lunedì 26 marzo 2012

Metropolitana ( II )

I posti come la metropolitana, gli aeroporti, le stazioni, le sale d’attesa in generale sono stati studiati in un bel libro dell’antropologo Marc Augé, che li ha chiamati “non-luoghi”. I non-luoghi sono i luoghi dove si è soli pur essendo in tanti, con “l’individuo sempre più omologato ma paradossalmente sempre più convinto di emergere dal gruppo”. «...ad esempio, si può accedere all’anonimato dei non-luoghi solo dopo aver dato prova della propria identità, mostrato passaporto, biglietto di viaggio, carta di credito (...)» (Marc Augé, citato sul Corriere della sera il 15.11.1993)
Il libro è  Marc Augé, “Non luoghi – Introduzione ad un’antropologia della surmodernità”, editore Eleuthera, pag. 111, lire sedicimila: il fatto che il prezzo sia ancora in lire è dovuto al fatto che si tratta di un mio appunto ormai quasi ventennale, e direi che rende bene l’idea del tempo che è passato, per l’appunto quasi vent’anni.
Nel frattempo, che cosa è successo? E’ successo questo, che qualcuno ha pensato di intervenire sui “non-luoghi” cercando di renderli un po’ meno anonimi, un po’ meno impersonali; ed è stato un gravissimo errore, perché non è detto che i non-luoghi siano di per sè cose brutte. L’importante è la pulizia, in primo luogo; che ci si possa sedere, per esempio. E poi la sicurezza, certamente; ma senza esagerare, come purtroppo è successo e succede (anche con casi gravi, purtroppo, sia come invasione della nostra privacy che per cose peggiori). Ma riempire ogni spazio con musica e pubblicità, come si è fatto di recente, è davvero un rimedio peggiore del male: innanzitutto, perché non si deve imporre di ascoltare qualcosa a chi non è interessato ad ascoltarla. A casa mia, se arriva qualcuno spengo la tv o abbasso il volume della musica che sto ascoltando: al limite chiedo se piace, magari accendo il registratore, evito comunque di imporre agli altri qualcosa che gli altri non hanno voglia di ascoltare. Mi sembra il livello minimo della decenza, e della buona educazione.
Invece, non è andata così; per consolarmi, metto qui sotto un altro brano che parla della metropolitana, sperando che siano in arrivo tempi migliori. Si tratta di un grandissimo artista, è un brano a cui sono molto affezionato, e sono contento di poterlo rimettere in circolazione.
«Ho un figlio. E’ un bambino ritardato, vive in una casa di cura con altri diciotto bambini. Io me ne occupo molto e lui mi dà molto, richiede attenzioni e amore, io gliene dò e questo mi permette di restare un bambino, di esprimermi in modo semplice e chiaro. Non parlo di solito di questo, non c’è niente da dire e non c’è niente da nascondere, è la vita. Gli ho telefonato ieri, e mi ha chiesto se a New York avevo preso la metropolitana, se era silenziosa come quella di Parigi, se era pulito; e io gli risposto “no, ci sono i graffiti ed è molto rumoroso”. E lui ha concluso che era la stessa cosa. Gli ho detto: “spero di tornare a New York per portarti a vedere l’esposizione”. Mi ha chiesto: “Che cosa c’è nel museo?” e io gli ho detto: “Un tempio egizio, i giardini cinesi, i battelli africani”; e lui mi ha risposto che preferiva il metrò. Allora verrò a New York il mese prossimo per mostrare il metrò a mio figlio. Lo amo molto, lui ama guardare la vita e io non potrei vederla senza di lui.» (Jean Michel Folon, intervista con Luciana Capetti da L’Europeo 21 aprile 1990)
I gestori odierni della Metropolitana, oltre ai restyling chiassosi (da locale disco o da videogame) ci hanno regalato autentiche finezze burocratiche: ai tornelli non basta più obliterare, adesso devi indovinare dove devi obliterare (siamo dunque all’arzigogolo, ma temo che non sia ancora finita). I passeggeri abituali – mi sembra quasi inutile dirlo ma non si sa mai - lo sanno da per loro (milanesismo dialettale), così come sanno schivare i pilastri, e sanno dove scendere fino ai binari e che direzione prendere; ma per quelli non abituali è sempre un grosso problema non sapere se il treno è quello che va nella direzione giusta. Quando io prendo la metropolitana trovo sempre (sempre) persone che mi chiedono informazioni, io mi guardo in giro e le informazioni sono diventate davvero difficili da trovare, soprattutto sulle linee più nuove; va a finire che c’è tanta gente obbligata a risalire le scale e andare sulla banchina opposta, il che può costare caro in termini di tempo, di appuntamenti, di coincidenze ferroviarie. Queste informazioni dovrebbero essere ovunque, e dovrebbero essere – come si dice – a misura di idiota. L’idiota per il test, se volete, mi offro di farlo io: è un ruolo nel quale mi sento perfettamente a mio agio, e con i tempi che corrono (e con i dirigenti e politici che mi tocca sopportare, che hanno scritto questi regolamenti e queste leggi, e che i miei compatrioti hanno ripetutamente eletto) essere un idiota mi sembra che venga sempre più assomigliare ad un titolo onorifico.
(nelle immagini: una cartolina milanese ritrovata su internet, Folon a Firenze con una sua scultura, e qui sopra un disegno famoso di Folon)

2 commenti:

Grazia ha detto...

Commovente il pezzo di Folon e giustissime le considerazione sul presunto restyling dei " non luoghi"

Invece Il test dell'idiota( per cui mi candido anch'io) credo che andrebbe fatto ovunque. A Bruxelles hanno avuto la brillante idea di creare una linea della metro circolare, inducando lo stesso nome per la stazione di partenza e di arrivo.Si prende a caso,senza sapere se si va verso nord o verso sud.Forse il test andava fatto prima, ma a chi ha progettato la metro.

Giuliano ha detto...

io temo che sia un fatto generazionale, molti dei dirigenti di oggi sono cresciuti coi videogames (ma nei videogames si può anche morire e poi ricominciare...) e pensano che per tutti sia scontato che Sesto è a nord e Rogoredo è a sud, eccetera; invece ad ogni ingresso e ad ogni discesa di scale andrebbero messi i cartelli con la linea completa, evidenziando bene le stazioni più frequentate, Centrale, Duomo, Loreto. Sembra una banalità, ma non succede...Succede invece che ti trovi davanti a un cartello dove le fermate "in avanti" sono indicate in grassetto e quelle "indietro" appena leggibili; ma magari io vorrei sapere dov'è la fermata che mi interessa. idem sui mezzi di superficie: mettono solo le vie intorno a quella fermata. Invece magari, intanto che si aspetta, farebbe piacere dare un'occhiata alle vie dove sto andando...
Roba da videogame, insomma. Se sbagli, perdi tutto e ricominci da zero - rob de matt.