domenica 25 aprile 2010
I fatti di Piazzale Loreto
1) Nato a Milano il 26 marzo 1919, fucilato a Milano, in piazzale Loreto. il 10 agosto 1944, operaio. Era nato e cresciuto nel popolare quartiere di Niguarda e lavorava come meccanico alla Falk. Convinto antifascista, dopo l’8 settembre 1943 era entrato a far parte della I Brigata GAP “Gramsci”, operante nel capoluogo. Denunciato da una spia, l’operaio fu arrestato e rinchiuso nel carcere di San Vittore. Vertemati seppe resistere alle sevizie e restò in prigione per mesi. Ne uscì soltanto quando i tedeschi decisero di effettuare una rappresaglia per uno strano attentato compiuto contro uno dei loro automezzi, che non aveva tuttavia provocato né morti né feriti tra i militari della Wehrmacht.Con indosso una tuta, (che i nazisti avevano fatto indossare alle loro vittime designate, per illuderle che le avrebbero portate a lavorare per la Todt), Vertemati e altri 14 patrioti, tra i quali Libero Temolo e Vittorio Gasparini, fu portato in piazzale Loreto e fucilato da un plotone di fascisti della “Ettore Muti”. Per intimidire i milanesi, i corpi dei quindici antifascisti massacrati furono lasciati sul selciato dal mattino al tardo pomeriggio; le salme furono rimosse solo per l’intervento del cardinale Schuster.Una lapide, con l’effige in rilievo di Vertemati, è stata posta a Niguarda. Dice: “Indomito cadesti immolando la tua giovinezza/ Questo marmo ricorda l’abitazione del Patriota/ Vertemati Vitale/ Martire della ferocia nazi-fascista/ sacrificato in Piazzale Loreto/ il 10 agosto 1944/ I familiari la Direzione e le Maestranze FALK/ lo ricordano con orgoglio”.
2) Nato a Trani (Bari) il 26 ottobre 1898, fucilato in piazzale Loreto a Milano il 10 agosto 1944, operaio. Militante comunista e partigiano della 113ma Brigata Garibaldi, fu arrestato il 31 luglio 1944 nella sua abitazione. Con lui i militi dell’Ufficio politico investigativo della GNR catturarono anche il figlio Eugenio, un vigile del fuoco della classe 1925, che non aveva risposto alla chiamata alle armi della RSI (il ragazzo, quando già il padre era stato trucidato in piazzale Loreto dai fascisti della Muti al servizio dei tedeschi, fu portato da Milano a Bolzano e da qui a Flossenbürg. Da questo lager fu poi trasferito a Dachau e liberato dagli Alleati il 29 aprile 1945).
Andrea Esposito cadde con gli altri quattordici martiri. Su questo tragico episodio della Resistenza italiana, il gappista Giovanni Pesce, Medaglia d’oro al valor militare, ebbe a scrivere nell’agosto del 2002: «…È in corso il progetto infido e vergognoso di voler riscrivere alcune pagine della storia patria, sì anche piazzale Loreto… Riproporre la Resistenza, come ha spiegato il ministro Gasparri, in una logica che “accontenti tutti”, che possa proporre la storia in una accezione unificante, tagliuzzare tutto, ridurre la gloria a poltiglia, a polvere, al niente. Il progetto è chiaro, è davanti a noi; a noi impedire che si metta in movimento. Piazzale Loreto, oggi vuol dire questo. È la nostra arma più limpida, il nostro esempio, la nostra sfida. I nostri avversari sanno cosa ha rappresentato quel lontanissimo eppure vicinissimo 10 agosto del ’44. Lo sanno anche i nostri giovani, quelli che riempiono le piazze d’Italia, che urlano il loro orrore per la violenza gratuita e per i diritti sepolti…».
3) Nato ad Arzignano (Vicenza) il 31 ottobre 1906, ucciso in piazzale Loreto, a Milano, il 10 agosto 1944, operaio. Negli anni Trenta si era trasferito a Milano da Arzignano, dove la sua famiglia (ricca di undici figli) era molto nota per le idee democratiche del padre fornaio. Nel capoluogo lombardo, il giovane era riuscito a trovare lavoro, prima come assicuratore e poi come operaio alla Pirelli. Nella fabbrica, dove presto i suoi compagni avevano preso ad apprezzarlo per la sua dirittura morale, aveva ripreso i contatti con l'organizzazione comunista clandestina. Durante l'occupazione tedesca Temolo si era impegnato nell'organizzazione delle Squadre di Azione Patriottica sino a che, certamente per una delazione, i fascisti erano andati a prelevarlo nella fabbrica.
Era l'aprile del 1944. Rinchiuso nel carcere di San Vittore, Temolo vi rimase mesi senza un'imputazione precisa e senza processo. All'alba del 10 agosto, i secondini si presentarono alla sua cella e gli fecero indossare una tuta blu da operaio, che recava nel taschino il suo nome e cognome. La stessa tuta fu consegnata ad altri quattordici detenuti di San Vittore, tutti rinchiusi perché sospettati di far parte, a vario titolo, della Resistenza. Ai morituri fu dato ad intendere che sarebbero stati trasferiti in un campo di lavoro in Germania. Ma la loro sorte era già segnata. Theodor Emil Saevecke, comandante della polizia nazista di sicurezza a Milano (soltanto verso la fine degli anni Novanta sarebbe stato processato e condannato all'ergastolo in contumacia per le stragi compiute in Italia), aveva intimato ai repubblichini di fucilare quindici italiani, come risposta ad un'azione compiuta il giorno prima dai GAP in Viale Abruzzi a Milano, nonostante nessun militare tedesco fosse stato coinvolto.
Con un camion i detenuti furono trasportati in piazzale Loreto e fatti scendere dal mezzo. Temolo e un suo compagno socialista della Pirelli (Eraldo Soncini), che dovevano aver intuito quel che stava per succedere, tentarono contemporaneamente la fuga in due opposte direzioni. Temolo fu subito abbattuto da una raffica di mitra; Soncini, raggiunto nel sottoscala di una casa vicina, fu eliminato sul posto; gli altri tredici furono falciati dai proiettili dei tedeschi e dei militi fascisti della "Muti".
