Una spiga da sola non fa forza; tante spighe legate insieme fanno un bastone, qualcosa con cui far leva, il manico di un’ascia. Il simbolo del fascio si spiega con facilità, anche se il disegno in sè è sempre poco chiaro; ed è l’ennesimo simbolo positivo che poi si trova ad essere frainteso e traviato.
Conosco questa spiegazione perché me l’hanno detta i miei vecchi: per chi è nato negli anni ’20 e ’30, in Italia, l’educazione fascista era obbligatoria e non si poteva scappare né svicolare: a scuola, tutti in divisa da balilla o da giovane italiana, e via con l’indottrinamento a martello. Molti conservano un buon ricordo di quei tempi, e li capisco perché i princìpi di base erano buoni, così come buono era il simbolo di partenza; ma mi chiedo come mai ci sia ancora chi non si sappia distinguere tra il principio in sè e la sua applicazione pratica.
Prendiamo il motto numero uno: Dio, Patria e Famiglia. Santo Cielo! La disastrosa campagna di Russia, la perdita dell’Istria e di Fiume, le truppe mandate alla sconfitta in Albania e in Grecia, i racconti stupefatti dei nostri fanti ad El Alamein davanti all’organizzazione militare vera dei tedeschi e degli inglesi, le leggi razziali, le stragi di civili in Libia e in Etiopia, la disfatta dell’8 settembre 1943, la fuga del re, la svendita dell’Italia del Nord ai nazisti con la RSI, morti e feriti, macerie e distruzione... No, meglio dimenticarselo, il fascismo: se solo lo si potesse fare. Almeno c’era la scusa che una volta la gente era ignorante, ma non per sua colpa; oggi essere ignoranti significa proprio non voler sapere né vedere. Il Fascio Littorio viene dall’antica Roma, e all’antica Roma, una romanità d’accatto, fanno capo tutti i simboli fascisti, dall’aquila imperiale in giù: a significare una grandezza militare che era solo cialtroneria e slogan, parole al vento, alpini con le suole di cartone mandati a sicura morte in Ucraina. Ma sull’antica Roma penso che sia facile reperire informazioni, e bene o male a scuola tutti ne abbiamo studiato la storia. In ogni caso, l’antica Roma fu davvero una potenza militare e culturale: una cosa ben diversa dall’Italietta fascista.
Il simbolo del fascio, l’unione fa la forza, tutti insieme per lavorare meglio, sembrerebbe una cosa di sinistra: e infatti Mussolini lo prese dal suo passato di socialista, il movimento dei Fasci Siciliani.
Ecco cosa ne dice wikipedia:
« I Fasci siciliani (anche Fasci Siciliani dei Lavoratori) furono un movimento di massa di ispirazione democratica e socialista, nato in Sicilia fra il proletariato contadino, minatori ed operai dal 1891 al 1893. Fu sopito solo dopo un intervento militare. Sull'esempio dei fasci operai nati nell'Italia centro-settentrionale, il movimento fu un tentativo di riscatto delle classi meno abbienti, inizialmente formato dal proletariato urbano ed a cui si aggiunsero braccianti agricoli, "zolfatai" (minatori), lavoratori della marineria ed operai. Essi protestavano sia contro la proprietà terriera siciliana, sia contro lo Stato che appoggiava apertamente la classe benestante. La società siciliana era allora parecchio arretrata, il feudalesimo pur se abolito (dagli stessi aristocratici illuminati) agli inizi del XIX secolo aveva condizionato la distribuzione delle terre e quindi delle ricchezze. L'unità d'Italia dall'altro lato, non aveva portato i benefici sociali sperati ed il malcontento covava fra i ceti più umili. Il movimento chiedeva fondamentalmente delle riforme, soprattutto fiscali ed una più radicale nell'ambito agrario, che permettesse una revisione dei patti agrari (abolizione delle gabelle) e la redistribuzione delle terre.
