giovedì 4 ottobre 2012

Gluck

Magnanimi pensieri...
eccovi in libertà
(Alceste di Gluck, atto 2 scena II)
L’inferno di Gluck, le Furie e la discesa nell’oltretomba, l’incontro di Orfeo con l’aldilà, sono stati uno dei momenti decisivi nella mia vita personale, e non solo per quanto riguarda la musica. Avevo più o meno diciott’anni, fino a quel punto l’opera lirica non mi era mai piaciuta, ascoltavo tutt’altro; e del mondo del mito, delle aure di cui parlava in quegli anni Elemire Zolla, avevo solo vaghe nozioni scolastiche.  L’incontro con questa musica per me ha cambiato tutto, e soprattutto ha spazzato via tutti i luoghi comuni più o meno televisivi su tenori, baritoni e soprani: una ventata di novità, che mi aspettava da più di duecento anni.
L’edizione che avevo ascoltato era quella storica diretta da Toscanini, trasmessa per radio e in seguito registrata da me per puro caso; negli anni seguenti ne avrei ascoltate altre versioni (emozionante quella con Kathleen Ferrier) e, soprattutto, avrei avuto l’occasione di assistere alle recite del 1989, dirette da Riccardo Muti e con protagonista Bernadette Manca di Nissa (grandissima cantante, ma di lei si è sempre parlato poco).
Questa scena, quella della discesa agli inferi, è nel secondo atto dell’Orfeo di Gluck; ebbe grande impatto fin da subito, ed è stata ripresa e copiata infinite volte. Ripresa e copiata non solo ai suoi tempi e nell’Ottocento, come si potrebbe pensare, ma anche nei nostri tempi, e ancora oggi. Molti compositori di colonne sonore per il cinema ci hanno costruito sopra una piccola fortuna, ovviamente senza mai citare Christoph Willibald Gluck, che non ha più l’età per chiedere i diritti d’autore.
 Gluck è stato anche uno dei modelli per Mozart: era suo contemporaneo ma più anziano (1714-87, Mozart nacque nel 1756).  Mozart lo scelse come modello per la sua prima opera veramente personale, l’Idomeneo: che è molto bella e molto mozartiana, ma che a Gluck somiglia moltissimo.
I libri raccontano dell’importanza di Gluck, della sua riforma del melodramma, ma Gluck lo si può ascoltare e capire anche senza sapere tutto questo, la sua musica ci arriva direttamente e l’impianto drammatico delle sue storie è sempre stato attuale, lo stesso da millenni. Gluck, come Monteverdi, si ricollega direttamente alle origini del rito e del teatro, ad Eschilo, a Euripide, all’Iliade, ai greci. Dire “le origini del teatro” in questo caso significa dire “le origini della comunicazione umana”; ed è quindi qualcosa di cui avremmo molto bisogno.
Alcune opere di Gluck sono state scritte due volte, in italiano (per Vienna) e in francese (per Parigi). Per l’Orfeo si tratta di differenze importanti ma che non cambiano l’impianto della storia, per l’Alceste si tratta invece di due opere molto diverse: l’Alceste francese è più simile a Lully,  quella italiana è terrena e commovente, forse più vicina alla tragedia greca, meno solenne e più vicina alla nostra sensibilità. Per chi non conoscesse la storia, Alceste è regina di Tessaglia, e sta assistendo inerme alla malattia del marito Admeto: invoca gli dei (le divinità dello Stige) che le concedono la salvezza di Admeto, però lei dovrà morire al suo posto. Per amore, Alceste accetta il patto, pur straziata dal dolore di dover lasciare i suoi figli; nel secondo atto vediamo Admeto risanato e felice, ma presto scoprirà la verità. In entrambe le versioni è previsto un lieto fine, quando già Alceste è entrata fra le ombre: nella versione francese (come in Euripide) a riportare alla luce la donna è Eracle; nella versione italiana è una voce dal cielo che rende l’amata moglie al marito e ai figli.
La scena della discesa agli inferi dunque interessava molto a Gluck, e dopo l’Orfeo ne abbiamo un altro esempio meraviglioso nell’Alceste. Alceste è più rituale, sacrale e solenne; l’Orfeo sembra invece un sogno o un film d’avventure, la sua discesa negli inferi è spettacolare e sconvolgente tanto quella di Alceste è intima e straziante Le due storie sono molto diverse, Alceste è una madre e una moglie, Orfeo è il figlio di un dio; eppure la commozione è identica, la musica di Gluck è sempre ispirata e toccante.
Molto belle anche le due opere dedicate al mito di Ifigenia, “Ifigenia in Aulide” e “Ifigenia in Tauride”; e le musiche per balletto, tra le quali quelle per il “Don Giovanni” che contengono già la danza delle Furie poi ripresa e ampliata nell’Orfeo. Le opere e le musiche di Gluck sono molte, per nostra fortuna; per me, oltre all’Orfeo e all’Alceste in versione italiana, ha un posto particolare l’Armida, per il soggetto e per suo finale, uno dei più belli e spettacolari (in calando, solenne e drammatico) di tutta la storia dell’opera.
Continuo ad ascoltare Gluck, è una musica che mi piace molto e che molto spesso mi ha aiutato nei momenti difficili. Non è musica che si possa ascoltare tutti i giorni e in tutti i momenti, e richiede attenzione e partecipazione: del resto, il mito di Orfeo è all’origine della musica stessa, e va a toccare corde profonde nel nostro cuore.
 Dal lieto soggiorno, funesti pensieri
fuggite, volate.
Al trono d'intorno, ridenti piaceri
venite, tornate.
(gluck-calzabigi: alceste )

(le immagini vengono da giornali del 1987, anno in cui Riccardo Muti diresse l'Alceste alla Scala, e da programmi di sala)
PS; per il discorso sulle voci di contralto, rimando a questo mio post; per quanto mi riguarda, non sopporto le voci maschili in falsetto.

4 commenti:

giacy.nta ha detto...

penso che i tuoi post siano come musica, come uno spartito musicale, tanto sono armoniosi. Questo mi sembra una partitura rovesciata ed il finale una ouverture :)

Giuliano ha detto...

Gluck mi fa compagnia da molto tempo...mi ha davvero aperto delle porte, non solo in musica.
curiosamente, le edizioni discografiche di Riccardo Muti non sono all'altezza delle sue esecuzioni alla Scala, io ho le registrazioni dalla radio e me le tengo da conto, peccato che non siano in commercio.
Dell'Alceste italiana c'è una versione di grande bellezza con Kirsten Flagstad protagonista, ma ormai sarà difficile trovarla

Grazia ha detto...

Ha ragione Giacinta: sono davvero belli questi tuoi post musicali.
Vado subito a ascoltare Gluck: l'Alcesti per me è una scoperta!

Giuliano ha detto...

Grazia, non ne parla mai nessuno, ed è davvero triste. L'Alceste francese a me non dice molto, quella italiana mi fa venire ancora i brividi perché c'è un doppio coro finale (uno sul palcoscenico, i vivi, e uno dietro il palscoscenico, le anime) che in disco non viene come dovrebbe, ma in teatro è un effetto straordinario. Nell'edizione francese c'è Ercole, un po' scontato come effetto.
Comunque il titolo è proprio Alceste, sia per l'italiano che per il francese, ovviamente con pronunce diverse. La confusione, ovviamente, è più che normale! (come per I Troiani e Le Troiane: Berlioz ha musicato I Troiani, cioè la caduta di Troia e la fuga di Enea, ma quasi tutti ci cascano, del resto l'opera non è notissima fuori dal cerchio degli appassionati)