martedì 24 novembre 2009

Obsoleto

Spesso per capire che cosa succede è utile rovesciare le domande: un piccolo trucco di tutte le scuole filosofiche, dai gesuiti ai buddisti tibetani.
Per esempio, più che domandarsi “perché oggi c’è la crisi” è utile domandarsi: “Come mai prima non c’era la crisi?”
Storicamente, l’Italia è sempre stato un Paese povero, con milioni di emigranti che andavano a cercar fortuna altrove. Ma di questo abbiamo perso completamente la memoria: ci ricordiamo (anche per motivi anagrafici) ormai solo del periodo felice, dell’Italia ricca e prospera. Un periodo che va grosso modo dalla fine degli anni ’40 fino agli inizi degli anni ’90: questo periodo corrisponde in pieno al tempo intercorso tra gli accordi di Yalta e la caduta del Muro di Berlino.
Il Muro ci ha protetti, e molto; e gli USA avevano tutto l’interesse a finanziare la nostra crescita, perché in quel contesto l’Italia era un Paese geograficamente importante. Ma poi le cose sono cambiate: e va ricordato che la Germania Est comprendeva gran parte di quello che fu l’Impero Prussiano, e che in Cecoslovacchia fino agli inizi del Novecento c’erano industrie importantissime, di ottica e di ingegneria. Queste industrie, dal 1945 al 1989, per noi “di qua dal Muro” è come se non fossero esistite; ma oggi sono tornate (la Fiat costruisce automobili in Polonia, ogni tanto va ricordato, e non più a Mirafiori o ad Arese; e quasi tutte le industrie del Veneto hanno spostato la produzione in Romania).

Mi sembrano considerazioni banali, e a dire il vero mi vergogno un po’ a scriverne. Però non passa giorno senza che non senta ripetere il vecchio ritornello: “i disoccupati devono rimboccarsi le maniche, fare come ho fatto io, come hanno fatto i miei figli che sono andati a lavorare d’estate”, e via con tutti i luoghi comuni sull’operosità brianzola (benedetta gente, sia ben chiaro: ma lavorare 14 ore al giorno non è prerogativa solo dei brianzoli, lo fanno anche i cinesi - che sono molti di più dei brianzoli, tra l’altro).
In questo contesto, i politici insistono con le rottamazioni, gli incentivi, le detassazioni: tutte cose utili, ma che si limitano a spostare il problema un po’ più in là di qualche mese o di qualche anno. Cosa se ne fa di una detassazione uno che non lavora o che non riesce a ottenere crediti dalle banche? Come si fa a dire a un disoccupato di “rimboccarsi le maniche, darsi da fare, io non starei con le mani in mano” (lo ha fatto Berlusconi di recente, lo hanno ripetuto altri, e in buona fede), se gli industriali trasferiscono i posti di lavoro in Romania, in Cecoslovacchia, in Cina?
Qui si continua a credere che per trovare lavoro basti volerlo, che chi ha voglia di lavorare un lavoro lo trova sempre, e che chi non trova lavoro è un lazzarone: una mentalità che rivela uno sguardo volto inesorabilmente al passato. Così come inesorabilmente rivolto ai gloriosi anni ’50 e ’60 è lo sguardo di chi pensa che l’edilizia possa risolvere il problema (costruire ancora? a Milano? ormai per trovare aree libere si sono ridotti a sfrattare i rom e i centri sociali, altri spazi non ce ne sono più e tra un po’ le immobiliari prenderanno in considerazione anche il sagrato del Duomo...), o che per risolvere il problema del traffico si debbano fare le terze, quarte, quinte, seste corsie. Il rischio è di non sapere affrontare il cambiamento in corso, e di venire travolti dal cambiamento, ma sembra che siano in pochi ad averlo capito: gli altri, operai compresi, pensano ancora alle vacanze a Sharm e alle Maldive, come faceva Fantozzi. E magari ci andremo ancora, in viaggio: ma con la valigia di cartone dei nostri nonni e bisnonni.

2 commenti:

Amfortas ha detto...

Hai prefettamente ragione, qualche volta pare di scrivere cose banali, eppure...
Io sono spaventato da questa emergenza continua, dove la parola programmazione non esiste né, forse, è mai esistita.
Ciao.

Giuliano ha detto...

Si vincono le elezioni, con questi sistemi: a questo bastano, di più non interessa a questa orribile classe dirigente. Oppure si perdono, e allora si tira un sospiro di sollievo perché la patata bollente è passata a un altro - e poi si comincia una campagna stampa contro la sinistra "che mette tante tasse".
Capirlo non è difficile, ma la gente si beve tutto: ed è la cosa più triste.