A pochi metri dal luogo dell'eccidio (i corpi delle vittime rimasero sul selciato di piazzale Loreto sino a pomeriggio inoltrato, per "dare una lezione ai milanesi"), sorge oggi un sobrio monumento che reca i nomi dei Caduti: Umberto Fogagnolo (classe 1911), Domenico Fiorani (1913), Vitale Vertemati (1918), Giulio Casiraghi (1899), Tullio Galimberti (1922), Eraldo Soncini (1901), Andrea Esposito (1898), Andrea Ragni (1921), Libero Temolo (1906), Emidio Mastrodomenico (1922), Salvatore Principato (1892), Renzo Del Riccio (1923), Angelo Poletti (1912), Vittorio Gasparini (1913), Gian Antonio Bravin (1908). A Libero Temolo, il Comune di Milano ha dedicato una via nella zona della Bicocca dove allora sorgeva la Pirelli (sul tetto della fabbrica, il giorno dell'eccidio campeggiò la scritta "Libero Temolo"). Una lapide, con la foto dell'operaio antifascista, si trova in via Casoretto. Reca inciso: "Libero Temolo / nel martirio / chiuse la vita breve di anni / densa di opere / per il culto della libertà".
http://www.anpi.it/
venerdì 23 aprile 2010
Leghista significa...
- Non si può scappare sempre, e io con uno come Umberto Bossi vado anche a litigarci: nel senso che con qualcuno della Lega Nord è ancora possibile parlarci. In quel partito c'è dentro di tutto, dal KKK ai vecchi PCI: rispecchia la realtà che c'è fuori in strada. (il comico Paolo Rossi, intervista al Venerdì di Repubblica del 16.04.2010)
Sono le stesse parole che mi diceva un vecchio amico che non c'è più, e so che così la pensano molti altri: "con quelli della Lega ci si può ancora parlare".
Non vorrei che queste parole prendessero piede: ci si dimentica del video del deputato Borghezio, uno dei veri capi della Lega Nord, che circola in rete da parecchio tempo, e che lo stesso Borghezio conferma quasi ad ogni sua dichiarazione. In quel video, una vera e propria lezione ai suoi, Borghezio spiega che per diffondere le idee naziste e fasciste senza destare allarme i movimenti localistici e nazionalisti sono perfetti. Si parte dalla difesa delle piccole patrie (un tema accettabile e già molto caro alla sinistra) e si fanno passare il razzismo, il nazismo, le croci celtiche, il negazionismo, eccetera.
Insomma, si va verso il fascismo e si sottovaluta il problema.
Al mio amico non posso più ricordarlo, a Paolo Rossi e a quelli che la pensano come lui sì: dopo vent'anni di fascismo ci fu l'8 settembre del 1943, la morte della Patria, lo sfacelo. Non "sfacelo" per modo di dire: morte, rovina, distruzione, ben documentate e non smentibili.
Popolo lombardo, quando ti sveglierai?
mercoledì 21 aprile 2010
Mi bevo tutto
Oggi ho visto in tv lo spot di Calderoli, il pacchettone di leggi vecchie dismesse: questo è il governo del Re dello Spot, e si sapeva; ma la mia realtà quotidiana è che le norme da seguire (con multe e sanzioni spaventose annesse) sono decuplicate negli ultimi dieci anni, cioè da quando comandano i semplificatori e gli ottimizzatori. Fateci caso: non c'è più un parcheggio in cui non si debba pagare, spesso con pedaggi cervellotici; ma prima non era così. Si paga il ticket sulla sanità: prima non era così. Si pagano (salatissime) rette scolastiche e mense dell'asilo: prima non era così. La lista dei dolori da sopportare ogni giorno aumenta sempre di più, i corrotti vanno in tv a sorridere compiaciuti, l'elettorato si beve ogni cosa. Anch'io mi sono bevuto qualcosa, qualcosa di forte: non lo faccio mai, ma negli ultimi mesi ne sento sempre più il bisogno.
PS: fate caso alla data della strip di Jules Feiffer. E' il 1984, per gli USA; ma per noi è il 2010, il 2011, il 2012, e io direi anche il 2013, 2014, 2015... Questi qua si bevono qualsiasi cosa, ormai non ho più speranze.
PPS: per ingrandire e leggere bene, bisogna fare clic sulla vignetta.
martedì 20 aprile 2010
Si prega di attendere
(Samuel Beckett, Aspettando Godot, atto 2 )
Estragone: Ritrovarmi ! Dove vuoi che mi ritrovi? Ho trascinato la mia sporca vita attraverso il deserto, e tu vorresti che ci vedessi delle sfumature?
(Samuel Beckett, Aspettando Godot, atto 2 )
domenica 18 aprile 2010
Monologo di Edgar
E quindi il benvenuto a te, aria impalpabile ch'io abbraccio. Il meschino che tu hai gettato, col tuo soffio, nella peggiore situazione, non è debitore di nulla alle tue raffiche.
(William Shakespeare, Re Lear, atto 4 scena 1, monologo di Edgar )
Welcome, then,
thou unsubstantial air that I embrace:
the wretch that thou hast blown unto the worst
owes nothing to thy blasts.
sabato 17 aprile 2010
English nonsense
Quel fioeu de fustagn
vestì de quattr’ann
settàa giò in sulla pipa
con la porta in bocca.
Cioè un bambino di fustagno, vestito di quattro anni, seduto sulla pipa e con la porta in bocca: detto che il fustagno è un tessuto comodo e confortevole ancora molto usato per giacche e pantaloni, penso che sia facile rimettere tutte le parole al posto giusto.
L’immagine di partenza è simpatica: un bambino di quattro anni seduto sulla soglia di casa, che si è messo in bocca per scherzo la pipa del nonno.
Mi sembra di ricordare che ci fosse anche un seguito, se qualcuno se lo ricorda e me lo fa sapere lo ringrazio fin d’ora.
giovedì 15 aprile 2010
Ambra grigia ( IV )
- Moby Dick, film di John Huston (1956)
E siamo infine arrivati all’ambra grigia, che ho scelto come titolo per questi post. E’ per questo che non posso esimermi dal parlarne, però attenti: perché in questo punto del libro (che nel film non c’è) il Pequod incontra una nave francese che sta lavorando ad una balena in stato di putrefazione. Il secondo ufficiale Stubb sospetta che vi si possa trovare dell’ambra grigia; spaventa lo sprovveduto capitano del “Bocciolo di Rosa” parlandogli di epidemie, e gli fa sganciare il cadavere, poi si butta in cerca del prezioso tesoro, sapendo di trovarlo ed incurante del terribile odore.
