giovedì 10 marzo 2011

Benjamin Britten

Ho conosciuto Britten grazie ai “Quattro interludi marini”, che sono tratti dall’opera “Peter Grimes” ma che si eseguono normalmente in concerto: un ascolto entusiasmante, anche se non di primissimo impatto. Sembra di leggere Stevenson, l’isola del tesoro, l’onore e i pirati, il ragazzo rapito, il mare aperto e la sua potenza, ma anche la sua calma e la sua bellezza. In seguito, avrei scoperto cose strabilianti su Britten: per esempio, che la “Sinfonia semplice”, tuttora eseguita in tutto il mondo (il titolo originale è “A simple symphony”), una delle musiche più piacevoli da ascoltare che io conosca, è stata scritta quando Britten aveva solo dieci anni.
Benjamin Britten (1913-1976) per nostra fortuna ci ha lasciato molta musica. Ha scritto musiche di ogni genere, sinfonie e musica da camera, trascrizioni di canzoni inglesi e irlandesi, opera, balletti, musica balinese, ed è stato anche direttore d’orchestra e pianista.
Britten è l’ultimo grande operista, penso che si possa dire l’ultimo in assoluto, quello che chiude la storia dell’opera. Operisti ce ne sono stati ancora, negli ultimi quarant’anni; ma quasi nessuna di quelle opere è rimasta in repertorio, e soprattutto nessuno è più stato grande come Britten, che va messo alla pari di Puccini, di Stravinskij, di tutti i grandi del Novecento. Nella seconda metà del Novecento, le opere rimaste in repertorio sono quasi soltanto quelle di Sciostakovic, che però ha smesso di scrivere opere molto tempo prima, poi Nino Rota, Stravinskij con “The rake’s progress”, e pochissimi altri.
Il “Peter Grimes” è del 1945, “The rape of Lucretia” (scritto per Kathleen Ferrier) è del 1946, “Albert Herring” del 1947, “Billy Budd” del 1951, “Gloriana” del 1953, “Il giro di vite” da Henry James del 1954, “Sogno di una notte di mezza estate” (da Shakespeare) del 1960, “Morte a Venezia” del 1973.
Billy Budd, tratta dal romanzo breve di Melville, non è riuscitissima: era sicuramente troppo complesso il romanzo di Melville, che nel libretto viene ridotto a una semplice storia di marinai; ma la lunga serie di accordi che segue la condanna a morte del giovane marinaio è una delle cose più impressionanti che io abbia mai sentito in musica. Merita molta attenzione anche “Morte a Venezia”, più un Faust di Goethe che non il romanzo di Thomas Mann; ed è giustamente famoso (e inquietante) il mondo degli spettri evocato in “Il giro di vite” (The turn of the screw) teatro e musica indivisibili, tratto con grande fedeltà dal capolavoro di Henry James.
Britten curò anche memorabili rielaborazioni da Henry Purcell (“The fairy queen”, documentata da un’ottima registrazione) e della seicentesca “Beggar’s Opera”, l’opera dei mendicanti di John Gay, che ispirò Brecht e che diede il titolo anche a un famoso disco dei Rolling Stones.
Britten era talmente eclettico, ed aperto a qualsiasi suggestione musicale, che si meritò anche l’appellativo di “manierista”: cosa che io non reputo affatto negativa, dato che “manieristi”, in pittura, sono stati considerati pittori straordinari come Pontormo e Parmigianino. La parola “Manierista” usata in questo senso significa ripensare al passato, rielaborarlo, fermarsi a pensare per poi per ripartire verso qualcosa di nuovo e di originale: esattamente quello che ha fatto Benjamin Britten.
Di questo Britten “manierista” abbiamo musiche che non si finirebbe mai di ascoltare, come “Soirée musicale”, tratta da Rossini; “Il principe delle pagode” con l’esplorazione della musica balinese; le “Variazioni su un tema di Frank Bridge”, e molto altro ancora. Britten, così come Stravinskj, Prokofiev e Shostakovic, aveva una tale padronanza tecnica della musica che poteva scrivere qualsiasi cosa, e farla bene.
A Benjamin Britten devo molto altro, oltre alla musica: grazie a lui ho potuto leggere e apprezzare cose che non avrei mai letto, in primo luogo i sonetti seicenteschi di John Donne e di William Blake, stupefacenti; i testi per il “War Requiem”, il requiem di guerra scritto dopo il bombardamento nazista sulla Cattedrale di Coventry, il Rimbaud di Les illuminations, e perfino i Sonetti di Michelangelo, dei quali, pur essendo italiano, ignoravo completamente l’esistenza.
In onore di Britten, porto qui una poesia di John Donne e due frammenti di Rimbaud, tra quelle da lui musicati; e consiglio a tutti “A ceremony of carols”, una raccolta di canzoni natalizie inglesi per coro di bambini: detto così sembra poca cosa, l’ascolto è invece, ancora una volta, indimenticabile ed emozionante (soprattutto l’assolo dell’arpa e “Balulalow”).
9. Death be not proud
Death be not proud, though some have called thee
Mighty and dreadfull, for, thou art not soe,
For, those, whom thou think'st, thou dost overthrow,
Die not, poore death, nor yet canst thou kill mee.
From rest and sleepe, which but thy pictures bee
Much pleasure, then from thee, much more must flow,
And soonest our best men with thee do goe,
Rest of their bones, and souls deliverie.
Thou art slave to Fate, Chance, kings and desperate men,
And dost with poyson, warre, and sickness dwell,
And poppie, or charmes can make us sleepe as well
And better than thy stroake; why swell'st thou then?
One short sleepe past, wee wake eternally,
And death shall be no more; death, thou shalt die.
(da The holy sonnets of John Donne, Text by John Donne, 1572-1631)
Morte, non esser fiera, pur se taluni t'abbiano chiamata terribile e possente, perché tu non lo sei: poiché quelli che tu credi di travolgere non muoiono, povera morte, né tu puoi uccider me. Dal riposo e dal sonno, che non sono che tue immagini, deriva molto piacere; e quindi da te ne dovrà derivare uno maggiore; e i nostri migliori se ne vanno per primi con te, riposo delle loro ossa, liberazione dell'anima. Tu sei schiava del Fato, del Caso, di re e di disperati, e dimori col veleno, con la guerra e con l'infermità, e oppio o incanti possono farci dormire altrettanto meglio del tuo colpo; perché dunque insuperbisci? Trascorso un breve sonno, noi vegliamo in eterno, morte più non sarà; Morte, tu morrai.

