.
Così come sono strutturati (da sempre) gli esami favoriscono le persone con grande capacità di memoria e brillanti nell’esposizione; ma non è detto che queste persone siano le migliori, anzi quasi sempre è vero il contrario. La psichiatria porta numerosi esempi di “idiots savants”, gli “idioti sapienti”, capaci di memorizzare una quantità incredibile di dati ma incapaci poi di elaborarli; l’ideale sarebbe poter abbinare le due qualità insieme, cioè la grande memoria e le capacità pratiche, e per fortuna abbiamo molti ottimi esempi di persone di questo tipo, ma non è così per tutti. Può capitare, dunque, che un ragazzo che ha tutte le doti per diventare un ottimo chirurgo si blocchi davanti a un esame molto difficile, che richiede grandi capacità di memoria: ma l’importante, in camera operatoria, non è tanto sapere come si chiami quel particolare muscolo o terminazione nervosa, l’importante è sapere che ci sia. Ma, inevitabilmente, il professore che ti esamina ti darà un voto basso, o addirittura la bocciatura, se quel nome non te lo ricordi.
E’ un’esperienza comunissima che tutti abbiamo vissuto a scuola, di persona o vedendola applicata a nostri compagni di classe o di corso; ed è la spiegazione migliore di quello che raccontavo all’inizio. Esami “terribili” ne esistono in tutte le facoltà: chimica organica, anatomia, la fisica, i codici civili e penali da imparare a memoria, la matematica tutta. Superarli è difficile, e molti si fermano qui anche se avrebbero i mezzi per diventare ottimi professionisti in quel settore.
L’altra parte del discorso, e qui si rischiano querele ma si tratta anche in questo caso di un dato di fatto ampiamente raccontato in cronaca (e subito regolarmente insabbiato) è che le lauree si comprano e si vendono. Sono emersi casi clamorosi, anche in grosse e gloriose università e in grandi città di antica tradizione: gli esami si comprano e si vendono, i voti si comprano e si vendono, si paga in denaro e in natura. E queste cose sono difficilissime da scoprire.
Io all’Università non ci sono andato, ho solo il diploma di perito chimico. Ma, sul lavoro, ho imparato a distinguere i laureati l’uno dall’altro: ce ne sono di bravissimi, e ce ne sono altri che ne sanno meno di me, e magari hanno preso il massimo dei voti. Questi ultimi, spesso comandano: perché hanno dietro potenti raccomandazioni, e i raccomandati contano, e comandano, e sono anche permalosissimi, anche nell’industria privata e non solo tra gli statali. Il lavoro vero lo fanno i sottoposto, i meriti vanno al (o alla) raccomandata. Tristissimo da dire, ma vero e documentabile; e il fenomeno è largamente peggiorato con l’introduzione delle lauree brevi.
Concludendo (ma il discorso richiederebbe un trattato di seicento pagine, o un’inchiesta della Gabanelli), e tornando all’inizio del mio discorso, non mi resta che prendere nota che le notizie recenti parlano di scuole “che bocciano severamente” (detto con gran vanto, quasi che il fine delle scuole sia quello di bocciare e non quello di istruire), di test d’ammissione severissimi e ridicoli (sui test d’ammissione e sulle domande sceme che contengono ci sono resoconti paurosi), eccetera eccetera. Ma l’annotazione finale non può che essere questa: l’attuale ministro dell’Istruzione, la severissima e giovanissima dottoressa Gelmini, è una bresciana di Brescia, nata e cresciuta a Brescia, laureata a Brescia, che è andata a fare l’esame di abilitazione a Reggio Calabria. Strano ma vero: un motivo ci sarà, a me risulta che quegli esami lì li fanno anche a Brescia. Che abbia avuto in quei tempi un moroso calabrese? Speriamo, sarebbe già una spiegazione tranquillizzante...

7 commenti:

Ismaele ha detto...

hai centrato la domanda, non è: come fanno a fare i medici dei non laureati, ma è:possibile che vengano scoperti, per caso, dopo tanti anni?
come l'abito non fa il monaco, così il titolo non fa il dottore.

Giuliano ha detto...

