Tutto sembrava molto goffo, mi riusciva
incredibile che la gente potesse non dico apprezzare ma anche solo
prendere sul serio questa versione del dramma, questa parodia. Avevo
un’idea (come sempre, in parte immaginaria ma che a suo tempo si
rivelò vicinissima al vero) della sovrumana grandezza dei testi di
Shakespeare, e mi pareva assurda la pretesa di rappresentarli in
forme corporee. Sturbare quello sgorgo di quasi comprensibili versi
immortali, farne una piccola sagra di gente con le barbe finte, con
strane parrucche, o (peggio) col ciuffo dei propri capelli devastato
dai tipici tagli inglesi da dopoguerra, specie sopra la coppa...
Affidarsi a voci, alcune roche, alcune nasali, a corpi non tutti molto belli o
almeno molto brutti: e poi vestire il grande Re a quel modo, quando
non era in camicia, in divisa da Vigilanza Notturna!
Luigi Meneghello, Il dispatrio pag20
ed. BUR 2007
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