XCI – IL PEQUOD INCONTRA IL BOCCIOLO DI ROSA
(...) Di colpo sorse la brezza. Stubb finse di staccarsi dal pesce. Issando le lance, la nave francese aumentò presto la distanza, mentre il Pequod scivolava in mezzo tra essa e la balena di Stubb. Al che Stubb accostò svelto il corpo galleggiante, e gridando al Pequod di segnalargli le sue intenzioni, procedè subito a raccogliere il frutto della sua furberia disonesta. Con la vanga da lancia affilata cominciò a scavare la carcassa un po' dietro la pinna laterale. Si poteva quasi pensare che scavasse una cantina nell'acqua; e quando infine la vanga urtò contro quelle magre costole, fu come tirare fuori antiche tegole romane e cocci sepolti in grassa marna inglese. Gli uomini della lancia erano tutti eccitatissimi, e aiutavano avidi il capo, con certe arie ansiose di cercatori d'oro. E di continuo uccelli innumerevoli si tuffavano e sbucavano dall'acqua e stridevano e strillavano e s'azzuffavano attorno a loro. Stubb cominciava a mostrare in faccia la delusione, sopratutto perchè l'orrendo puzzo aumentava, quando all'improvviso proprio dal cuore di quella peste venne fuori una lieve zaffata di profumo, che passò attraverso il flusso degli odori cattivi senza esserne assorbita, come un fiume si versa in un altro scorre assieme per un po' di tempo senza mescolarvisi affatto.
« Eccola! Eccola! A gridò Stubb con gioia, palpando qualcosa nelle zone sotterranee: « Un sacco! Un sacco! » Buttando la vanga cacciò dentro tutte e due le mani, e trasse fuori qualcosa che pareva sapone Windsor maturo, o vecchio formaggio grasso e variegato, ma molto untuoso e saporito. Si può facilmente inciderlo col dito: è di un colore tra il giallo e il cinerino. E questa, amici miei, è l'ambra grigia, che vale una ghinea d'oro all'oncia in qualunque farmacia. Se ne cavarono circa sei manciate, ma altra se ne perdette inevitabilmente in mare, e forse avrebbe potuto trovarsene molto di più, se non fosse stato per l'impazienza di Achab che urlò a Stubb di farla finita e tornare a bordo, altrimenti la nave li avrebbe lasciati in asso.
XCII -AMBRA GRIGIA
Ora quest'ambra grigia è una sostanza molto curiosa, e così importante come articolo di commercio che nel 1791 un certo capitano Coffin nativo di Nantucket fu interrogato sull'argomento dai giudici inglesi della Camera dei Comuni. Perchè a quei tempi, e in realtà fino a giorni relativamente recenti, l'origine esatta dell'ambra grigia, come dell'ambra stessa, era per i dotti un problema. La parola ambergris è soltanto il composto francese per ambra grigia, però le due sostanze sono affatto distinte. L'ambra, sebbene la si trovi qualche volta in riva al mare, viene anche scavata in lontani terreni dell'interno, mentre l'ambra grigia non si trova mai che sul mare. Inoltre l'ambra è una sostanza dura, trasparente, friabile e inodora, usata per bocchini di pipa, grani di collana e altri ornamenti; ma l'ambra grigia è molle, cerosa, e talmente fragrante e aromatica che viene largamente usata in profumeria, o per fare pasticche deodoranti, candele costose, polveri per i capelli e pomate. I turchi l'adoperano in cucina e inoltre la portano alla Mecca, allo stesso scopo per cui si porta incenso a San Pietro in Roma. Certi mercanti di vino ne mettono alcuni grani nel chiaretto, per profumarlo.
Ma chi direbbe che signore e signori così distinti possano deliziarsi di un'essenza trovata nei visceri indecorosi di una balena malata? Eppure è così. Da alcuni si suppone che l'ambra grigia sia la causa, e da altri l'effetto, della dispepsia della balena. Come curarla, questa dispepsia, sarebbe difficile dirlo, tranne che non si pensi di somministrare un tre o quattro barcate di pillole di Brandreth, e poi correre a mettersi al sicuro come fanno gli operai che mettono le mine alle rocce.
Ho dimenticato di dire che in mezzo all'ambra grigia si trovarono certe dure e rotonde schegge d'osso, che dapprima Stubb scambiò per bottoni dei calzoni di marinai, ma che altro non erano, si vide poi, che pezzi di ossicini di seppia imbalsamati a quel modo.
Ora che la purezza di questa profumatissima ambra grigia si debba trovare nel cuore di una tale corruzione, non è cosa notevole? Ricòrdati di quel detto di San Paolo ai Corinzi, a proposito della corruzione e dell'incorruzione: sul come siamo seminati nel disonore ma cresciuti nella gloria. E ricorda inoltre quel detto di Paracelso su ciò che fa il migliore dei muschi. E non dimenticare inoltre il fatto curioso che di tutte le cose che fanno cattivo odore, l'acqua di Colonia, nelle fasi iniziali della preparazione, è la peggiore. (...)
(Herman Melville, Moby Dick, trad. di Nemi D’Agostino, ed. Garzanti)
da Wikipedia:
L'ambra grigia è una sostanza fortemente odorosa prodotta dall'intestino dei capodogli ed è utilizzata per la realizzazione di profumi. La sostanza viene prodotta per difendere le mucose intestinali dai resti indigesti dei molluschi cefalopodi di cui si cibano, indurendosi intorno ad essi ed inglobandoli. Lasciata seccare al sole si ammorbidisce ed acquista un ottimo profumo e la proprietà di fissare gli odori. In passato era bruciata come incenso, perché sprigionava un odore gradevole ed ebbe fama di potente afrodisiaco. Viene citata tra i prodotti della caccia alle balene anche nel "Moby Dick" di Melville. È storicamente un ingrediente di base dell'industria profumiera; l'attrazione che il suo odore esercita è dovuta al grande contenuto di feromone, analogamente ad altre sostanze aromatiche di origine animale (castoreo, muschio). Attualmente è divenuta estremamente rara, in quanto il capodoglio è una specie protetta e non può essere cacciato. L'ambra grigia può dunque essere ricavata solo dagli animali che sono morti per essersi arenati sulle spiagge, ovvero in blocchi rigurgitati naturalmente di tanto in tanto, che possono galleggiare fino ad essere ritrovati sulle coste dell'Oceano Indiano (in India o sulle coste dell'Africa orientale). L'attuale rarità della sostanza naturale ha spinto le industrie profumiere ad associarsi nella ricerca di un sostituto sintetico, che forse potrebbe essere prodotto da molluschi di allevamento o anche, pare, da molluschi modificati geneticamente.
Estratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Ambra_grigia
Sulla natura e sul modo di estrarre le essenze di origine animale forse è davvero meglio sorvolare. Sorvolano tutti, perché io dovrei approfondire? Le pubblicazioni scientifiche ne parlano invece con molta chiarezza e precisione di dettagli, così come farebbe una pubblicazione rivolta ai medici per l’anatomia umana: ma fuori del loro ambito gli specialisti glissano, e anche su internet non è che le notizie precise abbondino.
Comunque, se chi usa profumi ed essenze vuole informarsi può farlo, ovviamente a suo rischio e pericolo. Per quanto mi riguarda, da bambino ho scoperto di avere una forte allergia per alcune essenze, e ricordo ancora di quella volta (avevo quindici o sedici anni) che ero al cinema e venne a sedersi accanto a me una signora che si era abbondantemente cosparsa di profumo: alla fine del film ero congestionato come se avessi avuto il raffreddore, ma era per via del profumo. Avendo questa fortuna, posso dire che almeno nel caso in questione sono del tutto innocente di quel che può succedere allo zibetto e al bue muschiato.
Però parlando di Melville e di Moby Dick non posso chiudere in questo modo, senza nemmeno una citazione biblica: quella giusta per oggi penso proprio che sia questa, famosissima:
Una mosca morta guasta l'unguento del profumiere:
un po' di follia può contare più della sapienza e dell'onore.
Ecclesiaste-Qoèlet, 10-1
(dalla Bibbia ed. CEI-Conferenza Episcopale Italiana)
mercoledì 14 aprile 2010
Ambra grigia ( III )
- Moby Dick, romanzo di Herman Melville (1851)
- Moby Dick, film di John Huston (1956)
Nei titoli di testa del suo film, John Huston mette un particolare ringraziamento per “i balenieri di Madeira, per il grande aiuto che ci hanno dato” (“the whalemen of Madeira, for the great help they gave”). Gli altri ringraziamenti sono per istituzioni ufficiali e musei (a Seaport, a Old Dartmouth, al British Institute of Oceanography); ma questo accenno all’isola di Madera, ben dentro all’Oceano Atlantico, fa pensare che le scene di “Moby Dick” che rappresentano il lavoro dei balenieri siano da guardare come un documentario, e che quelli che vediamo all’opera siano proprio i balenieri di Madeira. Sono scene necessariamente molto brevi (questo è pur sempre un film per il pubblico pagante) e non è come nel libro di Melville dove queste descrizioni occupano capitoli interi; ma sono scene importanti, perchè danno l’idea della lunghezza del viaggio e delle occupazioni quotidiane.
Come si diceva, Melville per un anno della sua vita (1841-42) fece parte dell’equipaggio di una baleniera; e quindi i suoi racconti sono molto precisi e dettagliati. Come si diceva ieri, la caccia alle balene veniva data per procurarsi soprattutto olio per illuminazione e materie prima per saponi e cosmetica: l’argomento può non piacere, ma ancora oggi sull’origine dei profumi più usati (quasi sempre un’origine animale) molte persone preferiscono non indagare. In questo post ne metterò un esempio non dei più piacevoli: niente che non sia già stato detto, cose note da secoli, ma chi non vuole sapere è libero di continuare a non sapere.
Melville nel suo libro fa subito una distinzione: sulle navi baleniere americane c’è sempre una raffineria pronta a funzionare. Il che implica un gran lavoro da fare a bordo, ma permette di portare a casa l’olio già raffinato, che non si decompone e non puzza. Non tutti i balenieri si comportavano così, ci dice Ismaele, il narratore di Moby Dick; ma prima ci spiega nei dettagli come funzionava il gran fuoco della raffineria: la descrizione è tutta intorno al capitolo XCVI - LA RAFFINERIA, che è bellissimo però è troppo lungo per essere portato qui. Ne faccio fare le veci dalle immagini, tratte appunto dal film di John Huston.
XCVI • LA RAFFINERIA
(...) Non guardare troppo dentro il fuoco, uomo! Non sognare mai con la mano alla barra! Non voltare le spalle alla bussola; accetta il primo avvertimento del timone che sussulta, e non credere al fuoco artificiale, quando la sua vampata fa apparire spettrale ogni cosa. Domani, alla luce naturale del sole, i cieli saranno limpidi. Quelli che luccicavano come demoni tra le fiamme forcute, il mattino li farà apparire assai più netti, più docili almeno; il sole glorioso, aureo e felice, l'unica vera luce: tutte le altre non sono che menzogne! E tuttavia il sole non nasconde la Palude Lugubre della Virginia nè la maledetta Campagna romana, nè l'immenso Sahara, nè tutti i milioni di miglia di deserto e di pene sotto la luna. Il sole non nasconde l'oceano, che è la faccia oscura della terra ed è due terzi di essa. E quindi quell'uomo che ha in sè più gioia che dolore, quell'uomo non può essere vero: e se è vero, è immaturo. Lo stesso coi libri. Il più vero di tutti gli uomini fu l'Uomo delle Sofferenze, e il più vero di tutti i libri è quello di Salomone, l'Ecclesiaste, che è come l'acciaio ben martellato del dolore. « Tutto è vanità.» TUTTO. Questo mondo caparbio non si è ancora impadronito della saggezza del non cristiano Salomone. (...)
Segue il capitolo XCVIII - STIVAGGIO E PULIZIA, del quale raccomando la lettura. A me piace moltissimo, anche per le implicazioni filosofiche: alla fine del gran lavoro, la nave baleniera rimane perfettamente pulita e in ordine. E non è un miracolo, perché l’olio ottenuto è davvero un potente detergente, uno dei migliori, forse il migliore possibile.
