domenica 2 ottobre 2011

Industriali e politici

Sono capitato su Jacopo Morelli, nuovo presidente dei Giovani Industriali, mentre stavo caricando sul televisore un dvd con un film di Jean Renoir, “Questa terra è mia”. Si sa che per caricare un dvd ci vuole sempre un po’ di tempo, nel frattempo il televisore era acceso, e a dire il vero non sapevo neanche che “Ballarò” era ricominciato, ma ecco qua una faccia nuova, finalmente: e così mi sono fermato ad ascoltare cosa diceva. Oltretutto, stava spiegando cosa bisogna fare per far ripartire il nostro Paese: ragion di più per fermarsi ad ascoltare, dato che si tratta di una persona molto giovane. Il programma dei Giovani Industriali è dunque diviso in quattro punti: al primo punto, spiega Morelli con molta sicurezza, dizione chiarissima e piglio convincente, c’è l’adeguamento dell’età pensionabile. Ho capito bene? Sembrerebbe proprio di sì. L’età a cui si va in pensione, al primo punto di un programma per la ripresa economica? Se mi si parla di bilanci, posso anche capire; ma se un dirigente d’azienda di trent’anni (forse anche meno) mi mette queste cose al primo posto del programma per ripartire, vuol dire che siamo proprio messi male, e che il male è destinato a durare anche per i prossimi decenni. Da un giovane industriale sui trent’anni (forse anche meno di trenta) mi aspettavo qualcosa di diverso dal solito ritornello dei vecchi industriali, magari avrei voluto sentir parlare di un piano industriale, qualche idea nuova, investimenti sulla ricerca... Il costo del lavoro e l’età pensionabile, insieme alla preoccupazione per le tasse e per i “lacci e lacciuoli” (cioè la sicurezza dei lavoratori e le garanzie per malattia e maternità) sono stati il cavallo di battaglia dei Vecchi Industriali negli ultimi trent’anni, con i risultati che abbiamo oggi sotto gli occhi. I risultati, tanto per intenderci, sono questi: tutte le nostre fabbriche sono emigrate all’estero, soprattutto nei Paesi dell’est Europa, ma anche in Turchia, o magari direttamente in Cina.

Chi ce le ha portate, queste fabbriche, fuori d’Italia? Qualche politico perverso e cattivo? Sembrerebbe di sì, a quel che si dice: anche l’autorevole Mario Monti, rettore veneratissimo della Bocconi, dice cose non molto diverse da queste, tipo che negli anni Settanta i politici per far ripartire l’economia giocavano sulla svalutazione della lira, che questo con l’euro non è più possibile, e che è per questo motivo che i giovani sono disoccupati. Sono disoccupati, a me sembra, perché gli industriali hanno chiuso qui e sono andati ad aprire le fabbriche all’estero; così facendo hanno magari salvato la ditta e il marchio, ma hanno creato centinaia di persone senza lavoro qui da noi. Insomma, questi esperti, opinionisti e manager bocconiani, si sono persi come minimo la caduta del Muro di Berlino, anno 1989: è da qui che bisogna partire per capire le ragioni della crisi. Sono passati ventidue anni, e ancora si sentono ripetere le storielle dell’età pensionabile e del costo del lavoro: mi immagino che tra qualche giorno si tornerà a parlare anche dei lacci e dei lacciuoli, che è tanto che non li sento nominare e a dire il vero comincio a impensierirmi. Gli unici provvedimenti presi in vent’anni sono stati proprio questi, quelli che vorrebbe il Giovane Industriale: riduzione del costo del lavoro, aumento dell’età pensionabile. Sono stati presi a partire da metà anni ’90, le agenzie del lavoro, il precariato, le Manpower e le Adecco e le Metis, per esempio. E l’età pensionabile è già stata alzata e adeguata, ma la crisi continua. Che fare? Emigriamo tutti in Romania?

