In questi giorni ho riascoltato la Salomé di Richard Strauss, e ho guardato il film "Viaggio a Kandahar" del grande regista iraniano Mohsen Makhmalbaf. L'opera di Strauss è un capolavoro, ma si tratta di musica malata, non felice, su un argomento che mi ha sempre lasciato perplesso. Perché il suo soggetto, nelle Scritture, occupa poche righe e potrebbe passare del tutto inosservato, come capita ad altri personaggi biblici; e invece la storia dell'Arte è piena di Salomé e di Giovanni Battista decapitati, come elencava ieri Solimano. Noi viviamo in un'epoca fortunata. Una volta, questi orrori (decapitazioni, torture, malattie, guerra...) erano sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni o quasi. Lo si vede con estrema chiarezza nel film di Makhmalbaf, dove una donna in burkha percorre l'Afghanistan di oggi, che invece ci appare come un viaggio nel nostro passato remoto. Esemplare la lunga sequenza girata nel campo della Croce Rossa, dove due dottoresse occidentali si prendono cura di un'infinità di mutilati: mutilati non dalla guerra, ma dalle mine. Ovvio che uno spettacolo del genere non sia piacevole, e altrettanto ovvio che un film del genere - sia pure un capolavoro - non vada in onda in prima serata e non raggiunga uno "share" decente in televisione; altrettanto ovvio che non sia adatto a raccogliere spot pubblicitari. Forse questo film sarebbe stato censurato, se fosse andato in onda in prima serata; si sarebbe discusso sull'opportunità di mandare in onda immagini così crude (ma il film è di un'umanità toccante e rara), eccetera. Speriamo che il nostro passato remoto rimanga confinato là, in Afghanistan o in Iraq, e che non ci raggiunga. Per intanto, prendiamo nota di chi ha rotto il muro della censura, qui da noi: i primi a pubblicare la foto del povero disgraziato decapitato in Iraq sono stati due quotidiani, "Libero" e "Il foglio". Prendiamo nota e aspettiamo di vedere quale sarà la prossima frontiera.
(Antenore 21 maggio 2004)
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