I Fasci furono ufficialmente fondati il 1 maggio del 1891, a Catania e guidati da Giuseppe de Felice Giuffrida. Il movimento era però nato in maniera spontanea già alcuni anni prima a Messina. A questo fece seguito il Fascio di Palermo (29 giugno 1892) guidato da Rosario Garibaldi Bosco e la costituzione del Partito dei Lavoratori Italiani (agosto 1892). A questi due fasci se ne aggiunsero altri e già a fine 1892 il movimento si era diffuso in tutto il resto dell'isola con sedi in tutti i capoluoghi tranne Caltanissetta. Il 20 gennaio 1893 a Caltavuturo (PA) 500 contadini di ritorno dall'occupazione simbolica di terre di demanio vengono dispersi da soldati e carabinieri con i fucili e tredici manifestanti cadono vittime. Al massacro di Caltavuturo seguono numerose manifestazioni di solidarietà da parte dei Fasci e sul piano nazionale e tendono ad aumentare l'esasperazione dello scontro sociale.
Il 21 e 22 maggio 1893 si tiene il congresso di Palermo vi parteciparono 500 delegati di quasi 90 Fasci e circoli socialisti. Venne eletto il Comitato Centrale, composto da nove membri: Giacomo Montalto per la provincia di Trapani, Nicola Petrina per la provincia di Messina, Giuseppe De Felice Giuffrida per la provincia di Catania, Luigi Leone per la provincia di Siracusa, Antonio Licata per la provincia di Girgenti, Agostino Lo Piano Pomar per la provincia di Caltanissetta, Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro per la provincia di Palermo. L'apice del movimento fu raggiunto nell'autunno del 1893, quando il movimento organizzò scioperi in tutta l'isola e tentò un'effimera insurrezione. La società siciliana fu sconvolta, ovunque si ebbero violenti scontri sociali, ed il movimento dettò le proprie condizioni alla proprietà terriera per il rinnovo dei contratti.
In questo contesto il presidente del consiglio Francesco Crispi, siciliano, nel tentativo di ristabilire l'ordine ascoltò le sole istanze dei possidenti, ed adottò la linea dura con un intervento militare. Il movimento fu sciolto e i capi vennero arrestati dal Commissario Regio Roberto Morra di Lavriano. Il 30 maggio il tribunale militare di Palermo condannò Giuseppe de Felice Giuffrida a 18 anni di carcere, Rosario Bosco, Nicola Barbato e Bernardino Verro a 12 anni di carcere quali capi e responsabili dei Fasci siciliani. L'on. de Felice fu difeso in sede giudiziaria dall' avvocato siciliano G.B. Impallomeni. Nel 1895 con un atto di amnistia venne concessa la clemenza a tutti i condannati in seguito ai fatti dei Fasci siciliani.
Si concludeva così in modo violento il primo vero movimento organizzato contro i proprietari fondiari, e di emancipazione delle classi più umili. » PS: il dipinto è "Le spigolatrici" di Millet; il fascio di di spighe e di fiori l'ho trovato in un catalogo di fiorista su internet ma ho perso l'indirizzo (e me ne dispiace molto, è davvero bello).
PPS: Non c’entra con il discorso sui simboli, ma ho notato che su internet ogni volta che si fa il nome di Giorgio Bocca, anche su un blog minuscolo, prima o poi arriva il commento di disturbo: “Bocca fu fascista!” : viene da pensare che ci sia dietro un’organizzazione capillare, sistematica e anche molto paziente. Anche Bocca è nato negli anni ’20, come Enzo Biagi, come Dario Fo, come tanti altri antifascisti di destra, di sinistra e di centro; l’essere fascista a quei tempi era obbligatorio e quasi inevitabile, va a grande merito di Bocca e di tutti gli altri l’aver abbandonato il fascismo prima di aver raggiunto la maggiore età.
2 commenti:
Questa sera due minuti sono riuscito a recuperarli, non tanto per leggerti (non appena posso lo faccio sempre), ma per commentare un tuo articolo.
Stupendo!
Un abbraccio, Giuliano
A presto
Come diceva Philip K. Dick, la realtà è quella cosa che non se ne va quando smetti di pensarci...
Caro amico, come si fa a ignorare la realtà storica? (eppure è quello che succede, anche questo mio intervento di oggi sarà del tutto inutile di fronte a certe zucche - alcune coltivate con cura, anche allo stadio)
poi passo a trovarti
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