- Antefatto (gennaio).
Porto gli occhiali da quando facevo la terza
elementare, e ormai sono parte di me stesso. Ma sono lenti spesse e
pesanti: manca poco alle 10 dieci diottrie. Così, quando l'oculista
durante una normale visita di controllo mi dice che io sarei il
soggetto ideale per un'operazione di correzione della miopia,
comincio a prendere seriamente in considerazione la cosa. Oltretutto,
già l'anno prima, durante un'altra visita, l'oculista mi aveva
accennato a questa possibilità. La tecnica è nuova ma ormai
collaudata, il mio oculista è bravissimo e ormai lo conosco bene, e
così mi sottopongo subito ad una visita più accurata, mirata
all'intervento.
L'operazione riesce benissimo, e nel giro di un
mese gli occhiali sono ormai solo un ricordo. Nel frattempo ho
ripreso a lavorare; e siccome lavoro in un laboratorio chimico
comincio a pormi qualche domanda. E' vero che il laboratorio non è
dei peggiori, anzi: però qualche volta capita di usare l'acido
solforico concentrato, o magari la soda caustica al 50%...Prima avevo
sempre gli occhiali da vista, che un minimo di protezione me la
davano; adesso non è più così, e allora vado dal mio amico
magazziniere a chiedere gli occhiali di protezione, che fin qui non
avevo mai adoperato.
Sorpresa: il magazziniere, ottimo amico e
bravo persona, mi dice di no, che non può darmeli: - Mi dispiace,
ma gli occhiali di protezione non sono previsti fra i dpi del
laboratorio. Non sono indispensabili, e non vengono forniti. Puoi
averli, ma devi chiederli al direttore: se lui fa una deroga, vieni
qui che te li dò.
Dpi è l'abbreviazione che si usa per indicare i
"dispositivi di protezione individuale": la Direzione,
insieme al Medico di Fabbrica e alla Commissione per la Sicurezza,
composta da gente esperta, decide fabbrica per fabbrica, nel rispetto
della legge, quali sono i dpi necessari reparto per reparto. Gli
occhiali di sicurezza spettano ai lavoratori che fanno travasi, dai
fusti alle cisterne, per esempio; o dai serbatoi ai fusti, e via
dicendo. Nei reparti il rischio di vedersi schizzare qualcosa in un
occhio è piuttosto alto, ed allora è necessario premunirsi. La
Direzione invece ha valutato i rischi che si corrono in laboratorio:
pressoché nulli, hanno concluso. E allora, perché spendere soldi
inutilmente?
- Prologo (gennaio).
La Direzione, riunita con tutta la Commissione di Sicurezza, vuole
ridurre al minimo i rischi. Per quanto riguarda il laboratorio, d'ora
in avanti molte materie prime non verranno più campionate: troppo
rischioso il prelevamento del campione e il suo stoccaggio. L'acido
solforico e l'acido cloridrico, per esempio, possono corrodere
coperchi e guarnizioni dei vasetti nei quali vengono campionati e
stoccati; ma la lista è piuttosto lunga e alle volte sorprendente,
tenuto conto che siamo tutti chimici di buoni studi e di lunga
carriera.
- Anche l'acqua ossigenata? - chiedo io
- Sì, hai
ragione: ma tanto a te cosa ti interessa? A loro va bene così, e per
noi è tutto lavoro in meno.
Boh, un po' a me dispiace: fare il
chimico di laboratorio è divertente, e analizzare le materie prime
aiuta a tenere in mente concetti e formule... Comunque il mio collega
ha ragione: non è una decisione che spetta a me, e mi toglie un po'
di lavoro. Pazienza: si può fare, perché lavoriamo in regime di
Certificazione di Qualità. Le materie prime arrivano dai nostri
fornitori con il loro bravo Certificato d'Analisi, che è un
Documento Ufficiale; e anche noi facciamo così con i nostri prodotti
in uscita. Se tutto è certificato non c'è bisogno di controllare,
no?
- Tragedia (agosto)
E' l'ultimo giorno di lavoro, poi la
fabbrica chiude. Io sono già in vacanza e lo verrò a sapere a fine
mese, ma proprio all'ultimo giorno di lavoro il mio collega che si
cura del prelevamento dei campioni ha un incidente serio: nel
riordinare i vasetti dei campioni, scivola sulla scaletta e ne
rovescia alcuni dagli scaffali. Sfortuna vuole che uno dei vasetti,
rovesciandosi, versi una parte del suo contenuto nei suoi occhi;
fortuna vuole che il danno non sia grave, anche se l'amico avrà da
tribolare per tutto il mese di agosto.
L'uomo viene trasportato
d'urgenza al pronto soccorso, e di conseguenza si apre un verbale
relativo all'infortunio, cosa che fa sempre cattiva impressione, nei
riguardi dell'azienda, e fa scattare aumenti assicurativi. Di
conseguenza, il Direttore in persona piomba in laboratorio, convoca
tutti i presenti e ordina (sottolinea: ORDINA) che d'ora in poi, per
prevenire questi incidenti, tutti (dicasi: TUTTI) dovranno portare
gli occhiali di protezione; e dovranno portarli sempre (ovvero:
SEMPRE ) qualsiasi cosa si faccia, anche un travaso d'acqua
distillata.
