martedì 28 febbraio 2012

Il Bancomat è sporco

La tattica è antica e funziona sempre: vi danno uno spintone, più o meno leggero, e poi si scusano. Se vi hanno fatto inciampare, vi aiutano a rialzarvi; e avete perfino il tempo di pensare “ma che persona gentile, meno male che esistono ancora persone educate”. Prima di accorgervi che non c’è più il portafogli, passa quel tanto di tempo da rendere inutile qualsiasi allarme.
E’ così che funziona, da secoli e forse da millenni. E’ anche per questi motivi che bisogna stare attenti quando vi parlano dei rom, dei fannulloni, degli extracomunitari, degli statali, delle generazioni precedenti che adesso noi giovani dobbiamo pagargli i debiti, o magari, come è successo in questi giorni con il sindaco di Tradate, dei bancomat sporchi.
E già, le tastiere dei bancomat sono quasi sempre sporche. Un grave problema, certamente: il sindaco minaccia multe salatissime alle banche, era ora che qualcuno gliela facesse pagare, alle banche! Questo del bancomat sporco sembra ormai il tema del giorno, che schifo il bancomat sporco, ha proprio ragione quel sindaco.
Questa vale per oggi, 28 febbraio 2012: domani ne arriverà un’altra, poi un’altra ancora. Del resto, non è mica una novità. La tattica è antica, e funziona da sempre.
George Orwell, da “1984“
(...) Nessun tentativo era mai stato fatto di metterli a parte della dottrina e dell'ideologia del Partito. Non era da augurarsi che i prolet avessero forti sentimenti politici. Si richiedeva soltanto che nutrissero una specie di elementare patriottismo sul quale si potesse contare tutte le volte che fosse necessario aumentare le ore di lavoro e diminuire le razioni. E anche quando succedeva che tradissero segni di malcontento (il che, pure, qualche volta succedeva) non c'era da preoccuparsene perché, essendo sprovveduti di idee generali, riuscivano a concentrarlo solo in certe stupidissime lamentele su questioni specifiche e sempre di nessun conto. I mali maggiori riuscivano invariabilmente a sfuggire all'attenzione delle loro menti. (...)
Ma i prolet, se soltanto fossero riusciti a rendersi conto di quale era effettivamente la loro potenza, non avrebbero avuto alcun bisogno di cospirare. Avevano soltanto bisogno di levarsi e di scuotersi, proprio come un cavallo che si scuote di dosso le mosche. Se l'avessero voluto, avrebbero potuto fare a pezzi il Partito anche l'indomani mattina. Prima o poi avrebbero dovuto capirlo! Eppure...
Ricordava d'una volta che stava camminando in una strada affollata e aveva udito un tremendo urlio di centinaia di voci che andava man mano crescendo (erano voci di donne) e a una traversa s'era accorto donde proveniva. Era un formidabile grido di rabbia e di disperazione, un altissimo "oh-o-o-oh!" che cresceva come l'eco sonora dei rintocchi d'una campana. Il suo cuore aveva fatto un balzo. È cominciata! s'era detto. Una sommossa! I prolet hanno infranto la loro schiavitú. Raggiunto che ebbe il luogo donde veniva il fracasso, vide una folla di due o trecento donne che si assiepava attorno ai banchetti d'un mercatino, con i volti in cui si leggevan l'ansia e la disperazione dei passeggeri d'una nave che stia naufragando. Ma proprio in quel momento il tumulto generale andava trasformandosi in una serie di litigi individuali (...)
(George Orwell, dal settimo capitolo di “1984” – ed.Oscar M., traduzione di Gabriele Baldini)

2 commenti:

giacy.nta ha detto...

e' questo il punto. Ne sono profondamente convinta anch'io. E' una dinamica che non ha mai smesso di riproporsi. Anche questo, purtroppo, vorrà dire qualcosa.

Giuliano ha detto...

da domani la Lombardia presenterà il conto a chi viene ricoverato in ospedale: hai voluto farti l'appendicite? questo è quanto ci sei costato.
Naturalmente, il giorno prima, deve partire qualcuno a dire qualcosa che faccia discutere i prolet...