E prima ancora, nel capitolo XCVII - LA LAMPADA, Melville ricorda che su tutte le navi i marinai sono abituati a razionare con cura l’olio per l’illuminazione, e imparano a muoversi nel buio della stiva; sulle baleniere, invece, l’olio è molto e di primissima qualità, e la luce abbonda.
martedì 13 aprile 2010
Ambra grigia ( II )
- Moby Dick, film di John Huston (1956)
In chimica, oli e grassi sono tutti definiti come “acidi”. “Acido” è una parola che nel parlare comune indica qualcosa di aggressivo, di corrosivo; ma in chimica ha un significato diverso, molto più preciso, che non posso riassumere qui (ma che pure viene spiegato ai quindicenni, negli Istituti Tecnici, ma purtroppo non nei licei). Per intenderci, la soda caustica in chimica è l’esatto opposto di un acido (è un alcali, o una base), pur essendo molto corrosiva; invece sono da classificarsi tra gli acidi sostanze come il burro o l’olio di oliva, come lo strutto o un qualsiasi olio di semi.
Metto qui sotto un’altra tabella, che riporta la composizione dell’olio di balena; volendo la si può confrontare con la ricetta dello shampoo-doccia che ho messo ieri: si scoprirà che molti nomi sono simili o addirittura identici.
In chimica, molti nomi sono antiquati e poetici, alcuni risalgono addirittura agli alchimisti, altri traggono il nome dal latino classico o dall’esperienza quotidiana: “acido acetico”, per esempio, ma anche “acido laurico” (lauro, cioè l’alloro), o “acido miristico” (il mirto), o “acido oleico”(l’olio di oliva, che è acido oleico almeno per il 90%) e l’inglese “castor oil”, che è l’olio di ricino (in inglese il castoro è “beaver”). Si tratta di nomi ancora in uso, anche se dal punto di vista scientifico sono stati sostituiti da tempo con altri termini più precisi, e che non necessitano di traduzione.
Sono nomi fascinosi e talvolta anche un po’ sconvenienti, come due di quelli usati da Melville nel suo libro: ambra grigia e spermaceti. Dell’ambra grigia parlerò (per decenza) solo nella prossima puntata, sullo spermaceti riporto la precisa descrizione che ne ho trovato sulla “Garzantina della Chimica”; non senza prima aver fatto notare un’altra radice di un nome chimico: “cetile”, che viene proprio da “cetaceo”. Posso dire di aver avuto una certa intimità con un suo derivato, l’alcool cetilstearilico, e che le sensazioni tattili descritte da Ismaele le capisco benissimo: «Spermaceti: sostanza oleosa contenuta in una cavità dell'organo cefalico di alcuni cetacei (capodoglio, in inglese” sperm whale”) che solidifica. raffreddandosi subito dopo la morte dell'animale. È costituito principalmente da palmitato di cetile e dagli esteri degli acidi laurico, stearico e miristico. Lo spermaceti raffinato si presenta in masse cristalline laminari sottili, bianche, con lucentezza grassa, untuose al tatto, inodori, fusibili a 50 °C. Trova impiego come base di alcuni cosmetici, nella produzione di saponi, candele e come emolliente.»
LXXVII - LA GRAN BOTTE DI HEIDELBERG
(...) E ancora, come quella di Heidelberg era sempre piena dei vini più eccellenti delle vallate del Reno, così la botte della balena contiene di gran lunga il più prezioso di tutti i raccolti oliacei, cioè a dire il rinomatissimo spermaceti nel suo stato più puro, limpido e odorifero. Nè questa sostanza preziosa si trova allo stato incorrotto in altre parti dell'animale. Sebbene perfettamente liquida in vita, esposta all'aria dopo la morte comincia presto a cagliarsi, producendo bellissimi gettiti cristallini, come quando il primo ghiaccio sottile e delicato si va formando nell'acqua. La cassa di una balena corpulenta dà generalmente un cinquecento galloni di spermaceti, ma per cause inevitabili una buona parte ne viene versata, filtra e sgocciola via o si perde irrimediabilmente in altri modi nel delicato sforzo di assicurarsene quanto più è possibile. (...)
XCIV - UNA STRETTA DI MANO
(...) Si era raffreddato e cristallizzato a tal punto, che quando con parecchi altri mi sedetti davanti a un gran bagno costantiniano di questo spermaceti, lo trovai stranamente rappreso in grumi che nuotavano qua e là nella parte liquida. Era nostro compito spremere questi grumi per farli tornare fluidi. Un compito dolce e mellifluo! Non c'è da meravigliarsi che anticamente questo spermaceti fosse un cosmetico così pregiato. Era un tale purificatore e dolcificatore! Un tale rinfrescante, un emolliente così delizioso! Ci avevo tenuto dentro le mani pochi minuti, e già mi sentivo le dita come anguille che cominciavano, per così dire, a serpeggiare e torcersi a spirale.
Mentre sedevo lì comodamente sul tavolato, con le gambe incrociate, dopo i duri sforzi all'argano, sotto un quieto cielo azzurro, e la nave con le sue vele indolenti scivolava innanzi con tanta serenità; mentre tuffavo le mani tra quei soavi, morbidi globuli di tessuti infiltrati, formatisi quasi al momento, ed essi si frantumavano oleosi tra le dita e liberavano tutta la loro abbondanza, come grappoli d'uva ben matura il loro vino; mentre annusavo quell'aroma incontaminato, che veramente e letteralmente è come il profumo delle violette a primavera, vi giuro che per un tratto vissi come in una prateria muschiata, dimenticai tutto del nostro terribile giuramento, me ne lavai le mani e il cuore in quello sperma ineffabile, e quasi cominciai a credere alla vecchia superstizione di Paracelso, che quell'olio abbia una rara virtù di calmare il calore dell'ira. Bagnandomi in quel bagno, mi sentivo divinamente libero da ogni desiderio di male, da ogni petulanza o malizia di qualsiasi sorta. (...) Potessi spremere per sempre quello spermaceti! Perché ora, che per molte e ripetute esperienze mi sono reso conto che in ogni caso, alla fine, l'uomo deve abbassare o per lo meno trasferire la sua idea della felicità che si può raggiungere, non collocandola in qualche zona dell'intelletto o della fantasia ma nella moglie, nel cuore, nel letto, nella tavola, nella sella, nel focolare, nel proprio paese; ora che ho capito tutto questo sono pronto a spremere la tinozza in eterno. Nelle mie pensose visioni notturne ho visto lunghe file di angeli in paradiso, ciascuno con le mani in una giara di spermaceti.