PS: Intanto che sono qui che scrivo, arrivano altri analisti fenomenali, e ne devo citare almeno due: l’industriale Della Valle che compera una pagina intera dei quotidiani più diffuse (sono costosissime) per autoassolversi, dando tutta la colpa (ma proprio tutta) ai politici; e l’intero gruppo dirigente della Lega Nord che inneggia alla secessione, spiegando che il Sud è una zavorra e che il Nord da solo ha un PIL meraviglioso. Non so quanto durerà questo stato di felicità e benessere: qui intorno a me, tra Como e Varese, in questi ultimi dieci anni ho visto soltanto chiudere le fabbriche, mai riaprirle. Fabbriche che sono andate a produrre in Romania, in Croazia, in Egitto, nella Repubblica Ceca, in Cina (le industrie della seta ormai fanno tutto direttamente in Cina, qui la seta non si lavora quasi più), qui non torneranno mai più, e chissà chi le ha portate all’estero, queste Ditte. Forse qualche evento soprannaturale, forse gli extraterrestri, chissà.
PPS: il film di Jean Renoir, del 1943, non è uno dei suoi migliori ma tratta di un argomento di strettissima attualità: la zona grigia, le persone che – magari in buona fede, operosi, convinti di fare del bene - preparano l’avvento delle dittature.

7 commenti:

Alligatore ha detto...

Ben detto, sottoscrivo il tuo post parola per parola. La crisi, sotto gli occhi di tutti, è stata portata dalle politiche neoliberiste, che guarda caso gli industriali, vecchi o giovani, con le gonne o i pantaloni, continuano a riproporre senza vergogna: tagli nel sociale, aumento dell'età pensionabile, libertà di licenziare ...

Giuliano ha detto...

"La crisi dell'euro" l'ho appena letto su televideo...Sono in tanti che credono che sia colpa dell'euro! La realtà è che il mondo si muove, siamo in mezzo a un cambiamento, e una volta (fino a settant'anni fa) in momenti come questi nascevano le guerre e cambiavano i paesi dominanti.
L'euro è solo qualcosa di vistoso, che si vede e si tocca con mano: come se io mi dicessi "dovrei farmi ricrescere i baffi, piacevo di più alle donne": eh no, quando portavo i baffi avevo venticinque anni - triste da dire, ma è questo il vero problema.
grazie del commento!

Giuliano ha detto...

avviso per chi passa di qui: il codice per mettere i commenti non è opera mia. Mi trovo di sorpresa questi continui cambiamenti, non ho voglia di perdere mezzora ogni volta per cercare di capire cosa succede, e non so se continuerò a scrivere su un blog. Metterò ancora quelle cose che ho già pronte, poi chiudo.

franz ha detto...

sul terribile costo del lavoro in Italia:

http://slec.splinder.com/post/22915182/ma-e-lo-stesso-marchionne-di-pomigliano

forse Jacopo Morelli legge poco e male
"Guardati dall'uomo d'un solo libro" dice San Tommaso d'Aquino

speriamo che tu abbia pronte molte cose:)

Giuliano ha detto...

come diceva l'omino di Altan, in una battuta fra le più terribili, "dopo un po' la verità viene sempre a galla, ma da cadavere". La Fiat è già fuori dall'Italia, la decisione è presa da tempo e stanno solo facendo un po' di manfrina per dar la colpa a qualcun altro. Spero sempre che non sia così, ma diventa sempre più duro crederlo.

lastreganocciola ha detto...

Mannò, perchè chiudi? il codice lo puoi togliere andando su Impostazioni o Design, ma puoi anche lasciarlo lì, non è particolarmente irritante. Sembri un po' scorato su tutto, in verità, ma perchè prendersela con il blog? Io, per esempio, sono così contenta di leggerti che ti ho dedicato un post rubandoti tutto un pezzo di post: e poi arrivo qui e mi trovo questa notizia... ma uffa!
A prescindere, volevo consigliarti, al posto dell'immagino tristanzuolo e non incoraggiante Renoir, il cinicissimo Louise &Michelle di qualche anno fa che, pur non inneggiando a nessuma forma di ribellione davvero praticabile, riesce in qualche modo a esprimere la volontà di cambiare. Il finale non è proprio quello che ci aspetta, ma non delude.
Se non l'hai visto, però, attenzione: persone a cui l'abbiamo consigliato ci hanno detto:"oddio, ma come ha fatto a piacervi?" , proprio per il cinismo.

Giuliano ha detto...

Charles Laughton vale da solo la visione del film! meglio se in versione originale, of course. E poi c'è Maureen O'Hara, una delle donne più belle di tutta la storia del cinema -:-)
e poi il discorso sulla zona grigia è importante

Con i blog ce ne è sempre una nuova ogni giorno, cara Nocciolina...ho tolto un sassolino nuovo anche ieri, che stress.
a proposito, come stai? (magari te lo chiedo in privato)