(...)Un'altra fetta di pane e burro: tre, quattro: giusto. Non le piaceva il piatto troppo pieno. Giusto. Lasciò il vassoio, sollevò il bollitore dalla mensola e lo mise di sbieco sul fuoco. Stava lì, grullo e accosciato, col beccuccio sporgente. Tazza di tè fra poco. Bene. Bocca secca. La gatta impettita girò attorno a una gamba dei tavolo con la coda ritta.- Mkgnao!- Oh, sei qui, disse Mr Bloom, distogliendosi dal fuoco.La gatta rispose miagolando e girò di nuovo interita intorno a una gamba del tavolo, miagolando. Proprio come quando incede impettita sulla mia scrivania. Prr. Grattami la testa. Prr.Mr. Bloom guardava curioso, gentile, la flessuosa forma nera. Pulita a vedersi: la lucidità del pelo liscio, il bottoncino bianco sotto la radice della coda, i lampeggianti occhi verdi. Si chinò verso di lei, mani sulle ginocchia.- Latte per la miciolina, disse.- Mrkgnao! piagnucolò la gatta.Li chiamano stupidi. Capiscono quello che si dice meglio di quanto noi non si capisca loro. Capisce tutto quel che vuole. Vendicativa anche. Chi sa che cosa le sembro io. Alto come una torre? No, mi salta benissimo.- Ha paura dei polli, lei, disse canzonatorio. Paura dei pìopìo. Mai vista una miciolina così sciocchína.Crudele. La sua natura. Curioso che i topi non stridono mai. Sembra gli piaccia.- Mrkrgnao! disse forte la gatta.Guardò in su con gli occhi avidi ammiccanti per la vergogna, miagolando lamentosamente e a lungo, mostrandogli i denti biancolatte. Egli guardava le fessure nere degli occhi che si restringevano per l'avidità fino a che gli occhi divennero pietre verdi. Poi s'avvicinò alla credenza, prese il bricco che il lattaio di Hanlon gli aveva appena riempito, versò il latte tepido gorgogliante in un piattino e lo posò lentamente in terra.- Grr! esclamò lei e corse a lambire.Guardò i baffi splendere metallici nella debole luce mentre lei ammusava tre volte e leccava lievemente. Chissà se è vero che se glieli tagli non pigliano più topi. Perché? Risplendono al buio, forse, le punte. O una specie di antenne al buio, forse.Tese l'orecchio al leccottìo. Uova e prosciutto, no. Niente uova buone con questa siccità. Ci vuole acqua fresca pura. Giovedi: non è nemmeno giornata per un rognone di castrato da Buckley. Fritto nel burro, un zinzìno di pepe. Meglio un rognone di maiale da Dlugacz. Aspettando che l'acqua bolla. Leccò più lentamente, poi ripulì ben bene il piattino. Perché hanno la lingua così ruvida? Per leccare meglio, tutta buchi porosi. Niente da mangiare per lei? Si guardò intorno. No.Con le scarpe che scricchiolavano in sordina salì la scala fino al vestibolo, si fermò alla porta della camera da letto. Forse le piacerebbe qualcosa di saporito. Fettine di pane imburrato le piacciono la mattina. Forse però: una volta tanto.Disse a bassa voce nel vestibolo vuoto:- Vado qui all'angolo, torno tra un minuto.Udita la sua voce dir questo soggiunse:- Vuoi niente per colazione?Un debole grugnito assonnato rispose:- Mn.No. Non voleva niente. Sentì poi un profondo sospiro caldo, più debole, mentre la donna si rivoltava e gli anelli d'ottone ballonzolanti della lettiera tintinnavano, Bisogna mi decida a farli riparare. Peccato. Fin quassù da Gibilterra. Dimenticato quel po' di spagnolo che sapeva. Chissà quanto l'ha pagato suo padre. (...)
( James Joyce, "Ulisse"; nella traduzione di Giulio de Angelis, ed. Mondadori, a cura di Giorgio Melchiori. )
Il 2 febbraio è il compleanno di James Joyce: è dell'82, auguri!
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