(Herman Melville, Moby Dick, trad. di Nemi D’Agostino, ed. Garzanti)
lunedì 12 aprile 2010
Ambra grigia ( I )
- Moby Dick, film di John Huston (1956)
Perché si andava a caccia di balene, nell'Ottocento di Moby Dick? Come si spiegano tanto spreco di energie e di vite umane, e tanta crudeltà? Oggi viviamo in un mondo per molti versi più facile, e lo abbiamo tutti dimenticato: ma dal grasso delle balene si estraevano dei composti molto importanti, come l’olio per l’illuminazione e le materie prime per la cosmetica. Creme, saponi e profumi (quelli più pregiati) derivavano quasi interamente dal grasso delle balene.
Noi tendiamo a rimuovere le informazioni sgradevoli, e cerchiamo di non sapere quello che ci dà fastidio, ma quasi tutti i profumi più fini sono di origine animale, e su come vengono estratti si preferisce non indagare (ma le informazioni ci sono, a volerle trovare).
L’olio di balena per l’illuminazione venne presto sostituito dal petrolio e dai suoi derivati, e in seguito dall’energia elettrica; e nell’industria dei cosmetici e dei saponi oggi si usano quasi soltanto materie prime di origine vegetale, come l’olio di cocco e di palma: ma non è detto che l’impatto ambientale sia meno cruento, come ben sa chi si occupa di queste tematiche. Le piantagioni intensive di cocco hanno avuto un impatto ambientale molto forte, nelle zone di provenienza.
Herman Melville, l’autore di “Moby Dick”, lavorò per davvero su una baleniera: un anno intero, tra il 1841 e il 1842. Nel suo romanzo più noto, questa esperienza è descritta con estrema precisione in lunghi capitoli; e si sente che sono informazioni di prima mano. Nel film di John Huston, girato nel 1956 (uno dei film più belli nella storia del cinema) per necessità di sintesi molto è stato tagliato, ma questi lunghi capitoli sul lavoro dei balenieri sono stati conservati, sia pure condensati in poche sequenze, ed è una finezza che va sottolineata. So che molti hanno trovato ostica la lettura di “Moby Dick” proprio per la presenza di queste lunghissime descrizioni, e che avrebbero preferito un romanzo più breve, dove si arriva subito all’epico scontro con la Balena Bianca. Ma così non è, la Balena Bianca è una metafora della nostra vita e la vita bisogna viverla giorno per giorno. Nella nostra vita, i lunghi capitoli in cui accade poco di memorabile sono frequenti; e, come accade nel libro (e nel film) gli eventi memorabili sono quasi sempre condensati in poche pagine.
Ma questi discorsi esegetici e filosofici per oggi li lascio stare, li rimando ad altri momenti. Oggi vorrei proprio dedicare un po’ di spazio a questi “lunghi e noiosissimi capitoli” del libro di Melville, che a me sono sempre piaciuti moltissimo e che ho sempre trovato pieni di informazioni affascinanti, anche perché quando si va a fare la spesa al supermercato ci troviamo ancora di fronte a qualcosa di molto simile.
Metto qui vicino, a titolo di esempio, tre formule comuni di detergenti per la doccia e lo shampoo tra i più venduti nei negozi, che ho passato allo scanner per l’occasione. La lettura delle formule è sicuramente complicata; però vorrei far notare ai non chimici le parole che iniziano con nomi vegetali, come coc- (non è coca, ma cocco), lauril- (lauro, l’alloro), palmithyc, eccetera. I detergenti e i saponi vengono quasi tutti da queste materie prime, composti chimicamente ben definiti che non si trovano solo nei vegetali e che dagli inizi del Novecento, grazie ai progressi della scienza, possono essere ricostruiti per sintesi.
(continua)
sabato 10 aprile 2010
Biografico
che ha visto poco e meno l'ha capìo
in meso de la zente xe stao solo
in conpagnia d'ignoto Dio.
Fiurisse a magio rose
senza savé 'l perché
e la tera d'istae l'ha tanta sé,
le restìe de la spiagia xe amorose.
El sol m'ha fato crésse
el vento m'ha portao intorno
de note e zorno
tra miserie e richesse.
Hè visto, hè vardao,
e m'hè calao su un prao
comò piova o nebiola
co' l'anema sognante senpre sola.
(Biagio Marin, da “Nel silenzio più teso”, ed. BUR Rizzoli 1981, pag.135)
(Tutta la vita sono stato come uno stupido, che ha visto poco e meno ha capito ed in mezzo alla gente è stato solo, in compagnia d'ignoto Iddio. Fioriscono le rose a maggio senza sapere il perché, e la terra d'estate ha tanta sete, le onde della spiaggia sono amorose. Il sole mi ha fatto crescere, il vento mi ha portato intorno, notte e giorno, tra miserie e ricchezze. Ho visto, ho guardato, e mi sono calato su un prato, come pioggia o nebbiolina, con l'anima sognante sempre sola. )
Un pandòlo = uno stupido; con tale vocabolo si indica un gioco antichissimo e semplice, anzi si indica il pezzo di legno usato per giocare; il quale, ovalizzato alla meglio, viene percosso con una mazza all'estremità affusolata, e viene fatto saltare. (penso che si tratti della lippa)
venerdì 9 aprile 2010
Rime ( III )
ghirlande da finestra a finestra
catene d'oro da stella a stella
e danzo.
(Arthur Rimbaud, les illuminations)
I'm sailing all my sins
and I'm climbing all my fears
and soon now I'll fly
(Tim Buckley, i never asked to be your mountain)
giovedì 8 aprile 2010
Voce nel deserto
non restare in silenzio, mio Dio,
perchè se tu non mi parli
io sono come colui che scende nella fossa.
Ascolta la voce della mia supplica,
quando ti grido aiuto, quando alzo le mie mani
verso il tuo santo tempio.