1. Fanfare
J'ai seul la clef de cette parade sauvage.
3a. Phrase
J'ai tendu des cordes de clocher à clocher; des
guirlandes de fenêtre à fenêtre; des chaînes d'or
d'étoile à étoile, et je danse.
(musicato da Benjamin Britten in “Les illuminations”, op.18, per voce e orchestra d’archi)
(nell’immagine qui sopra, Britten è in compagnia di Peter Pears e di Kathleen Ferrier; lo spartito è quello di "The rape of Lucretia")
(per trovare tutti i testi, un sito meraviglioso: http://www.lieder.net/ )

6 commenti:

Mauro ha detto...

L'ho incontrato nel primo (e unico, se non avessere raschiato il fondo del barile in modo non sempre esaltante) album di Jeff Buckley, ormai, mamma mia, 17 anni orsono. Era la sua interpretazione dell'inno "Corpus Christi Carol". Poi, purtroppo, non ho continuato le frequestazioni. Il problema è sempre lo stesso: troppa musica e troppi libri, e il pensiero di non poter ascoltare e leggere tutto quel che si vorrebbe è frustrante...

Giuliano ha detto...

Le opere sono belle ma molto impegnative (e bisognerebbe essere di madre lingua inglese, in molti casi); però gli altri pezzi che ho citato sono di ascolto piacevole.
A Britten fu rimproverato proprio questo: l'ascolto piacevole, il continuare la musica dell'Ottocento anche nel periodo di Schoenberg, di Berio, di Boulez. Sono discussioni interessanti, ma ormai appartengono al passato: purtroppo per noi, è tempo di salvare il salvabile - noi siamo dalle parti dei monaci benedettini nell'Anno Mille, o degli uomini libro di Bradbury...i tempi in cui viviamo sono questi.

Mauro ha detto...

Già, ed è proprio per questo che blog come questi svolgono una funzione importante. Sono essenziali per far sì che le cose belle non scompaiano. Come gli aborigeni australiani che sono convinti che il loro mondo continuerà ad esistere fino a che loro lo canteranno.

Giuliano ha detto...

ieri sera ho visto in tv Tremonti e ho pensato: questo è l'uomo che si vanta di non leggere un libro da trent'anni, e che ha detto che con la cultura non si mangia.
E i giornali sono pieni di dichiarazioni di ministri, sindaci, assessori (quasi tutti della Lega) che parlano della Storia con un'ignoranza spaventosa - e non è obbligatorio parlare, si può anche stare in silenzio.
Questi sono quelli che ci governano, e ormai i tre quarti del nostro Paese sono così (da noi, al Nord, i quattro quinti...)

Mauro ha detto...

Io invece ieri sera ho visto un bel film, "American history X", che parla, tra le altre cose, di neonazismo, ma anche di ignoranza (che poi è forse la stessa cosa)e alcune scene mi hanno dato i brividi per le analogie e le similitudini coi discorsi di alcune delle persone a cui alludi tu.

Giuliano ha detto...

Tornando un attimo a Britten, se trovi "A ceremony of carols" è davvero bello, così come la "Guida per i giovani all'orchestra" che mi sono dimenticato di mettere qui ("A young person's guide...", sul genere di Pierino e il lupo, ma esiste anche in versione da concerto).
Britten è stato contemporaneo dei Beatles: e i Beatles sono stati fatti baronetti perché hanno portato una valanga di soldi alla Grande Britannia. Glielo spieghi tu a Tremonti?
( e 5 oscar 5 che hanno dato a Fellini, che son premi commerciali, chi glielo va a dire? adesso chiudono anche Cinecittà...)