Al mio rientro in fabbrica, provo a discutere la cosa
e a ragionarci sopra. Primo: il vasetto conteneva acido solforico. Da
dove veniva l'acido solforico, per di più concentrato? Non ne erano
stati vietati il campionamento e lo stoccaggio? Secondo: il
campionatore stava usando una scaletta a norma, questo sì: ma il
terreno sul quale poggiava non era livellato, e anzi un po'
accidentato. La scaletta, d'alluminio e leggera, non era in piano; e
già una volta io, salendoci, avevo rischiato di ribaltarmi. Terzo:
com'è che sei mesi fa gli occhiali non erano necessari, e adesso
invece bisogna portarli sempre ma proprio sempre?
- Conclusione
(settembre). Sono nell'ufficio del Direttore. Con lui c'è il Capo
del Personale. Mancherebbe la Dottoressa, che è quella che mi ci ha
mandato: ma forse è meglio che non ci sia, meglio discutere queste
cose tra addetti ai lavori. Espongo le mie considerazioni, e il Direttore
risponde ad alcune delle mie osservazioni, ma non a tutte. Per
esempio, io so perché c'era qual vasetto di acido solforico: veniva
dall'impianto di solfatazione, del quale è un sottoprodotto. Quando
l'impianto non funziona bene e c'è qualche dubbio, il dottor Biribò
fa prelevare un campione di acido solforico per farne il titolo (cioè
la concentrazione). E' un acido solforico nero e fumante, non quello
limpido e denso che gli alchimisti chiamarono, per l'appunto,
vetriolo: è nero perché sporco, e fuma perché contiene anidride
solforosa e solforica. Come procedura, disposizioni interne a parte,
può andare; non può andar bene invece il fatto che detto acido
solforico fumante venga campionato dentro vasetti di vetro buoni per
la marmellata o i sottaceti, come facciamo da sempre in questa Ditta.
Il Direttore ascolta questa mia considerazione e anche tutte le
altre, e scuote la testa: non ho capito, e se ne dispiace
sinceramente perché mi conosce bene e apprezza molto il mio lavoro.
Ribadisce l'obbligo di portare sempre e comunque gli occhiali di
plastica trasparente: fanno così anche in Germania, non lo sapevo
forse? E' la norma, e non si discute. E poi, via, non è vero che la
scaletta traballa! Ma la parola finale la lascia al Capo del
Personale, che fin lì è rimasto zitto o quasi. Anche lui è una
brava persona, è molto comprensivo e fin qui ha avuto pazienza, mi
spiega; ma ormai certe cose dovrei saperle, dice: siamo in fabbrica,
e si esige disciplina. Il concetto lo spiega ancora meglio, e lo
ribadisce più volte durante il suo intervento:
- Lei non deve
rompere i coglioni. Lei deve smetterla di rompere i coglioni. Se
proprio vuole rompere i coglioni, vada a farlo da un'altra
parte...
Eccetera, con variazioni sul tema, ma non molte.
L'importante è il concetto, che è solido e ben chiaro.
-
Epilogo. Esco dall'ufficio del Direttore e vado finalmente in
magazzino a ritirare il mio dpi, cioè gli occhiali di plastica
trasparente che mi serviranno da protezione.
- Sono piccoli, mi
vanno stretti e rischio di cacciarmi le stanghette in un occhio. E
poi mi segnano il naso, - dico all'amico magazziniere, forte della
mia trentennale esperienza di utilizzatore di occhiali.
- Spingi
un po' che entrano. - mi risponde l'amico.
Ed è vero. Spingendo
un po', entrano; e dopo un po' si assestano. L'unico problema è se
si appannano, o magari se si rigano...
- Finalino moralistico
(marzo, l'anno dopo). Arriva in laboratorio Luciano B. con un vasetto
(tipo sottaceti, coperchio metallico) pieno di roba nera, fumante. Ha
i guanti, il casco, gli occhiali e la maschera di protezione.
-
Che cos'è? - gli chiedo.
- Ah, niente, le solite cose. L'impianto
di solfatazione non va bene e il dottor Biribò vuole sapere com'è
il titolo dell'acido solforico. Telefona subito in reparto, che è
urgente.
(anni 2000-2003)
PS: ad oggi, anno 2020, gli incidenti sul lavoro continuano ad esistere. Per essere più precisi: ci sono meno posti di lavoro, ma gli incidenti sul lavoro (anche gravi, o gravissimi) continuano a crescere. L'illusione è che tutto si possa risolvere con un casco, un paio d'occhiali, i guanti: sono più che sicuro che gli operai morti all'acciaieria Thyssen di Torino avevano il casco in testa, e magari anche tutti i dpi; ma se avessero detto cosa non andava sarebbero stati licenziati. Negli anni '90, prima delle leggi sul lavoro oggi in vigore, i corsi sulla sicurezza (l'allora legge 626) erano gestiti insieme da Sindacati e Confindustria, alla pari: si insegnava che lavoratori e datori di lavoro avevano pari valore, quando si trattava di non farsi male. Ma, a quei tempi, essere licenziati era ancora abbastanza difficile; oggi non serve nemmeno più licenziare, esistono i contratti a termine.