Non travolgermi con gli empi,
con quelli che operano il male.
Parlano di pace al prossimo,
ma hanno la malizia nel cuore.
SALMI. 28-1:3
Ho creduto anche quando dicevo:
« Sono troppo infelice » .
Ho detto con sgomento:
« Ogni uomo è un inganno » .
SALMI, 116-10
(dalla Bibbia, edizione a cura della CEI-Conferenza Episcopale Italiana)
sabato 3 aprile 2010
Pazzi in Ferrovia /2
Se un disabile non può scendere dal treno
INTERCITY 595 Milano-Napoli: una signora disabile viaggia in direzione di Chiusi. Viene avvertita che a Chiusi-Chianciano Terme non c'è servizio disabili e quindi nessuno potrà farla scendere dal treno e le viene chiesto di lasciare il convoglio alla stazione di Firenze, dove un taxi la accompagnerà a spese di Trenitalia nella cittadina toscana. Peccato però che anche a Firenze nessuno sia in grado di far scendere la signora dal treno. Il convoglio resta fermo per quasi trenta minuti in attesa di un carrello elevatore e la signora viene lasciata vergognosamente per tutto questo tempo sull'uscio del vagone. A nulla sono valse le preghiere del marito che chiedeva di far scendere la moglie a mano, nessuno se ne sarebbe assunto la responsabilità. Appena scesa la signora, oramai in lacrime, ha chiesto scusa a tutti per il ritardo causato al treno, come se la colpa fosse stata la sua! Un ferroviere sosteneva che la colpa fosse del fatto che il servizio di trasporto disabili non era stato prenotato: ma in una stazione come Firenze serve una prenotazione per far salire e scendere dal treno una persona in carrozzella?
Questa è la risposta ufficiale di Trenitalia, sempre da Repubblica, pubblicata il 21.8.2009 :
Il Gruppo FS e i servizi ai disabili
Federico Fabretti - Direttore Relazioni con i Media
In riferimento alla lettera «Se un disabile non può scendere dal treno», pubblicata su la Repubblica il 7 agosto, preme sottolineare che il servizio di assistenza disabili viene offerto da Trenitalia seguendo norme ben precise. Nel caso specifico la signora doveva scendere a Chiusi, per questa stazione l'assistenza va richiesta con 12 ore di preavviso per un'adeguata programmazione. Il personale Trenitalia ha cercato di agevolare la cliente proponendo come stazione di arrivo Roma Termini e garantendone il proseguimento verso Chiusi. Di fronte alla scelta della cliente di non proseguire, l’assistenza di Trenitalia ha organizzato la discesa a Firenze Rifredi, dove è stato messo a disposizione un taxi per raggiungere Chiusi.
Non sono sicuro di aver capito bene; rileggo tre o quattro volte. Non c’è nemmeno un accenno di scuse, si dice anzi che «l'assistenza va richiesta con 12 ore di preavviso per un'adeguata programmazione» e che «preme sottolineare che il servizio di assistenza disabili viene offerto da Trenitalia seguendo norme ben precise».
Siccome il senso può non essere chiaro, traduco in linguaggio comprensibile: Trenitalia ci dice che i disabili è meglio che se ne stiano a casa, se si mettono in movimento danno solo fastidio.
Altre interpretazioni di questa risposta non ne vedo. Forse i nuovi dirigenti delle Ferrovie pensano che tutti (ma proprio tutti) i viaggiatori debbano prenotare con mesi d’anticipo, ed essere pronti e pimpanti nel momento tanto atteso? Manca solo che si dica: “astenersi perditempo”... Ogni volta che c’è un problema, Trenitalia (ma non solo Trenitalia, anche le Ferrovie Regionali Lombarde usano lo stesso metodo) risponde che si fa così perché così prevede il Regolamento. E mai nessuno che risponda: ma che cos’è questo Regolamento? Chi lo ha stilato? Si è tenuto conto del parere dei viaggiatori? Si è consultata qualche Associazione Consumatori? No, questo Regolamento – che interessa centinaia di migliaia di persone – viene con ogni probabilità stilato a tavolino da quattro o cinque signori che non usano mai i mezzi pubblici, e che se li usano hanno a disposizioni biglietti gratuiti, benefit vari, segretarie e portabagagli. Si mettono lì, scrivono quel che gli passa per la testa, e poi “si fa così, perchè il Regolamento lo prevede”. E giù multe per gli sprovveduti romantici (dei veri pazzi) che si ostinano ancora a prendere i mezzi pubblici invece di andare a intasare le autostrade.
Tutta la mia solidarietà alla signora. A molti non piace che si dica, ma handicappati, disabili, possiamo diventarlo tutti: la vita è fatta così, basta poco, pochissimo. A volte, un attimo.
venerdì 2 aprile 2010
Pazzi in Ferrovia /1
« I concorrenti esteri di Trenitalia
Federico Fabretti - Dir. Relazioni Media delle Fs
In relazione all'articolo sul servizio ferroviario tra Italia, Austria e Germania (del 23 marzo), precisiamo (ma lo avevamo fatto già a dicembre) che la cancellazione di una "sola" corsa dei convogli Db-Obb-Ln sulla Milano -Verona equivale ben al 50% dei treni da loro effettuati, dato che sono solo due. Circa i treni austro-tedeschi che non sarebbero riportati sui tabelloni cartacei ed elettronici delle stazioni Fs: basta andare in stazione e controllare. Per le mancate informazioni: cercare biglietti o informazioni per questi convogli nelle nostre biglietterie sarebbe come chiedere orari e biglietti Lufthansa ai desk Alitalia. La comparazione tra i due servizi ferroviari, infine, è stata fatta attraverso grafici imprecisi: i prezzi base di Trenitalia vengono confrontati con quelli promozionali degli operatori stranieri, mentre peri tempi di percorrenza si tiene conto di soluzioni di viaggio non omogenee. Siamo certi che, con l'arrivo di questi e altri competitor, i dovuti confronti saranno caratterizzati da maggiore imparzialità e attenzione. »
Non entro nel merito della questione in sè, cioè la presenza di un concorrente estero sui binari italiani; mi interessa piuttosto il linguaggio usato da questo signore. Essendo “Direttore delle Relazioni con i Media”, cioè il responsabile della comunicazione, non si tratta di parole messe lì a caso, come vengono vengono, ma rispecchiano in pieno la mentalità aziendale.
