domenica 21 ottobre 2012

Bagarini

Leggendo si fanno delle scoperte curiose. Per esempio, nel Don Chisciotte si racconta anche dei bagarini: che però non sono quelli che rivendono i biglietti. L’episodio è quello di Zoraide di Granata, uno dei racconti inseriti nella storia, che non coinvolge direttamente Sancho e il Cavaliere:
(...) Come ci fummo raccolti, rimanemmo un po' incerti se sarebbe stato meglio andar prima a rilevare Zoraide, ovvero impadronirci dei Mori bagarini che vogavano al remo nel vascello; e mentre stavamo cosí perplessi, venne a noi il nostro rinnegato a dirci cosa s'indugiasse, che ora era il momento, che tutti i suoi Mori non facevano alcuna vigilanza e anzi la piú parte di essi dormiva. Gli dicemmo a cosa pensavamo, ma egli rispose che il piú importante era impadronirci prima del vascello, cosa che si poteva fare con grandissima facilità e senza alcun pericolo, e che poi potevamo andare a prendere Zoraide. Ci parve giusto a tutti quel che diceva; cosicché, senza trattenerci di piú, facendoci egli da guida, arrivammo al vascello. Egli vi saltò dentro per primo e, impugnando una scimitarra, gridò in moresco: - Nessuno di voi si muova di qui, se non vuole rimetterci la vita. (...)
(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, parte prima capitolo XLI )
Il curatore della traduzione, Alfredo Giannini (il mio libro è la storica edizione Sansoni) aggiunge una nota che spiega il significato della parola: i Mori bagarini, dall’arabo bahar, “nave”erano i Mori che, “pagati, avevano sulle navi ufficio di rematori”. Infatti, sulle navi a remi c’erano anche lavoratori pagati, e non solo schiavi o prigionieri: succedeva così anche a Venezia, e va ricordato che Cervantes aveva un passato di combattente proprio sulle navi, e prese parte alla battaglia di Lepanto; magari le storie sono inventate, ma i dettagli ce li sta raccontando in prima persona.
Dato che con i bagarini ho avuto a che fare in passato, sono andato a cercare sul dizionario Zingarelli, che propone un’altra etimologia, sempre dall’arabo: “baggalin”, mercanti che vendono al minuto. La definizione precisa è : “incettatore di cose che si prevede di vendere a un prezzo più elevato”.
I bagarini sono un altro simbolo di come è cambiata la nostra società. Fino a tutti gli anni ’80, erano persone normali, un’attività non propriamente legale ma comunque non preoccupante. Comperare un biglietto della partita di calcio e rivenderlo a prezzo maggiorato era un modo come un altro per sbarcare il lunario, nessuno se ne è mai scandalizzato. Ma da metà anni ’90 in poi qualcosa era cambiato. A quel tempo era difficile accorgersi del cambiamento, e del resto l’attività dei bagarini non è una mai stata una cosa importante; ma da allora i vecchi bagarini sono quasi scomparsi, sostituiti quasi sempre da personaggi molto meno rassicuranti.
Ho frequentato il loggione della Scala per quasi vent’anni consecutivi, poi ho smesso. Non ho mai avuto bisogno dei bagarini perché i biglietti che comperavo io costavano poco, in inglese si chiamano “standing tickets”, i posti in piedi su in alto vicino al soffitto. E’ il posto dove si ascolta meglio, questioni di acustica. I bagarini erano sempre gli stessi, le stesse persone; ci si conosceva e ci si parlava, difficilmente venivano a chiedere o a offrire dei biglietti e questo poteva succedere perché avevano già il loro giro, negli alberghi di Milano c’era sempre qualche turista che all’ultimo momento chiedeva se c’era possibilità di andare alla Scala, e di solito in queste occasioni non si bada al prezzo.
Il giorno in cui mi resi definitivamente conto che qualcosa era cambiato è stato nel febbraio 1996, per una recita di un’opera poco nota, “Il giocatore” di Sergej Prokofiev (soggetto tratto da Dostoevskij). Un bagarino, che peraltro mi conosceva benissimo, aveva deciso che io non avevo risposto a un appello, quindi ero stato cancellato dalla lista: non era vero, ma lui aveva bisogno dei biglietti. Le code alla biglietteria erano state gestite per anni dagli spettatori stessi, anche dei bagarini ci si poteva tutto sommato fidare; ma da poco tempo era entrato in vigore un altro sistema, appoggiato in maniera non ufficiale anche dal teatro stesso.
Provo a sorvolare su quello che è successo: dico solo che sono entrato quel giorno perchè il bagarino si è reso conto che io ero molto più grosso e più alto di lui. Avrà tagliato fuori qualcun altro, suppongo. Da allora mi sono detto che non l’avrei più fatto, era la prima e l’ultima volta. Sono andato all’opera ancora per un anno, nel 1997; e sempre più raramente. Dopo, ho detto basta: mi sono guardato in giro, circolavano facce sempre meno rassicuranti, a me non piace dover litigare.
Insomma, gliel’ho data vinta: è andata così anche in politica, se ci pensate bene. Si fanno sempre più concessioni, a nessuna persona normale piace litigare, e si finisce per assecondare i bagarini – o fate voi chi, ci siamo capiti.
PS: per ulteriori riflessioni in proposito, rimando al mio post su Bartok e il Mandarino Meraviglioso.

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