Una delle cose più ridicole è il titolo di dottore assegnato anche ai diplomati del Conservatorio: figurati cosa gliene frega, quando vai a fare un'audizione, se sul certificato c'è scritto che sei dottore in violino...Prendono il curriculum, lo mettono da parte, non lo aprono nemmeno e ti dicono: suonami questo.
Magari si potesse fare così in tutte le professioni!
Ma queste sono le pensate della Gelmini: un po' come quando il suo capo-tutor propose alla Fiat per uscire dalla crisi di chiamare tutte le macchine "Ferrari".

Anonimo ha detto...

Le pensate appartengono a tutti i ministri che si sono succeduti, prima della Gelmini; come scriveva, su La Stampa mi pare, Luigi la Spina, bisognerebbe aspettare alcuni anni prima di rimettere mano a una riforma, per vedere nel tempo i risultati (a proposiso delle lauree brevi, ad es.).
Caro Giuliano, ogni volta che ti leggo mi sembra di vivere in un altro paese: ma dove stanno quelli che frequentano il classico (il numero degli iscritti ogni anno diminuisce) e vorrei conoscere quelli che reputano ignoranti i non laureati.
In una trasmissione della Gabanelli, un ricercatore italiano, che si era specializzato all'estero, lamentava il contrario: nelle aziende italiane veniva data la priorità all'esperienza e non allo studio.
Infine, l'esame frontale è scomparso da tempo, c'è poco da fare i furbi con un test, anzi le difficoltà iniziano quando devi articolare un minimo di concetti, succede con alcuni esami, anche al Politecnico.
Buona domenica :)

Giuliano ha detto...

io porto qui la mia esperienza, che è soprattutto un'esperienza "dal basso", in fabbrica, sulle cose quotidiane. Nel mondo dove sono cresciuto io, c'era un interscambio continuo fra l'operaio esperto e il capo: questo ovviamente fra i migliori. L'operaio sa quello che succede molto più del capo, per forza di cose; ed era bello vedere, per esempio, un architetto chiedere consiglio a un muratore. Ho molti ricordi a questo proposito.
Ho un ricordo orribile, invece, dei test: una volta o due (ero molto giovane) me ne fecero fare, e io mi chiedevo: ma questo è un posto qualsiasi, a che serve questo test? Da allora, mi sono ripromesso di non fare mai più un test, costi quel che costi. (una delle domande era: preferisci un film western o un film di Bergman? - la risposta giusta era: "dipende, quale western e quale film di Bergman?" ma non era contemplata.)
Detto en passant, per situazioni come quelle che descrivo ho dovuto lasciare un posto di lavoro a cui ero molto affezionato. E non sono l'unico.
Un'altra domanda: a cosa serve la laurea per le maestre elemetari?

Giuliano ha detto...

Ange, mi sono "mangiato" un tuo commento...mi dispiace! Blogger ha messo tante cose belle e nuove, ma così si fanno più velocemente anche le stupidaggini (ho sbagliato riga!)
Provo a risponderti andando a memoria: le mie esperienze le avevo raccontate, su invito di Solimano, nei blog precedenti. Qui non mi va di ripubblicarle, so bene che le esperienze personali restano poco comunicabili agli altri; ma nell'industria chimica (mica delle più facili) ho conosciuto dei capiturno favolosi, mai un errore, mai un incidente, che avevano sì e no la terza media. idem per i muratori: ce n'erano di preparatissimi,che andavano dal capo e gli dicevano "questo disegno non va bene", e il capo correggeva.
Ce ne sono molte, di queste storie, e io a queste persone penso sempre con grande ammirazione: con molti di loro c'era un interscambio continuo, loro mi spiegavano il lavoro, io gli spiegavo la teoria chimica delle reazioni che stavano facendo. Loro prendevano nota, e si ricordavano sempre di tutto: ex manovali, ex piastrellisti, ex contadini.
Libera di non crederci, ma rimane aperta la questione che porto qui all'inizio: come è possibile che nessuno dei colleghi si accorga che un medico non ha la laurea? Ci sono due risposte possibili, o quel medico senza laurea è preparatissimo, oppure ci sono in giro così tanti medici laureati e ignoranti che non si nota la differenza.
La mia esperienza di fabbrica è questa: metà e metà. Metà dei laureati sono eccezionali, metà sono scarsini.

Anonimo ha detto...

Un ingordo, questo Blogger: per evitare che faccia indigestione, eviterò di lasciarne ancora ;))

Giuliano ha detto...

Blogger è innocente, sono io che sono imbranato...