sabato 11 dicembre 2010

Il caso Berlusconi

L’altro giorno ho portato qui un appunto preso da Tiziano Terzani: «Le antiche società sapevano che non si poteva lasciare ai commercianti la gestione del mondo, e non a caso Confucio, sistematizzando la struttura piramidale della società cinese, relegò i mercanti al livello più basso: dopo i sapienti, i militari e i contadini. Oggi le società moderne hanno rovesciato quella piramide ed i mercanti, con la loro etica e la loro estetica, sono in testa a tutti. (Tiziano Terzani, Corriere della Sera 17.1.99 )»
Chi l’abbia detto non ha importanza, che sia Socrate o Confucio o John Belushi o Sant’Agostino mi sembra comunque qualcosa su cui riflettere. E dunque: al primo posto stanno i sapienti, nel senso di quelli che sanno come si fa. Muratori, ingegneri, medici, panettieri, sarti, calzolai, letterati, artisti e artigiani: senza di loro bisognerebbe ogni volta ricominciare da capo. I sapienti hanno le conoscenze e sanno come trasmetterle.
Dopo i sapienti, i militari: nel senso della difesa, perché per espandersi vanno bene anche altri mezzi, i trattati, i matrimoni, gli accordi del tipo “io faccio pascolare le mucche sul tuo terreno, e poi ti dò una parte del loro latte”. La difesa invece è importante, perché se sei aggredito da un malintenzionato le arti diplomatiche servono a poco. Al terzo posto, i contadini: aggiungerei gli operai, i cuochi, e tutte le persone che fanno materialmente il lavoro. Ci vuole qualcuno che faccia materialmente il lavoro, che sudi e che si sporchi le mani: altrimenti tutto il sapere del mondo non serve a niente. I commercianti, e tutti quelli che maneggiano il denaro (compresi i capi del personale e gli economisti) sono meno importanti perché arrivano dopo: come si può commerciare una merce che non c’è, perché nessuno l’ha seminata e coltivata a dovere, o che c’era ma è stata rubata perché nessuno l’ha difesa?

Terzani, già nel 1999, ci stava dicendo proprio questo: che per un commerciante vendere il made in Italy o il made in China, o in Malaysia, o in Corea, non fa nessuna differenza. Anzi, per i gestori dei grandi centri commerciali può essere molto più conveniente vendere il made in China; e fin qui niente di male, ma poi succede che l’economia locale ne risente. Lo stesso discorso vale per i pubblicitari: per un pubblicitario, l’importante è che il cliente paghi e sia contento. Che poi sia arabo o cinese o brianzolo, poco importa. I risultati di questo “rovesciamento” sono sotto gli occhi di tutti: nei centri commerciali trovate ancora merci tedesche (Siemens, Bosch, Vaillant...), o magari finlandesi (i telefoni Nokia), ma gli italiani sono riusciti nel capolavoro di comperare perfino i pomodori dalla Cina.
Così va l’Italia, Padania compresa: ma non era affatto scontato che andasse così. Questo risultato viene da trent’anni di martellamento sulle nuove generazioni, che sono state convinte che i mestieri giusti fossero il marketing e la pubblicità, e che l’unica cosa che conta sia il denaro. E non importa da che parte arrivi il denaro, l’importante è che arrivi e che io possa avere il telefonino, il Suv, gli abiti firmati. Questa predicazione “a rovescio” è stata fatta per trent’anni da Silvio Berlusconi, e adesso i suoi esperti ci spiegano che la crisi arriva dal di fuori, che non è colpa di nessuno e che caso mai è tutta colpa dell’attentato a New York del 2001. In questi trent’anni (Berlusconi appare come personaggio pubblico sul finire degli anni ’70) tutti i migliori sono stati sistematicamente emarginati, e la lista potrebbe essere lunghissima: tutto questo è ovviamente avvenuto con il consenso degli elettori, molti dei quali sono dispostissimi a farsi abbagliare da un abito elegante, da un tailleur, da un macchinone sportivo, da Tanzi e da Cragnotti e da Fiorani.
Se a tutto questo si aggiunge che il successo di Silvio Berlusconi negli anni ’70 è dovuto alla speculazione edilizia (dove ci sono oggi le case di Milano2 un tempo c’era la grande tenuta agricola dei Casati Stampa, per tacere di ciò che è stato fatto ad Antigua o in Sardegna), si spiega bene anche la colata di cemento che ha coperto tutta Italia negli ultimi decenni: che dire, speriamo che il prossimo presidente del consiglio sia un geologo, perché ne avremo sicuramente bisogno.

2 commenti:

Amfortas ha detto...

Oh, Giuliano, ti trovo in gran spolvero e sottoscrivo la tua lucidissima analisi.
Non è che si trovino ovunque parole così chiare.
Bravo, dico davvero.
Ciao!

Giuliano ha detto...

Caro Paolo, meno male che è arrivato Krasic!!!
:-)
almeno così mi tiro un po' su il morale...(sei mesi fa non avevo neanche questa possibilità, speriamo che almeno la Juve duri!)