Vengo al punto, copiando qui sotto le frasi più inquietanti: “cercare biglietti o informazioni per questi convogli nelle nostre biglietterie sarebbe come chiedere orari e biglietti Lufthansa ai desk Alitalia”. Questa frase sembra esprimere il disprezzo assoluto per chi viaggia.
Mettiamola così: un viaggiatore deve prendere una coincidenza e ha già tutti i biglietti pronti in tasca; ma il suo treno ha un ritardo e la coincidenza è saltata. Che si fa? Fino a poco tempo fa, bastava salire sul treno dopo, il primo che passa. Un’occhiata all’orario, e via. Adesso, con Trenitalia, il treno che viene dopo non va più bene: bisogna cambiare biglietto, la “tipologia” è diversa. E quindi: o si va a fare la coda in biglietteria, o si butta via il biglietto e se ne fa un altro. Oltretutto, Trenitalia ha chiuso le biglietterie un po’ dappertutto: le emettitrici non consentono dialogo, servono solo per fare i biglietti nuovi. Quindi, o il viaggiatore perde il treno e sta in giro giornate intere, o compera un biglietto nuovo. Ma questo già si sapeva: adesso impariamo che se il primo treno utile per tornare a casa non è di Trenitalia, sarà difficile avere informazioni e sarà anche dura procurarsi il biglietto. Tutto questo viene considerato normale, e chi muove osservazioni viene trattato con ironia e sarcasmo: “precisiamo (ma lo avevamo fatto già a dicembre) che la cancellazione di una "sola" corsa dei convogli Db-Obb-Ln sulla Milano -Verona equivale ben al 50% dei treni da loro effettuati, dato che sono solo due.”
Eccetera: un concentrato di arroganza e di espressioni raccapriccianti. Ma questa è solo l’ultima lettera (comunicazione ufficiale!) di una lunga serie di orrori. Per esempio, come siamo messi con gli handicappati? Avranno diritto, i disabili, a viaggiare sulle Ferrovie, o è meglio che se ne stiano a casa? Degli handicappati parlerò domani: ma portatevi una coperta, quello che ha da dirvi il dottor Fabretti fa venire i brividi di freddo.
giovedì 1 aprile 2010
Scale di valutazione
Achille Campanile
COME VISITARE LO STUDIO D' UN PITTORE.
La visita allo studio d'un pittore è una cosa difficile.
Si comincia, di solito, a lodare sventatamente i primi quadri con superlativi; dopo qualche passo, l'incauto, che s'è slanciato a cuor leggero su questa via, deve ripetersi o tentar qualche variante che, a chi udisse senza vedere, farebbe credere trattarsi d'un pranzo. E poiché la buona educazione, e anche il pittore, vogliono un crescendo ammirativo nei giudizi, a un certo punto il visitatore non sa come andare avanti. Se il primo quadro è bellissimo, il secondo splendido, il terzo maraviglioso e il quarto magnifico, come sarà il quinto? Mettiamo che sia sorprendente; al sesto vi voglio vedere. Per via del crescendo, esso non potrà che rientrare nell'ordine del soprannaturale. E dal settimo in poi?
Ecco. L'errore in cui cadono quelli che visitano lo studio d'un pittore, è di cominciare dai superlativi. Bisogna, invece, amministrare con previdenza il patrimonio degli aggettivi, magari cominciando con una certa freddezza. Ma se lo studio è molto fornito neppur questo è sufficiente; si comincerebbe con: "passabile, non c'è male, grazioso, bello", e subito si ricadrebbe nel vicolo cieco dei "bellissimo", eccetera.
Dunque? Dunque, signori, cominciare con apprezzamenti tanto più freddi, quanto più numerosi sono i quadri da esaminare, per aver poi il margine necessario al crescendo. Prima di cominciare il giro si domanda:
" Quanti sono i quadri da vedere? ".
" Quattordici ".
Bene. Per gli ultimi dieci sono a posto. Bisogna trovare gli apprezzamenti per i primi quattro: apprezzamenti freddi, date l'esigenze del crescendo.
Ecco uno
SPECCHIETTO PER QUATTORDICI QUADRI.
. 1 - Così, così.
. 2 - Passabile.
. 3 - Niente di straordinario, ma insomma ci possiamo contentare.
. 4 - Un pochino meglio.
. 5 - Non c'è male.
. 6 - Discreto.
. 7 - Grazioso.
. 8 - Bello.
. 9 - Bellissimo.
10 - Splendido.
11 - Maraviglioso.
12 - Magnifico.
13 - Sorprendente.
14 - Soprannaturale.
E se i quadri sono molti di più? Bando agli scrupoli: cominciare con apprezzamenti sfavorevoli. Ci guadagneranno i superlativi finali.
Mentre ci dirigevamo verso lo studio, ho chiesto al signor Gontrano:
"Quanti quadri? ".
"Un centinaio ".
Ho vacillato. Ma non mi son perso d'animo.
Davanti al primo non dico parola; per avere il vastissimo margine necessario al crescendo, e poiché sono un discreto simulatore, ho dato segni di nausea.
" Si sente male? ", fa Gontrano. "Vuole un vomitativo? ".
"Non occorre ", mormoro. "La vista di questo quadro è più che sufficiente. Mi fa rivoltar lo stomaco".
A mio zio per poco non viene un accidente. Amleto, impassibile, non aveva capito nulla, e Ambrogio dava segni di soddisfazione.
Quanto al signor Gontrano, era allibito. Non gli ho dato il tempo di reagire. Davanti al secondo quadro occorreva attenuare, ma non troppo.
" E' passato ", mormoro, " ma anche questo quadro che obbrobrio! ".
Gontrano era livido. Io pensavo: "Un po' di pazienza, amico. Fra poco mi abbraccerai". Ma, dopo cinque o sei quadri, a un mio "puah" di disgusto, scoppia :
" Pezzo di mascalzone, alla porta! ".
Tanto peggio per lui, che così non m'ha sentito esclamare: "splendido, maraviglioso, incantevole". E dire che ero già arrivato all'aggettivo "stomachevole".
(Achille Campanile, da "In campagna è un'altra cosa", ed. Rizzoli)